Cos’è l’Osservatorio Siriano per i diritti umani a cui si riferiscono tutti i media

Ogni qualvolta telegiornali, quotidiani e siti d’informazione istituzionale non citano direttamente l’Osservatorio Siriano, l’origine delle informazioni viene fatta risalire alle più svariate agenzie di stampa internazionale: ma le informazioni a tutte le agenzie di stampa del mondo, sono sempre dell’Osservatorio Siriano.

Ma cos’é esattamente questo Osservatorio Siriano? E’una sola persona, che vive a Coventry, in Inghilterra, e riceve via telefono dalla Siria le varie informazioni dei ‘ribelli’ che poi rigira agli organi di stampa. Pubblichiamo un articolo del Gurdian del 2012 chiarificatore e ben articolato:
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L’opposizione siriana: chi costruisce la narrazione? 

(articolo di Charlie Skelton – The Guardian, 12 July 2012.)

I media sono stati troppo passivi verso le fonti dell’opposizione siriana, non hanno indagato sulla loro natura e sulle loro affiliazioni politiche. E’ giunto il momento di guardarle più da vicino

19 luglio 2012

Il direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdulrahman, parla al telefono nella sua casa di Coventry il 6 dicembre 2011. (Foto: Reuters)

E’ un incubo quello che accade in Siria, nelle case di al-Heffa e nelle strade di Houla. E tutti sappiamo come andrà a finire: migliaia di soldati e di civili uccisi, città e famiglie distrutte, e il presidente Assad picchiato a morte in un fossato.

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E’ la storia della guerra in Siria, ma un’altra storia deve essere raccontata. Una storia meno sanguinosa, ma altrettanto importante. Una storia dei creatori delle menzogne. I portavoce, gli “specialisti della Siria”, i “militanti democratici”. Gli autori delle dichiarazioni. Le persone che “esortano” e “avvertono” e “invitano all’azione”.

E’ una storia sui componenti più citati della opposizione siriana e le loro connessioni con il business anglo-USA di fabbricazione dell’opposizione. I media di informazione più diffusi sono stati, nella maggior parte dei casi, estremamente passivi verso le fonti siriane: presentandole semplicemente come “portavoce ufficiali” o “militanti per la democrazia” senza, in generale, analizzare le loro dichiarazioni, i loro percorsi, le loro affiliazioni politiche.

E’ importante sottolinearlo: indagare sul percorso di un portavoce siriano non significa mettere in dubbio la sincerità della sua opposizione ad Assad. Ma una passione astiosa contro il regime di Assad non è affatto garanzia di indipendenza. Difatti un certo numero di importanti personalità del movimento siriano di opposizione sono esiliati di lunga data, sovvenzionati dal governo USA per indebolire Assad da molto prima che scoppiasse la Primavera araba.

Anche se la deposizione con la forza del presidente Assad non sia stata ancora apertamente fatta propria da parte degli Stati Uniti, questi portavoce chiedono apertamente un intervento militare in Siria e in questo modo sono degli alleati obiettivi dei noti neoconservatori USA che avevano sostenuto l’invasione dell’Iraq da parte di Bush e che attualmente fanno pressione sull’amministrazione Obama perché intervenga. E come si vedrà, parecchi di questi portavoce hanno trovato appoggi da parte di quelli che, sulle due coste dell’Atlantico, sono a favore di un intervento militare e, in certi casi, hanno sviluppato antiche e lucrose relazioni con loro.

“Il tempo è contato” (la sabbia scorre nella clessidra) ha dichiarato domenica Hillary Clinton. E’ dunque urgente, adesso che i combattimenti in Siria si intensificano e che alcune navi da guerra russe fanno rotta verso Tartus, esaminare più da vicino quelli che parlano a nome del popolo siriano.

Il Consiglio Nazionale Siriano

I portavoce di opposizione più citati sono i rappresentanti ufficiali del Consiglio Nazionale Siriano (CNS). Il CNS non è la sola organizzazione dell’opposizione – ma viene generalmente considerata come “la principale coalizione di opposizione” (BBC). Il Washington Time la descrive come “una organizzazione che coordina alcune fazioni rivali con base fuori dalla Siria”. Il CNS è certamente l’organizzazione di opposizione che mantiene le più strette relazioni con le potenze occidentali – ed ha richiesto un intervento straniero fin dalle prime fasi del conflitto. A febbraio di quest’anno, all’apertura del summit degli Amici della Siria in Tunisia, William Hague (ministro inglese degli affari esteri) ha dichiarato: “Incontrerò tra qualche minuto i dirigenti del Consiglio nazionale siriano… Noi, e con noi altre nazioni, li tratteremo e li riconosceremo come rappresentanti legittimi del popolo siriano”.

La più importante portavoce ufficiale del SNC è l’universitaria siriana residente a Parigi, Bassma Kodmani

Kodmani è componente dell’ufficio esecutivo del CNS e incaricata degli affari esteri. Kodmani è vicina al centro delle struttura di potere del CNS e ne è una delle portavoce più attiva. “Nessun dialogo è possibile col regime. Noi possiamo discutere solo del modo di andare verso un sistema politico diverso”, ha dichiarato questa settimana. La ritroviamo, citata da AFP: “La fase successiva ha bisogno di una risoluzione ai sensi del capitolo VII (della Carta dell’ONU) che autorizzi il ricorso a tutti i mezzi legittimi, a mezzi coercitivi, a un embargo sulle armi oltre che all’uso della forza, per obbligare il regime a uniformarsi”.

Questa dichiarazione si traduce nella seguente: “I Siriani chiedono una forza armata di mantenimento della pace” (Herald Sun, Australia). Quando viene richiesta una azione militare internazionale di grande ampiezza, è ragionevole domandarsi: chi avanza una simile richiesta? A tale domanda ci si può limitare a rispondere “un portavoce ufficiale del CNS”, o si può andare a guardare un po’ più da vicino.

Quest’anno è stato quello della seconda Bilderberg per Kodmani. Alla conferenza del 2008 Kodmani era iscritta come francese; nel 2012 la sua francesità è sparita e si è iscritta solo come “internazionale” – la sua patria essendo diventato il mondo delle relazioni internazionali.
Qualche anno fa Kodmani lavorava per la Ford Foundation al Cairo, dove era direttrice del programma di governance e di cooperazione internazionale. La Ford Foundation è una grande organizzazione con sede a New York e Kodmani vi rivestiva un ruolo importante . Ma doveva crescere ancora.

In quell’epoca, febbraio 2005, le relazioni siro-statunitensi si erano molto deteriorate e il presidente Bush aveva richiamato il suo ambasciatore a Damasco. Molti progetti di opposizione risalgono a questo periodo. “I soldi USA a personaggi dell’opposizione siriana hanno cominciato ad affluire sotto la presidenza di George W. Bush, dopo che ha congelato le relazioni politiche con Damasco nel 2005”, spiega il Washington Post.

Nel settembre 2005, Kodmani è stata nominata direttrice esecutiva dell’ Arab Reform Initiative (ARI) – un programma di ricerca avviato da una grossa organizzazione di lobbying, il Council of Foreign Relations (CFR).

Il CFR è un thinktank d’élite in materia di politica estera, l’Arab Reform Initiative viene presentata sul suo sito web come un “progetto del CFR”. Più precisamente, l’ARI è stata avviata da una organizzazione interna al CFR chiamata US/Middle East Project – un gruppo di diplomatici di alto livello, di finanzieri e di ufficiali della Intelligence, il cui obiettivo ufficiale è quello di intraprendere una “analisi politica” regionale mirante a “prevenire i conflitti ed a promuovere la stabilità”. L’US/Middle East Project persegue questi obiettivi sotto la supervisione di un consiglio internazionale presieduto dal generale in pensione Brent Snowcroft.

Brent Snowcroft (presidente emerito) è un ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente degli Stati Uniti – era subentrato a Henry Kissinger. Accanto a Snowcroft, nell’ufficio internazionale ritroviamo il suo collega in geo-strategia Zbigniew Brzezinski, che gli era subentrato come consigliere per la sicurezza nazionale, e Peter Sutherland, l’amministratore delegato di Goldman Sachs International. Dunque, fin dal 2005, abbiamo che una parte del fior fiore della finanza e dell’intelligence in occidente seleziona Kodmani per dirigere un progetto di ricerca sul Medio oriente. Nel settembre di quell’anno, Kodmani viene nominata direttrice a tempo pieno del programma. Prima ancora, sempre nel 2005, il CFR aveva assegnato il “controllo finanziario” del progetto al Centre for European Reform (CER). E’ qui che entrano in scena gli Inglesi.
Il CER è sotto la supervisione di lord Kerr, il vice presidente di Royal Dutch Shell. Kerr è un ex capo del servizio diplomatico ed è il principale consigliere in Chatham House (un thinktank che riunisce i migliori cervelli dell’establishment diplomatico inglese).

Incaricato della gestione quotidiana del CER, abbiamo Charles Grant, ex redattore capo della rubrica difesa di The Economist ed attualmente membro dell’European Council on Foreign Relations (ECFR), un “thinktank paneuropeo”, pieno di diplomatici, industriali, di professori e di primi ministri. Nella lista dei suoi membri, troverete il nome: “Bassma Kodmani (Francia/Siria) – Direttrice Esecutiva, Arab Reform Initiative”.

Altro nome sulla lista: George Soros – il finanziere la cui organizzazione a scopo non lucrativo “Open Society Foundations” è una delle principali fonti di finanziamento dell’ECFR. A questo livello il mondo della finanza, della diplomazia, dell’industria, dell’intelligence e diverse fondazioni e istituti di strategia politica si ritrovano tutti insieme e la, in mezzo a tutto questo, si trova Kodmani.

Ciò che interessa è che Kodmani non è una qualsiasi militante filo-democratica che per caso si è trovata davanti un microfono. Ella dispone di referenze diplomatiche impeccabili: riveste il ruolo di direttrice di ricerca all’Accademia diplomatica Internazionale – una “istituzione indipendente e neutrale che ha per missione quella di promuovere una diplomazia moderna”. L’Accademia è presieduta da Claude Cousseran, un ex capo della DGSE – il servizio di controspionaggio estero francese.

L’immagine che ne emerge è quella di Kodmani come una fedele luogotenente dell’industria anglo-USA di promozione della democrazia. La sua “provincia di origine” (secondo il sito internet del CNS) è Damasco, ma ella mantiene strette relazioni professionali proprio con quelle potenze che invita a intervenire in Siria.

E molti dei suoi colleghi portavoce intrattengono anch’essi delle buone relazioni.

Radwan Ziadeh

Un altro rappresentante del SNC spesso citato è Radwan Ziadeh – direttore delle relazioni estere del Consiglio Nazionale Siriano. Ziadeh ha un CV impressionante: senior fellow di un thinktank di Washington finanziato dal governo federale, l’US Institute of Peace (il consiglio di amministrazione dell’USIP è pieno di ex del Dipartimento della Difesa e del National Security Council; il suo presidente è Richard Solomon, ex consigliere di Kissinger al National Security Council).
Nel febbraio di quest’anno Ziadh si è associato a un gruppo di falchi dell’élite di Washington per firmare una lettera con la quale si chiedeva a Obama di intervenire in Siria: tra i firmatari figurano James Woolsey (ex capo della CIA), Karl Rowe (il mentore di Bush junior), Clifford May (Committee on the Present Danger) ed Elisabeth Cheney, ex direttrice dell’Iran-Syria Operations Group al Pentagono.

Zaideh è un organizzatore infaticabile, un perfetto esperto di Washington in rapporti con alcuni dei più potenti thinktanks dell’establishment. Le connessioni di Zaideh giungono fino a Londra. Nel 2009 è diventato ricercatore invitato a Chatham House, e nel giugno dell’anno scorso faceva parte del gruppo di esperti di uno dei loro eventi – “immaginare il futuro politico della Siria” – condividendo la scena con un altro portavoce del CNS, Ausama Monajed (di cui più sotto) e un altro membro del CNS, Najib Ghadbian.

Il Wall Street Journal ha individuato in Ghadbian uno dei più importanti intermediari tra il governo USA e l’opposizione siriana in esilio: “Un primo contatto tra la Casa Bianca e il Fronte di salvezza nazionale (FSN) era stato assicurato da Najib Ghadbian, un politologo dell’Università dell’Arkansas”. Era il 2005, un anno che ha segnato una svolta.

Attualmente Ghadbian è componente del segretariato generale del CNS, nonché del comitato di controllo di una organizzazione politica con sede a Washington, il Syrian Center for Political and Strategic Studies (SCPSS) – una organizzazione di cui è cofondatore.

Ziadeh costruisce questo tipo di relazioni da anni. Nel 2008 Ziadeh partecipò ad una riunione con personalità dell’opposizione in alcuni locali governativi a Washington: una mini-conferenza dal titolo “Syria In-Transition”. La riunione venne co-sponsorizzata da una organizzazione con sede negli USA, che si chiama Democracy Council, e un’altra con sede nel Regno Unito, che si chiama Mouvement for Justice and Developpement (MJD). Fu un gran giorno per il MJD – il suo presidente, Anas Al-Abdah, s’era recato dalla Gran Bretagna agli USA per l’occasione in compagnia del suo direttore per le pubbliche relazioni. Così viene descritta nel sito internet del MJD: “La conferenza ha avuto un’affluenza eccezionale tanto che la sala era stracolma di invitati della Camera dei Rappresentanti e del Senato, di rappresentanti di centri studio, di giornalisti e di Siriani espatriati in USA.”

La giornata cominciò con un discorso inaugurale di James Prince, direttore del Democracy Council. Ziadeh partecipava a un gruppo di esperti presieduti da Joshua Muravchik (l’autore ultra-intervenzionista della lettera aperta “Bomb Iran” del 2006). Il tema della discussione era “l’emergere di una opposizione organizzata”. Seduto a fianco di Ziadeh in questo gruppo di discussione, c’era il direttore delle relazioni pubbliche del MJD – un uomo che diventerà in seguito suo collega portavoce del CNS – Ausama Monajed.

Ausama Monajed

Con Kodmani e Ziadeh, Ausama (o qualche volta Osama) Monajed è uno dei più importanti portavoce del CNS. Ce ne sono altri, certo – il CNS è una struttura enorme che comprende i Fratelli Mussulmani. Lo spettro dell’opposizione ad Assad è ampissimo, ma sono loro le voci più importanti.
Vi sono altri portavoce ufficiali che hanno alle spalle una lunga carriera politica, come George Sabra del Partito Democratico Popolare Siriano – Sabra è stato arrestato ed è rimasto a lungo in prigione per la sua lotta contro il “regime repressivo e totalitario in Siria”. E vi sono altre voci di opposizione al di fuori del CNS, come lo scrittore Michel Kilo, che parla con eloquenza della violenza che sconvolge il suo paese. “La Siria è in via di distruzione – strada dopo strada, città per città, villaggio dopo villaggio. Che soluzione è mai questa? Per mantenere al potere un piccolo gruppo, tutto il paese viene distrutto”.

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Ma è fuori dubbio che la principale organizzazione di opposizione è il CNS ed è giocoforza constatare che sono spesso Kodmani, Ziadeh e Monajed a rappresentarlo Monajed appare spesso come commentatore sui canali televisivi di informazione. Lo si vede parlare dal suo ufficio a Washington. Monajed non edulcora il suo messaggio: “Vediamo tutti i giorni alla televisione dei civili assassinati e dei bambini uccisi e delle donne stuprate”.

Contemporaneamente su AlJazeera Monajed parla di “quello che succede veramente, in realtà, sul campo”, dei “miliziani” di Assad che “arrivano e stuprano le donne, uccidono i bambini e i vecchi”.
Monajed è diventato in pochi giorni blogger su Huffington Post UK, dove scrive in lungo e in largo; “Perché il mondo deve intervenire in Siria”- chiedendo una “assistenza militare diretta” ed un “aiuto militare straniero”. Ancora una volta è lecito chiedersi: chi è questo portavoce che chiede un intervento militare?

Monajed è componente del CNS, dove ha il ruolo di consigliere del presidente ed è, secondo la biografia divulgata dal CNS, “il fondatore e direttore di Barada Television”, un canale satellitare con sede a Vauxhall, Londra Sud. Nel 2008, qualche mese dopo avere assistito alla conferenza Syria In-Transition, Monajed è ripartito per Washington, invitato a pranzo da George W. Bush con altri dissidenti molto nelle grazie (si può vedere nella foto souvenir Monajed, il terzo a partire da destra, cravatta rossa, non lontano da Condoleeza Rice – di fronte a Garry Kasparov).

In quell’epoca, nel 2008, il Dipartimento di Stato USA conosceva Monajed come “direttore delle pubbliche relazioni del Movimento per la Giustizia e lo Sviluppo (MJD) che dirige la lotta per un cambiamento democratico e pacifico in Siria”.

Esaminiamo più da vicino il MJD. L’anno scorso il Washington Post ha selezionato una informazione di Wikileaks, che ha pubblicato una grande quantità di informazioni diplomatiche intercettate. Queste comunicazioni mostrano che un importante flusso finanziario va dal Dipartimento di Stato al Movimento per la Giustizia e lo Sviluppo (MJD) la cui sede è in Gran Bretagna. Secondo l’articolo del Washington Post: “Barada TV è strettamente affiliata al MJD, una rete di esiliati siriani che vivono a Londra. I cablo diplomatici USA mostrano che il Dipartimento di Stato ha dato non meno di 6 milioni di dollari a questa organizzazione dal 2006, perché facesse funzionare il canale satellitare e per finanziare altre attività all’interno della Siria”.

Un portavoce del Dipartimento di Stato ha replicato a questo articolo dichiarando: “Tentare di promuovere una trasformazione verso un processo più democratico in questa società non minaccia necessariamente il governo in carica”. E ha ragione, “non necessariamente”.

Intervistato a proposito dei soldi del Dipartimento di Stato, Manajed ha detto di “non poter confermare” un finanziamento del Dipartimento di Stato USA per Barada TV, ma ha dichiarato: ”Io personalmente non ho ricevuto un centesimo”. Malik al-Abdeh, recentemente ancora a capo della redazione di Barada TV, ha insistito: “Noi non abbiamo avuto alcun rapporto diretto col Dipartimento di Stato USA”. Il significato di questa frase gira intorno ad una parola: “diretto”. Conviene notare che Malik al-Abdeh è anch’egli uno dei fondatori del MJD (destinatario di 6 milioni di dollari del Dipartimento di Stato, secondo il cablo reso pubblico). Ed è il fratello del presidente dell’emittente, Anas al-Abdah. E’ anche comproprietario del marchio depositato del MJD : quello che Malik a- Abdeh riconosce è che Barada TV riceve buona parte dei suoi finanziamenti da una fondazione USA: il Democrazy Council. Uno dei co-sponsor (con il MJD) della mini-conferenza Syria In-Transition. Dunque quello che abbiamo nel 2008, durante questa stessa riunione, sono esattamente i dirigenti di alcune organizzazioni indicate nei cabli Wikileaks come il canale (il Democracy Council) e il beneficiario (il MJD) di grosse somme di denaro del Dipartimento di Stato.

Il Democracy Council (un procacciatore di sovvenzioni con sede negli Stati Uniti) cita il Dipartimento di Stato come una delle sue fonti di finanziamento. Lavora anche: il Democracy Council serve da intermediario per gestire le sovvenzioni in qualità di intermediario tra la “Middle East Partnership Initiative” del Dipartimento di Stato e dei “partner locali” (come Barada TV). Come spiega il Washington Post:
“Diversi cabli diplomatici provenienti dall’ambasciata a Damasco rivelano che gli esiliati Siriani ricevono del denaro dal programma del Dipartimento di Stato chiamato Middle East Partnership Initiative. Secondo questi cabli, il Dipartimento di Stato ha fatto pervenire danaro ad organizzazioni in esilio attraverso la Democracy Council, una fondazione la cui sede si trova a Los Angeles”.

Lo stesso articolo attira l’attenzione su un cablo del 2009 in uscita dall’ambasciata USA in Siria, che riferisce che Democracy Council ha ricevuto 6,3 milioni di dollari dal Dipartimento di Stato per realizzare un programma concernente la Siria, la “Civil Society Strengthening Initiative”. Il cablo lo descrive come “un serio impegno di collaborazione tra Democracy Council e dei partner locali” con l’obiettivo di produrre, tra l’altro, diversi centri di diffusione (delle idee)”. Secondo il Washington Post: “Altri cabli rivelano che uno dei centri è Barada TV”.

Ancora qualche mese fa la Middle East Partnership Initiative (MEPI) del Dipartimento di Stato era supervisionata da Tamara Cofman Wittes (è passata ora alla Brooking Institution, un influente thinktank di Washington). Secondo lei, la MEPI ha “prodotto una immagine positiva dell’impegno degli USA per promuovere la democrazia”. Quando lavorava ancora su questo dossier, una volta ha dichiarato: “Vi sono numerose organizzazioni in Siria e in altri paesi che chiedono cambiamenti nel loro governo… E’ un’agenda alla quale crediamo e intendiamo sostenere”. E, per sostegno, lei intende finanziare.

Il denaro

Non è una novità. Tornate un momento all’inizio del 2006 e troverete un annuncio del Dipartimento di Stato a proposito di una nuova “opportunità di sovvenzionamento”, chiamato il “Syria Democracy Program”. Con una offerta di sovvenzione per un totale di 5 milioni di dollari per l’anno fiscale federale 2006. L’obiettivo di questa sovvenzione? “Accelerare il lavoro dei riformatori in Siria”.

In questo momento il denaro affluisce in modo più rapido che mai. A inizio giugno 2012, il Syrian Business Forum è stato promosso a Doha da alcuni leader dell’opposizione, tra cui Wael Merza (segretario generale del CNS). “Questo fondo è stato creato per sostenere tutte le componenti della rivoluzione in Siria”, ha dichiarato Merza. Il livello di questo fondo? Circa 300 milioni di dollari. La provenienza del denaro non è del tutto chiara, per quanto Merza abbia fatto allusione “ad un forte sostegno finanziario degli Stati arabi del Golfo per il nuovo fondo” (AlJazeera). Al momento del suo avvio, Merza ha detto che circa 150 milioni di dollari erano già stati spesi, in parte per L’Esercito Libero Siriano (ELS).

L’organizzazione di uomini d’affari siriani di Merza ha partecipato ad una conferenza del Forum Economico Mondiale intitolata “Piattaforma per la cooperazione internazionale”, che si è tenuta ad Istanbul nel novembre 2011. Tutto ciò si iscrive nel processo che ha consentito al SNC di crescere nella sua reputazione, per diventare, stando alle parole usate da William Hague, “un legittimo rappresentante del popolo siriano” e di essere capace di gestire apertamente queste somme enormi.

Costruire la legittimità – dell’opposizione, della sua rappresentanza, dell’intervento – è l’essenziale della battaglia propagandistica.

In una lettera aperta pubblicata nel febbraio di quest’anno da USA Today, l’ambasciatore Dennis Ross dichiarava: “E’ il momento di esaltare il ruolo del Consiglio Nazionale Siriano”: Ciò che urgentemente voleva era la creazione di “un’aura di inevitabilità del CNS come alternativa ad Assad”. L’aura di inevitabilità. Vincere la battaglia anticipatamente.

Un combattente importantissimo di questa battaglia per guadagnare gli spiriti e i cuori è il giornalista USA e blogger per il Daily Telegraph, Michael Weiss.

Michael Weiss

Uno degli esperti sulla Siria più citati nei media occidentali – e un entusiasta dell’ intervento occidentale – Michael Weiss fa da eco all’ambasciatore Ross quando ha detto: “Un intervento militare in Siria non è tanto questione di preferenza, ma di inevitabilità”.

Alcuni scritti interventisti di Weiss posso essere consultati sul sito web di Beirut filo-USA che si chiama “NOW Lebanon” – la cui sezione NOW Syria è una fonte importante di attualità siriane. NOW Lebanon è stato creato nel 2007 da Eli Khoury, un dirigente di Saatchi & Saatchi. Khoury è conosciuto nell’industria pubblicitaria come uno “specialista della comunicazione strategica, specializzato nel miglioramento dell’immagine di imprese e governi”.

Nel maggio scorso, Weiss ha dichiarato a NOW Lebanon che, grazie alla fornitura di armi ai ribelli Siriani, “abbiamo già cominciato a vedere qualche risultato”. Egli aveva espresso il medesimo ottimismo sugli sviluppi militari qualche mese prima in un articolo per il New Republic: “Nel corso delle ultime settimane l’Esercito Siriano Libero ed altre unità ribelli indipendenti hanno realizzato grandi progressi” – e in coda, come ogni blogger può fare, aveva presentato il suo “Piano d’azione per un intervento militare in Siria”.

Ma Weiss non è solo un blogger. E’ anche il direttore della comunicazione e delle relazioni pubbliche della Henry Jackson Society, un think tank di politica estera ultra-ultra-bellicista.

Tra i padrini della Henry Jackson Society, figurano : James “ex boss CIA” Woolsey, Michael “segretario alla sicurezza interna” Chertoff, William “PNAC (Project for a New American Century)” Kristol, Robert “PNAC” Kagan, Joshua “Bomb Iran” Muravchick e Richard “Principe delle Tenebre” Perle. La società è diretta da Alan Mendoza, consigliere capo del gruppo parlamentare inter-partito sulla sicurezza internazionale e transatlantica.

La Henry Jackson Society è intransigente sulla sua “strategia avanzata” per la democrazia. E Weiss ha il compito di divulgare il messaggio. La Henry Jackson Society è fiera della grande influenza del suo capo delle pubbliche relazioni: “E’ l’autore dell’influente rapporto ‘Intervento in Siria? Una valutazione della legalità, della logistica e dei rischi’, che è stato ripreso ed approvato dal Consiglio Nazionale Siriano”.

Il rapporto originario di Weiss è stato ribattezzato “Safe Area for Syria” ed è finito sul sito web ufficiale syriancouncil.org, come frutto della produzione strategica del loro ufficio militare. La ripresa del rapporto della Henry Jackson Society è stata organizzata dal fondatore e direttore esecutivo del Strategic Research and Communication Centre (SRCC), un certo Ausama Monajed.

Dunque, il fondatore di Barada TV, Ausama Monajed, ha editato il rapporto di Weiss, l’ha pubblicato attraverso la sua organizzazione (il SRCC) e l’ha trasmesso al Consiglio Nazionale Siriano con il sostegno della Henry Jackson Society.
La relazione non poteva essere più stretta. Monajed si occupa anche di smistare richieste di interviste a Michael Weiss. Weiss non è il solo esperto di strategia ad avere abbozzato una road map per questa guerra (molti thinktank hanno lavorato su questo, molti falchi ne hanno parlato), ma alcuni degli aspetti più salienti sono frutto della sua riflessione.

L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani

La giustificazione “dell’inevitabile” intervento militare è la crudeltà del regime del presidente Assad: le atrocità, i bombardamenti, le violazioni dei diritti dell’uomo. L’informazione qui è cruciale e una sola fonte domina su tutte le altre per ciò che riguarda la diffusione di informazioni sulla Siria. Viene ogni volta citata: “Il direttore dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (OSDH) ha dichiarato alla Voice of America che i combattimenti e i bombardamenti hanno ucciso almeno 12 persone nella provincia di Homs”.

L’OSDH viene comunemente utilizzata come fonte unica di informazione e di bilanci statistici. Questa settimana, per esempio, l’AFP ha pubblicato questo dispaccio: “Le forze siriane hanno bombardato le province di Aleppo e di Deir Ezzor ed almeno 35 persone sono state uccise domenica in tutto il paese, tra cui 17 civili, ha annunciato una organizzazione di osservazione”. Diverse atrocità e le cifre dei morti, tutto proviene da una sola fonte: “Rami Abdel Rahman, il direttore dell’Osservatorio ha dichiarato per telefono all’AFP”.

Statistiche, una più orribile dell’altra, provengono numerose dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (AP). E’ difficile trovare una informazione giornalistica sulla Siria che non lo citi. Ma chi sono quelli dell’OSDH? “Essi”, sono Rami Abdulrahman (o Rami Abdel Rahman), che risiede a Coventry.

Secondo un dispaccio Reuters del dicembre dell’anno scorso: “Quando non risponde alle telefonate della stampa internazionale, Abdulrahman non è lontano da casa, solo più giù, in strada, nel negozio di abbigliamento che gestisce con sua moglie”.

Quando il blog Middle East live del Guardian ha citato “Rami Abdul-Rahman dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani”, ha anche proposto un link con un articolo scettico del Modern Tokyo Times, un articolo che invitava gli organi di informazione ad essere un po’ “più obiettivi con le loro fonti” quando citano “questa sedicente entità” che è l’OSDH.

Questo nome, “Osservatorio Siriano per i Diritti Umani”, suona così rispettabile, così inattaccabile, così obiettiva. E tuttavia quando Abdulrahman e la sua “ONG con sede in Gran Bretagna” (AFP/NOW Lebanon) costituiscono la sola fonte di molte informazioni su un argomento così importante, sarebbe ragionevole sottoporre questo organismo ad un esame un po’ più approfondito di quello che è stato fatto fino ad oggi.
Questo Osservatorio non è comunque la sola fonte siriana di informazione della quale ci si potrebbe fidare ciecamente o quasi…

Hamza Fakher

Il rapporto tra Ausama Monajed, il CNS, i falchi della Henry Jackson Society e un media accettato incondizionatamente si può osservare nel caso di Hamza Fakher. Il primo gennaio Nick Cohen scriveva sull’Observer: “Per avere un’idea del livello di barbarie, ascoltate Hamza Fakher, un militante per la democrazia che è una delle fonti più affidabili sui crimini nascosti dal blackout del regime sull’informazione”.

Proseguiva poi riprendendo gli orribili racconti di Fakher di torture e massacri. Fakher parla a Cohen di una nuova tecnica di tortura di cui ha inteso parlare, la lastra rovente: “Immaginate la carne che si scioglie fino all’osso prima che il prigioniero cada sulla piastra”. Il giorno dopo, Shamik Das, scrivendo sulla “base di prove” nel blog progressista Left Foot Forward, cita la stessa fonte: “Hamza Fakher, un militante per la democrazia, descrive la penosa realtà…” – ripete il resoconto di Cohen sulle atrocità.
Allora chi è esattamente il “militante per la democrazia” Hamza Fakher?

Scopriamo che Fakher è il coautore di “Revolution in Danger”, un “briefing della Henry Jakson Society”, pubblicato nel febbraio 2012. Ha co-redatto questo documento con Michael Weiss, il direttore della comunicazione della Henry Jackson Society. E quando non co-scrive i briefing della Henry Jackson Society, Fakher è il direttore della comunicazione dello Strategic Research and Communication Centre (SRCC) con sede a Londra. Secondo il loro sito web, “è entrato nel centro nel 2011 ed è stato incaricato della strategia e dei prodotti di comunicazione del centro”.

Come ricorderete certamente, la SRCC è diretta da Ausama Monajed: “Il signor Monajed ha fondato il centro nel 2010. E’ molto citato e intervistato dalla stampa e dai media internazionali. Lavorava prima come consulente di comunicazione in Europa e negli Stati Uniti ed è stato direttore di Barada TV…”

Monajed è il patron di Fakher.

E se non fosse sufficiente, per il tocco finale di Washington, troveremo nel consiglio di amministrazione dello Strategic Research and Communication Centre anche Murhaf Jouejati, professore alla National Defence University di Washington – “la prima istituzione di formazione militare inter-arma (JPME oint Professional Military Education)”, che si trova “sotto l’autorità del suo presidente, il capo di stato maggiore inter-arma”.

Se vi venisse voglia di fare visita allo “Strategic Research and Communication Centre” di Monajed, lo troverete a questo indirizzo: Strategic Research & Communication Centre, Office 36, 88-90 Hatton Garden, Holborn, London EC1N SPN.

Office 36 a 88-90 Hatton Garden è anche il luogo dove troverete la sede londinese di The Fake Tan Company, Supercar 4 U Limited, di Moola Ioans (una società di credito), di Ultimate Screeding (tutto ciò che occorre per livellare) e di The London School of Attraction – “un centro di formazione londinese che aiuta gli uomini a sviluppare le competenze e la fiducia per incontrare e essere attraenti con le donne”. E ancora un altro centinaio di imprese. E’ un ufficio virtuale. Vi è d’altronde qualcosa di stranamente appropriato in tutto questo. Un “centro di comunicazioni” che non dispone di un centro, di locali – un nome pomposo ma senza sostanza concreta.

E’ la realtà di Hamza Fakher. Il 27 maggio Shamik Das di Left Foot Forward ha di nuovo riportato un racconto di atrocità riferite da Fakher, che questa volta presenta come “il racconto di un testimone oculare” (cosa che Cohen non ha mai affermato) e che oramai è diventato il “dossier sul regime di Assad”.
E’ così che un rapporto sulle atrocità proveniente da un esperto in strategia della Henry Jackson Society, responsabile altresì per la comunicazione del servizio di pubbliche relazioni di Mosafed, ha assunto l’importanza di un “dossier” storico.

Io non voglio dire che il racconto delle atrocità sia necessariamente falso, ma quanti di coloro che li prendono per oro colato si preoccupano di verificarne le origini?
E non dimentichiamo che l’attività di destabilizzazione che si sta svolgendo nel campo dell’informazione e dell’opinione pubblica lo è ancora di più sul campo. Noi sappiamo già che (come minimo) “la CIA e il Dipartimento di Stato… aiutano L’Esercito Siriano Libero dell’opposizione a realizzare delle vie logistiche per portare forniture all’interno della Siria e lo addestrano nel campo delle (tele)comunicazioni.”

Le santabarbara sono aperte. I piani sono stati preparati. Queste cose si stavano preparando da lungo tempo. L’enorme energia e la pianificazione meticolosa investite in questo cambio di regime sono tali da mozzare il fiato. La forza di persuasione e gli agganci politici delle grandi fondazioni e dei thinktank sono considerevoli, ma il controllo delle fonti non può accontentarsi dei titoli pomposi, delle borse di studio e dei “briefings di strategia”. Bisognerebbe chiedere: direttore esecutivo di cosa esattamente? Il fatto di avere le parole “democrazia” o “diritti dell’uomo” nella intitolazione del vostro lavoro non vi dispensa da un tale controllo.

E se siete un “responsabile della comunicazione”, questo comporta che le vostre parole debbano essere accolte con una prudenza estrema. Weiss e Fakher, entrambi responsabili della comunicazione, sono dei professionisti delle pubbliche relazioni. Durante l’evento di Chatam House nel giugno 2001, Monajed fu presente nella qualità di “direttore della comunicazione della National Initiative for Change” ed era il direttore delle pubbliche relazioni del MJD. Il creatore del sito web di informazione NOW Lebanon, Eli Khoury, è un quadro pubblicitario di Saatchi. Questi responsabili della comunicazione lavorano duramente per creare ciò che Tamara Witts chiamava una (immagine) del “marchio positivo”.

Questi vendono l’idea di un intervento militare e di un cambio di regime che la grande stampa viene costretta ad accettare. Molti “militanti” e portavoce dell’opposizione siriana sono strettamente legati (spesso finanziariamente) agli Stati Uniti e a Londra – quelli stessi che faranno l’intervento. Ciò significa che le informazioni e le cifre fornite da queste fonti non costituiscono necessariamente una informazione pura – è piuttosto della pubblicità messa in campo in una campagna di pubbliche relazioni.

Ma non è mai troppo tardi per fare domande, per analizzare le fonti. Porre domande non fa di voi un ammiratore di Assad – è un argomento specioso. Vi rende solo meno esposti a commettere errori a causa della propaganda. La buona notizia è che nasce uno scettico al minuto.

Charlie Skelton
The Guardian, 12 July 2012.

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