Si chiede giusta tutela o imposizione di una nuova ideologia?
di Patrizio Ricci – La Perfetta Letizia
Con il patrocinio del governo italiano si è svolto domenica a Roma la giornata dell’orgoglio omosessuale. Tra il popolo che ha infoltito l’evento, tanti sono stati coloro che hanno invocato anche qui in Italia la ‘conquista civile francese’ del matrimonio tra individui dello stesso sesso. Per simboleggiare i cattivi (i retrivi che discriminano), un uomo travestito da suora si è buttato a terra lungo il tragitto, fingendo di voler bloccare il corteo; naturalmente non è mancato qualche cartello contro il Vaticano, del tipo ‘Il Vaticano è il vero inferno’. Dal lato dei buoni, tra i cartelli “Roma città aperta” anche altri che recitavano “In Francia mi posso sposare, in Italia quando?”, che hanno invitato a seguire l’esempio del paese transalpino dove il matrimonio omosessuale (compresa l’adozione dei figli) è legge dello stato.
La tematica è tra le prime in agenda del Consiglio Europeo e l’iter per l’adeguamento dei paesi membri procede a tappe forzate: le linee guida “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” sono state diramate ai singoli stati, che presto dovranno legiferare a riguardo. In Italia l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (dipendente dal Dipartimento per le Pari Opportunità) ha già predisposto un piano capillare di azione per applicare (a cominciare dalle scuole) la ‘raccomandazione europea’, e associazioni gay e LGBT potranno controllare la giusta applicazione. Insomma la politica italiana non vuole essere il ’fanalino di coda dell’Europa’ e si vuol mettere anch’essa in ‘regola’.
Nell’enfasi ‘progressista’ del riconoscimento dei propri diritti è però grave che si trascuri che in realtà la stragrande maggioranza dei francesi è contraria al matrimonio omosessuale. Che cosa succede? Forse nella patria dell’illuminismo un governo progressista è alle prese con una popolazione omofoba e oscurantista? Niente di tutto questo, e il messaggio della protesta è chiaro: gli omosessuali devono godere dei loro diritti civili ma non per questo la società deve essere costretta a ridefinire il matrimonio. L’iniziativa non è stata della Chiesa: se fosse stata solo la Chiesa ad opporsi avrebbe senz’altro perso. Il dissenso è stato trasversale: si è levato ed ha trovato adesioni in ogni ambito della società civile. L’hanno capito tutti che non si tratta di discriminazione, anche migliaia di omosessuali che si sono organizzati nella lotta in due organizzazioni ‘Homovox’ e ‘Plus gay sans mariage’.
In Francia si è capito che la strategia di porre tutto sul piano delle discriminazioni per vincere sul terreno dei diritti umani è palesemente pretestuosa e falsa. Purtroppo il potere è completamente sordo al tentativo di riaprire un dibattito e le manifestazioni pacifiche sono duramente represse con arresti, detenzioni e violenze arbitrarie. La maggior parte degli arresti avviene perché i simpatizzanti indossano la maglietta con il simbolo del movimento di protesta (padre e madre e due bambini che si tengono per mano). Non importa se non ci si trovi in prossimità di una manifestazione: chi indossa la maglietta viene fermato e multato per ‘atti contrari alla pubblica decenza’. Mi ha molto impressionato un video girato a Parigi il 29 di maggio e diffuso in rete nei giorni scorsi: si vede una ragazza caricata, assieme ad alcuni altri adolescenti, su un furgone della gendarmeria unicamente per avere indossato una T-shirt “anti-mariage pour tous”. A filmare tutta la scena è stato il noto avvocato parigino Jérôme Triomphe, che ha subito minacciato una denuncia agli agenti per abuso di autorità. Nei fotogrammi successivi si vede che grazie all’intervento dell’avvocato gli agenti desistono: i ragazzi sono liberati e fatti salire sulla metropolitana. Tuttavia, per loro i guai non sono finiti. Alla stazione di arrivo saranno fermati da un altro gruppo di poliziotti sempre per lo stesso motivo. La motivazione degli arresti? “Magliette contrarie alla pubblica decenza”…
La vicenda può far sorridere ma non è uno scherzo: è il segno evidente che questo comportamento punitivo a senso unico è ormai la prassi. Le centinaia di arresti di questo tipo hanno suscitato l’intervento del Centro Europeo per la Legge e la Giustizia che si è rivolto al Consiglio Europeo dei Diritti umani per verificare se la ragione di tali misure siano solo politiche. E’ chiaramente il delirio di onnipotenza dello stato, una chiara dissociazione dalla realtà. Direbbe Vaclav Havel: “L’ideologia finge che le pretese del sistema derivino dai bisogni della vita: un mondo dell’apparenza spacciato per realtà”.
Non giriamoci intorno, altrimenti viene il mal di testa. Quello che accade in Francia non è casuale: dietro al paravento della discriminazione c’è la relativizzazione della famiglia che vorrebbe imporre un nuovo ordine europeo in cui il nemico è proprio la suorina di cui si faceva la parodia al gay pride. Da abbattere è chi è in prima fila nella difesa dei valori ‘tradizionali’: la Chiesa. Questo modo di procedere per salvaguardare i diritti degli omosessuali lascia perplessi: le discriminazioni sono soprattutto culturali e la strada giusta per un cambiamento non si vede come possa essere solo giurisprudenziale.
Siamo arrivati al punto che dissentire vuol dire discriminare, o peggio incorrere nel reato di omofobia come se l’omosessualità fosse una religione o un nuovo dogma. Esempio eloquente di questo ‘clima’ che si è creato è il ‘caso di Segrate’: una educatrice sessantenne durante il catechismo ha detto ai ragazzi “l’omosessualità è una malattia” (probabilmente come faceva da anni). La notizia è andata sulle pagine di Repubblica come una mostruosità (è stato interpellato il sindaco, intervistati il parroco e i parrocchiani… ma non la catechista). Forse la catechista non era ‘aggiornata’ (l’omosessualità non è una malattia: la scienza l’ha stabilito ufficialmente il 17 maggio 1990, 23 anni fa, quando l’attrazione sentimentale e sessuale tra individui dello stesso sesso è stata ufficialmente rimossa dalla lista delle malattie mentali stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità) ma certamente era in buona fede, spiegava le Sacre scritture e certo non era animata da astiosità nei confronti dei gay.
Tanto zelo, che pretende che anche ciò che si dice in sagrestia si adegui al pensiero dominante, naturalmente non è mai indirizzato a difesa dei cattolici, verso i quali le discriminazioni sono assai più gravi: sempre in nome della laicità dello stato è comunemente impedito ai genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose, si tollerano rappresentazioni e spettacoli blasfemi che offendono milioni di cristiani, i media diffondono immagini stereotipate del sacro e della religione e tutto è accettato e giustificato dalla “libertà di espressione” (come quando il 1° maggio, a p.zza San Giovanni a Roma, è stata fatta la parodia dell’Eucarestia utilizzando un preservativo).
Osservando questi ‘progressi’ italiani c’è da scommettere che fra poco smetteremo di essere il ‘fanalino di coda in Europa… ma chi l’ha detto che tutto quello che fa l’Europa sia il vertice della democrazia?