Dateci 20 miliardi e fermiamo il flusso dei migranti. Questo in estrema sintesi è il messaggio che il generale Khalifa Haftar affida all’Europa (e all’Italia) in un’intervista al Corriere della Sera, in cui fa capire che non intende davvero bombardare le navi militari italiane in Libia. Si conferma però l’uomo forte di Cirenaica, poco disposto a mediazioni con il premier di Tripoli Fayez Al Sarraj e con la comunità internazionale.
“In primo luogo voglio ribadire che libici e italiani sono amici. Abbiamo superato il retaggio dell’aggressione fascista. E, proprio perché i nostri rapporti sono eccellenti, tengo a combattere chiunque provi a rovinarli. In Italia veniamo in vacanza, i nostri feriti sono curati, abbiamo antiche relazioni economiche. Ma devo anche dire che noi libici teniamo alla nostra indipendenza e sovranità. Nessuno può entrare con mezzi militari nelle nostre acque territoriali senza autorizzazione. Sarebbe un’invasione e abbiamo il diritto-dovere di difenderci, anche se chi ci attacca è molto più forte di noi. Vale per l’Italia, come per qualsiasi altro Paese”.
L’accordo fra Roma e Tripoli non basta.
“Non c’è stata alcuna intesa con noi. Io non vi ho dato alcuna luce verde. Non solo, nessuno ci ha mai detto nulla. È stato un fatto compiuto, imposto senza consultarci”.
Per Sarraj ci sono solo parole di sfida.
“Sarraj ha violato in modo grave quegli accordi (di Parigi), dove si dice esplicitamente che mosse di questo genere vanno coordinate tra noi. Ma la violazione è anche italiana. A Roma sono corresponsabili, sanno benissimo che Sarraj non ha alcuna autorità per permettere alle vostre navi di venire nelle nostre acque territoriali. Non ha chiesto il parere a me e neppure al suo Consiglio presidenziale. La sua è una scelta individuale, illegittima e illegale .Nessuno mi ha detto nulla dall’Italia. Per me è stata una sorpresa totale. Dopo che ho protestato è venuto personalmente il numero due dei vostri servizi a scusarsi, promettendo che avrebbe investigato per capire dove a Roma avevano sbagliato».
Per il flusso costante dei migranti verso l’Italia, Haftar ha una sua ricetta.
“Il problema migranti non si risolve sulle nostre coste. Se non partono più via mare ce li dobbiamo tenere noi e la cosa non è possibile. Anche gli accordi del vostro ministro degli Interni Minniti con le tribù, le milizie e le municipalità del nostro deserto sono solo palliativi, soluzioni fragili. Dobbiamo invece lavorare assieme per bloccare i flussi sui 4.000 chilometri del confine desertico libico nel sud. I miei soldati sono pronti. Io controllo oltre tre quarti del Paese. Possiedo la mano d’opera, ma mi mancano i mezzi. Macron mi ha chiesto cosa ci serve: gli sto mandando una lista. Corsi di addestramento per le guardie di frontiera, munizioni, armi, ma soprattutto autoblindo, jeep per la sabbia, droni, sensori, visori notturni, elicotteri, materiali per costruire campi armati di 150 uomini ciascuno altamente mobile e posizionati ogni minimo 100 chilometri. Stimo il costo in circa 20 miliardi di dollari distribuiti su 20 o 25 anni per i Paesi europei uniti in uno sforzo collettivo”.
Per Haftar non è una somma enorme, è “nulla se paragonata a quella che l’Europa stanzia per Erdogan”.
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