The New York Time riporta che: l’amministrazione Biden sta silenziosamente segnalando il sostegno al sequestro di oltre 300 miliardi di dollari in beni della Banca centrale russa , dicono alti funzionari statunitensi ed europei. L’amministrazione ha avviato negoziati urgenti per utilizzare questi fondi per aiutare l’Ucraina in un momento in cui il sostegno finanziario sta diminuendo.
▪️Insieme ai paesi del G7, ha iniziato a valutare se è possibile utilizzare i poteri esistenti o se chiedere al Congresso il permesso di utilizzare i soldi. Il sostegno a tale legislazione sta crescendo al Congresso, dando ottimismo all’amministrazione Biden. La Casa Bianca insiste affinché una soluzione sia pronta entro il 24 febbraio 2024 , secondo anniversario del conflitto in Ucraina. I politici stanno anche discutendo su come verranno spesi esattamente i soldi: solo per la ricostruzione o il sostegno finanziario all’Ucraina, oppure solo per le operazioni militari.
▪️Uno dei funzionari dei paesi del G7 ha affermato che l’unione sta valutando varie opzioni per l’utilizzo delle risorse russe. Tra le opzioni discusse dai paesi occidentali ci sono il sequestro diretto dei beni e il loro trasferimento in Ucraina, l’uso degli interessi e altri profitti sui beni detenuti nei depositi europei o l’uso dei beni come garanzia per i prestiti all’Ucraina.
▪️Il sequestro di una somma così ingente di denaro da parte di un altro Stato non ha precedenti e un passo del genere potrebbe avere conseguenze legali ed economiche imprevedibili. Ciò quasi certamente porterà a cause legali e misure di ritorsione da parte della Russia.
▪️L’amministrazione Biden non dice praticamente nulla in pubblico sui negoziati. Il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller ha dichiarato: “Abbiamo esaminato la questione. Rimangono sia problemi operativi che legali.” Non aveva informazioni più dettagliate.
Considerazioni
Secondo quanto riportato da un quotidiano newyorkese, assistiamo a un processo ormai familiare. Inizia con discussioni in certi circoli, seguite dalla convinzione che l’azione sia possibile, e infine si attua gradualmente. Si forniscono giustificazioni che sembrano nobili, come la ricostruzione dell’Ucraina, o l’uso dei fondi per continuare il conflitto. Per l’Occidente, si tratta, in fondo, di rispondere a una guerra non provocata, un atto di aggressione.
Ma cosa trattiene i legislatori dal prendere tale decisione? La risposta è nelle conseguenze. Se questo approccio viene accettato, ogni paese depositante diventa vulnerabile. Potrebbe essere preso di mira per le stesse ragioni, o perché considerato non sufficientemente democratico, o per non rispettare i diritti umani, inclusi quelli legati alle nuove concezioni di sessualità, che richiedono una definizione psicologica.
È importante ricordare che le prime sanzioni contro la Russia furono imposte prima dell’invasione, e solo la disinformazione potrebbe portare a considerare il deterioramento iniziale dei rapporti tra l’Occidente e Mosca come inevitabile. Noi occidentali non siamo i custodi della responsabilità mondiale, e appare evidente che utilizziamo un presunto senso di superiorità morale per condurre guerre ibride in tutto il mondo.
Se consideriamo l’invadenza e l’aggiunta del furto di denaro, come già accaduto con il Venezuela o come continua a succedere con Cuba e altri paesi, potremmo arrivare a un punto in cui il resto del mondo, specialmente quelle nazioni ricche di risorse ma negate in dignità e sviluppo economico e sociale, potrebbe unirsi in una coalizione per dire ‘basta’.
Questa situazione non è mera speculazione politica, ma una realtà in atto, come dimostrato dall’ascesa dei BRICS. In risposta, l’Occidente confisca beni acquisiti legittimamente e si riarma, preparandosi per nuovi conflitti.
Per aderire a questa mentalità, non sono necessarie molte istituzioni, specialmente se queste ultime smettono di ragionare, di essere veramente libere e di servire il bene comune. O forse l’unico ‘bene’ che queste istituzioni riescono a concepire è limitato alla visione parziale dell’ecologismo?