L’appello di Benedetto XVI per la lotta alla menzogna e alle mezze verità, “La Chiesa muore nelle anime”.

È doveroso ritornare sulle parole scritte da Benedetto XVI sugli abusi sessuali nella Chiesa.

Joseph Ratzinger fa risalire le cause della situazione non alla fumosa categoria del “clericalismo” (al centro del recente summit vaticano), ma a una certa condotta morale che nella Chiesa dilagò nel ventennio tra il 1960 e il 1980. E a questo proposito Benedetto XVI non esita a far riferimento all’omosessualità, questione che invece l’attuale vertice della Chiesa non prende mai in considerazione quando si occupa del dramma degli abusi.

«Si formarono club omosessuali in molti seminari» scrive Ratzinger sul mensile tedesco Klerusblatt. E aggiunge che in quello sciagurato ventennio di “liberazione” sessuale nella Chiesa si aprì un lungo periodo di garantismo, tanto che le condanne divennero quasi impossibili.

Il Sessantotto entrò nella Chiesa (e il teologo Ratzinger ne sa qualcosa, perché, in quanto docente, sperimentò sulla sua pelle le conseguenze di quella irruzione) e determinò un “collasso morale” che colpì la teologia e rese la Chiesa “inerme” di fronte a certi processi che coinvolsero l’intera società.

Il male, di Ratzinger, sta nella crisi della fede. L’uomo è stato messo al posto di Dio e di conseguenza la Santa Eucaristia è stata svalutata. Dunque, se si vuole ricostruire, occorre ripartire da qui: dalla fede in Dio e dall’Eucaristia.

Parole che contrastano con le interpretazioni più diffuse, improntate all’analisi sociologica e disinteressate alla fede. Parole che colpiscono perché se Ratzinger ha sentito il bisogno di metterle nero su bianco significa che non se l’è sentita di condividere silenziosamente gli esiti del summit vaticano del febbraio scorso.

Ma la portata della sua riflessione va al di là della questione, pur drammatica, degli abusi sessuali. Tra le righe si avverte il dolore di Benedetto XVI per una crisi della fede che anche all’interno della Chiesa ha ormai ampiamente superato ogni livello di guardia. «La Chiesa muore nelle anime» è la frase che Ratzinger ci consegna.

L’analisi ha toni letteralmente apocalittici perché “l’attualità di quel che dice l’Apocalisse è lampante”. Il diavolo ha sferrato la sua offensiva per dimostrare che Dio non è buono e allontanare le creature dal Creatore. “L’accusa contro Dio oggi si concentra soprattutto nello screditare la sua Chiesa nel suo complesso e così nell’allontanarci da essa”. Può nascere in questo modo “l’idea di una Chiesa migliore creata da noi stessi”, ma questa “è in verità una proposta del diavolo”, con la quale il Maligno “vuole allontanarci dal Dio vivo, servendosi di una logica menzognera nella quale caschiamo sin troppo facilmente”.

È dunque “molto importante contrapporre alle menzogne e alle mezze verità del diavolo tutta la verità” dice Benedetto XVI ricordando che nella Chiesa accanto al peccato e al male ci sono anche gli autentici testimoni (martyres) di Dio.

Essere fedeli testimoni di Dio, non disposti ai compromessi,  implica il martirio. L’avevamo forse dimenticato. Benedetto XVI ce lo ricorda.

Su Onepeterfive Steve Skojec è duro con Benedetto XVI e scrive che l’intervento, in parte lacunoso e in parte scontato, non dice nulla di nuovo, non propone soluzioni ed è rivolto tutto all’indietro, non in avanti. “Cerca, in un certo senso, di mettere le cose in chiaro, ma non riesce a farlo”. L’unico risultato, afferma Skojec, è che “questa lettera ha alimentato il fuoco della nostalgia in alcuni dei conservatori affamati di leadership che si struggono per tornare ai tempi di un papato benedettino”.

Ammetto senza problemi di soffrire di nostalgia acuta, ma non sono d’accordo sul fatto che l’intervento di Ratzinger sia scontato. Mi sembra invece che, affrontando la questione della fede in Dio e dell’Eucaristia, tocchi i nodi veri. L’analisi di Benedetto XVI può forse sembrare banale solo a chi ha smesso di guardare ai fondamenti della vita cristiana.

In mezzo a tanti commenti (una buona panoramica si può avere in questo articolo di Lifesitenews), ora incominceranno anche le polemiche (anzi, sono già incominciate) circa l’opportunità dell’intervento di Benedetto XVI. Sarà bene tenersene fuori e concentrarsi su ciò che Joseph Ratzinger ha voluto dirci.

In Vaticano, riferisce Gian Guido Vecchi su Corriere, ci sarebber imbarazzo per il testo di Benedetto XVI: “Ieri pomeriggio Francesco si è chinato a baciare i piedi dei leader del Sud Sudan che si combattono da cinque anni, al termine del ‘ritiro spirituale’ convocato in Vaticano per arrivare a un accordo di pace: ‘Imploro che il fuoco della guerra si spenga una volta per sempre’. Ma nella Chiesa, arrivati al settimo anno di pontificato di Bergoglio, la situazione non è molto più tranquilla, come dimostra la vicenda degli ‘appunti’ di Benedetto XVI sulla pedofilia nel clero e le reazioni che ne sono seguite. Il testo, pubblicato in Italia dal Corriere della Sera, è uscito in contemporanea in varie lingue e Paesi del mondo, scatenando gli umori delle tifoserie, spesso opposte, dei ‘due Papi’: chi esulta per il ‘ritorno’ di Ratzinger e chi non nasconde il proprio fastidio per l’uscita pubblica dell’emerito.  In Vaticano non erano a conoscenza né si aspettavano il ‘lancio’ planetario dell’intervento, destinato ad essere pubblicato sul mensile tedesco Klerusblatt ‘a seguito di contatti con il Segretario di Stato e con lo stesso Santo Padre’, come ha scritto Benedetto XVI. Alla sorpresa si è aggiunto un certo imbarazzo per le possibili reazioni. Così si è scelto il basso profilo: l’Osservatore Romano pubblica un articolo che ne riassume i punti salienti — lo stesso che è uscito sul sito di Vatican News — in fondo alla penultima pagina, senza richiami in prima e sotto l’articolo di apertura dedicato a un convegno organizzato da Civiltà Cattolica. Il timore è che il testo di Benedetto XVI venga usato dalla reazione conservatrice a Francesco per opporre il ‘magistero’ dell’emerito a quello del Papa. Che si voglia creare ‘confusione’ tra i fedeli — il Papa è uno solo — nel tentativo di mettere in difficoltà Bergoglio”.

Questo il quadro. Con il che, come si vede, già l’attenzione sui sta spostando dal che cosa ha detto Ratzinger al perché l’avrebbe detto. Sarà dunque bene restare sul che cosa ha detto.

Aldo Maria Valli

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