fondamentalismo islamico , Gheddafi e i ribelli

per chi fosse interessato, giacchè sull’argomento si sa veramente poco (ci sono solo pochi libri in circolazione in Italia)  da vedere  questo riassunto sulla vita di Gheddafi, la sua ascesa, i punti salienti della sua storia,  fatta da ANTONIO CARELLA regista cinematografico, televisivo e giornalista.
http://www.larchivio.org/xoom/gheddafi.htm

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Premesso che Gheddafi aveva già avuto prima del 1996, una trentina di colpi di Stato anche a seguito del malcontento dovuto all’embargo che acuiva opposizioni interne già preesistenti.

Una cosa che non tutti sanno: quello che è successo in Libia  era già successo:
Nell’ottobre 1993 il malcontento si manifesta con un ennesimo complotto contro il regime di Gheddafi. L’insurrezione militare coinvolge diverse guarnigioni militari a Misurata, Garian, Zuara. A difendere il regime devono intervenire l’aviazione e la Guardia Rivoluzionaria. Il bilancio dopo 4 giorni di aspri combattimenti fù di 200 morti.
Qualche osservatore, anche in questo caso, parla di legami e finanziamenti della CIA a favore degli insorti.

a proposito di fondamentalismo islamico , Gheddafi e i ribelli
Segnalo inoltre  un articolo apparso su il foglio del 30 marzo 2011, in cui si ricorda  l’appoggio al terrorimo attuato da Gheddafi in una prima fase storica ( molto lunga ma terminata dopo i bombardamenti USA)   in una seconda fase invece cominciò  (anche per salvare il suo potere)  una strenua  guerra  contro il fondamentalismo islamico, tant’è che nel 1996 rifiutò da parte della Jahad il titolo di “Califfo” e cominciò una dura repressione  , addirittura spiccò un ordine di cattura per Bin Laden che si rifugiava ad oriente di Bengasi, dalla Libia il mandato venne trasmesso all’Interpol (fonte: Correva l’anno RAI 3 – Moammar El Gheddafi”), disse Andreotti che ” se fosse stato preso sul serio Bin Laden non avrebbe avuto modo di rafforzarsi, con tutto quello che ne conseguì.”
dei talebani al tempo dell’attacco USA all’Iraq disse: sono un movimento di atei ipocriti e depravati che seminano morte con il folle disegno di distruggere l’islam siamo contro questa gente e le combattiamo come ci combattono. tanto che Mieli disse: “quell’uomo potrebbe essere decisivo per un rapporto tra occidente e mondo arabo.” l’articolo :   http://www.ilfoglio.it/soloqui/8305 .

(…) l’area della ribellione anti Gheddafi coincide con l’area dell’attivismo filo al Qaida. (…) Il leader si occupava del traffico di volontari stranieri che accorrevano a combattere e a farsi esplodere da tutto il mondo arabo e teneva un registro accurato della provenienza di ciascun volontario. L’Arabia Saudita è il primo paese esportatore di volontari qaidisti: subito dopo viene la Libia, con appena un quarto degli abitanti. Quasi uno su cinque dei terroristi arabi in Iraq è libico. Gli altri contingenti, da Siria, Yemen e Algeria, sono più ridotti e parecchio staccati nella classifica. Soprattutto, colpisce la densità per abitanti di volontari filo al Qaida. La città di Darna, ottantamila abitanti nella Libia orientale, inviò 52 volontari, più di Riad, capitale dell’Arabia Saudita con quattro milioni di abitanti, seconda in classifica. Un aspirante terrorista ogni 1.500 abitanti. Bengasi, oggi capitale della Libia liberata e della rivolta anti Gheddafi, inviò 21 suoi cittadini. Da Tripoli non andò nessuno. I Sinjar records registravano anche la vocazione dei volontari, se quella di combattere oppure di morire da “martiri” in operazioni suicide: dei 112 libici arrivati in Iraq, l’85 per cento dichiarò di volere morire da “martire”.
E’ un paradosso della geopolitica: la “no fly zone” in questi giorni sta riparando la zona più virulenta e densa di jihadisti del mondo arabo, dove gli egiziani stanno trasferendo armi.

(…) il comandante americano che guida le operazioni Nato in Libia, James Stavridis, ha detto che ci sono “tracce di al Qaida” tra i combattenti e che “l’intelligence li sta monitorando”. Secondo Gary Gambill, ex direttore del Middle East Intelligence Bulletin, Darna e Bengasi tra il settembre 1995 e il luglio 1996 furono il centro di una furiosa guerriglia tra governo e islamisti, che comunque bruciò a bassa intensità durante tutti gli anni Novanta, fino a far dire a un esasperato colonnello Gheddafi che “quelli dell’islam politico sono una piaga peggiore dell’Aids”. La guerra di oggi, per loro, che non sono la componente più numerosa della ribellione, è come un secondo tempo degli scontri di allora.

Per questo, l’alleanza di comodo tra l’occidente e gli islamisti anti Gheddafi non sarebbe una novità. L’ex ufficiale dei servizi segreti britannici David Shayler sostiene che Londra nel 1996 finanziò con 160 mila dollari un attentato del Gruppo di combattimento libico – islamisti più tardi confluiti in al Qaida – contro il rais, uno degli attentati più “quasi di successo”, che costò la vita a numerose sue guardie del corpo.

In quegli anni, la collaborazione arrivò a un tacito patto di ospitalità e non aggressione tra gli estremisti libici bisognosi di asilo e il governo britannico, che tollerò la loro presenza nei quartieri della capitale. Dopotutto combattevano lo stesso nemico, il mandante della strage di Lockerbie. Fu la nascita del cosiddetto Londonistan.

(…) Dopo l’11 settembre, la collaborazione cambiò di campo: a fianco di Gheddafi, e contro gli estremisti. Poche settimane dopo l’attacco, una squadra della Cia volò a Londra per ascoltare lo stesso uomo accusato di avere organizzato l’attentato a Lockerbie, il capo dell’intelligence libica Musa Kusa. Ai servizi americani e inglesi, il libico consegnò i dossier personali dei terroristi libici addestrati in Afghanistan e attivi dentro al Qaida. Nel dicembre del 2002, secondo i giornali di Londra, i dati arrivarono a trattare “centinaia di militanti islamisti e del gruppo di Bin Laden”. Fu l’inizio del disgelo con il regime di Tripoli, che poco dopo rinunciò al suo programma di armamento nucleare.

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Chi sono i leader “ribelli”? (da IL Foglio  30/03/2011 )

Mahmoud Jibril, E’ lui a guidare il governo di transizione. Jibril è un tecnocrate sessantenne che è stato per molti anni l’uomo decisivo a Washington e Londra per conto del regime del colonnello Gheddafi.  Negli Stati Uniti Jibril ha studiato con Richard Cottam, l’ex agente della Cia in Iran oggi fra i massimi esperti di medio oriente. Jibril ha curato il “soft power” dei ribelli anti Gheddafi, tra cui la formazione di una stazione televisiva. E’ lui il fautore della “Libyan Vision”, un progetto di democratizzazione del regime in chiave filoccidentale. Negli anni sotto Gheddafi, Jibril aveva lanciato un programma di studio all’estero degli studenti libici per l’interscambio con l’occidente. Come direttore dell’Ufficio nazionale per lo sviluppo economico del governo libico, Jibril aveva il compito di facilitare la penetrazione economica e politica angloamericana in Libia promuovendo un forte processo di privatizzazione e di liberalizzazione dell’economia nazionale. Dopo aver insegnato Pianificazione strategica e processi decisionali all’Università statunitense di Pittsburgh, Jibril ha portato le idee neoliberiste nei paesi arabi, ha scritto libri sulle riforme democratiche, per poi dedicarsi in Libia alla guida del Nedb, l’organizzazione governativa creata nel 2007 su impulso di “aziende di consulenza internazionali, prevalentemente americane e britanniche”. Dai cablogrammi di Wikileaks emerge il lavoro di lobbying che Jibril ha svolto negli ultimi anni nel tentativo di convincere il regime di Tripoli – in particolare il figlio del colonnello, Saif al Islam – ad adottare radicali riforme politiche ed economiche, a potenziare i rapporti economici con gli Stati Uniti (e la Gran Bretagna), congelati da decenni, e a formare una classe dirigente filoccidentale. Alcuni media americani sottolineano però il fatto che Jibril è il volto non soltanto della moderazione della guida dei ribelli, ma anche della loro debolezza. Sette dei trentuno membri del consiglio provvisorio sono accademici. Li chiamano “i professori”. Per questo c’è il pericolo che gli islamisti fra le loro file possano approfittarne.

Abdul Jalil, ex ministro della Giustizia di Gheddafi. Proprio in questo ruolo Jalil ha incassato le lodi occidentali per aver tentato di riformare il codice penale libico, uno dei più brutali al mondo secondo Freedom House. Gheddafi ha messo una taglia di 400 mila dollari sulla sua cattura. Abdul Hafez Ghoga è stato presidente dell’Associazione libica degli avvocati.

generale Omar al Hariri, che nel 1969 aiutò il colonnello a prendere il potere. Secondo il Wall Street Journal, la sua nomina è servita per portare ai ribelli il sostegno delle tribù. Nel 1975 Hariri tentò assieme ad altri militari un golpe contro Gheddafi. Alcuni di loro vennero giustiziati, mentre Hariri trascorrerà quindici anni in carcere, prima di essere rilasciato dal colonnello.

Ali Issawi, laureatosi a Bucarest sulla privatizzazione economica e decisivo nel programma di denazionalizzazione delle risorse libiche.

Ci sono i dissidenti e i prigionieri politici, guidati da Ahmed al Zubair Ahmed al Sanusi, che ha trascorso tre decenni nelle carceri di Gheddafi, molti dei quali in isolamento. Fathi Mohammed Baja si è laureato negli Stati Uniti, mentre le donne sono rappresentate da Salwa al Dighaili, avvocato con familiari imprigionati. Fra gli intellettuali spicca Abdul Ilah Moussa al Meyhoub, il giurista autore di un libro che critica il “Libro verde” di Gheddafi, una sorta di trotskismo islamico con cui il colonnello ha plasmato la Libia da tre decenni.

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