L'eredità biologica della guerra

DI PAOLA MANDUCA (* La prof. Paola Manduca è una genetista dell’Università di Genova.)
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Rosa dei Venti
Photo by nobileufficiale

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La popolazione di Fallujah, considerando anche i bambini appena nati, ha una forte contaminazione di almeno dieci metalli carcinogeni e feto-tossici.

Il personale medico della maggioranza dei paesi attaccati da quegli eserciti che hanno utilizzato munizioni chimiche e moderne, come le cartucce al fosforo, ha riportato un incremento del numero delle imperfezioni alla nascita, così come gli infanti che, appena nati o poco dopo, hanno sviluppato la presenza di tumori. Questi effetti sono diventati ancor più evidenti con il tempo e rappresentano le conseguenze dell’uso di questi proiettili e di queste cartucce. I medici che hanno osservato, riportato e provato a documentare questi effetti, spesso in condizioni difficili, si sono spesso scontrati contro un muro. Con questo non si vuole dire che loro o altri ricercatori abbiano subito intimidazioni in prima persona, ma le circostanze hanno reso praticamente impossibile il realizzare in tempo una protezione per le popolazioni a rischio.

Mentre l’eredità fisica a lungo termine della guerra viene spesso col tempo dimenticata – anche se le mutilazioni, le gravidanze non desiderate a causa di stupri o di problemi mentali – e viene sempre testimonianza con riluttanza dalle vittime e forse ignorata dalle istituzioni, nei tempi moderni le vittime sono più consapevoli. Questo avviene, forse, a causa dei mezzi bellici specifici che vengono usati e per l’incertezza e l’insicurezza che le persone devono affrontare non solo per la loro salute, ma anche per quella della loro progenie. Devono anche avere a che fare con complicazioni che scendono ancor più in profondità nelle proprie vite e nel contesto sociale di quanto mai fatto in precedenza.

Questa eredità potrà difficilmente essere dimenticata e le dimensioni dei danni potenziali per quanto concerne i numeri di persone che verranno colpite e il periodo o le generazioni su cui si faranno sentire questi effetti sono ancora sconosciuti.

Questo fardello si moltiplica dato che nella gran parte dei casi non c’è alcun intervento sul posto e persino alcun accertamento nel corso degli anni; in paesi come l’Iraq, l’Afghanistan, Gaza, la Somalia e ora la Libia, le circostanze spesso non li rendono possibili. Questi paesi sono sottoposti a attacchi in corso, assedi, occupazioni, rivolte, instabilità istituzionale, mancanza di personale specializzato, dipendenza dalle agenzie di aiuto internazionali o sono in uno stato di povertà assoluta e quindi difettano di mezzi adeguati.

La mancanza o la posticipazione delle valutazioni si aggiunge alle difficoltà di “indagare” i fatti e a quelle di fornire eventuale protezione o soccorso alle popolazioni per evitare danni ulteriori. Essendo praticamente impossibile, in ogni caso, ottenere una conoscenza che possa garantire protezione dagli effetti a lungo termine di questi armamenti e fornire giustizia alle vittime che già soffrono profondi traumi dopo il tormento di essere stati attaccati da un moderno arsenale militare, tutto ciò diventa un peso per l’incertezza della loro salute futura e di quella dei propri bambini.

Inoltre, la mancanza di stime si aggiunge ai danni potenziali causati dai materiali di queste armi, visto che gli effetti della loro tossicità può incrementare col passare del tempo data l’assunzione continua, come verrà menzionato qui sotto.

L’acquisizione di dati precisi sugli effetti biologici a lungo termine dell’utilizzo di tali armamenti grazie al sostegno di scienziati indipendenti e di dottori dall’estero è stato scoraggiato o soppresso in varie forme, dalla diretta intimidazione all’assenza di finanziamenti, e anche dalle numerose altre difficoltà di tipo politico e pratico tra questi due estremi.

C’è un consenso internazionale tra i governi e nei settori industriali militari che, malgrado siano stati usati “sul campo” contro i civili per più di un decennio, questi strumenti bellici rimarranno classificati in accordo alle varie convenzioni sull’utilizzo degli armamenti, tra cui la Convenzione di Ginevra. In tal modo, rimarranno nel limbo per quanto riguarda le stime legali dei danni di guerra così come per la definizione di inadempienza dei militari, dei crimini di guerra e crimini contro l’umanità anche se queste sono state prefigurate in vari casi dalle commissioni d’inchiesta delle NU o dalle missioni d’indagine e dai relatori.

Questo è diventato lo status quo su cui gli stati guerrafondai basano la possibilità di agire con impunità apparente.

La questione degli effetti a lungo termine degli armamenti risale all’uso estensivo in Vietnam dell’Agente Orange contaminato con la diossina, un agente chimico che interferisce con il normale sviluppo embrionale [1]. Coincidentalmente, le anomalie congenite in Vietnam sono state documentate fino ai giorni nostri. La responsabilità della diossina nella carcinogenesi e nelle anomalie teratogene (un agente che produce anomalie durante lo sviluppo del feto e per questo provoca ritardi nel parto e difetti alla nascita) è stata documentata in associazione agli incidenti agli stabilimenti industriali ed è stata confermata sperimentalmente.

L’uso delle armi all’urano impoverito (DU) sollevano lo stesso tipo di questioni [2] ed esiste una base consistente di informazioni che descrivono la concomitanza della contaminazione da DU e di serie patologie, tumori e imperfezioni alla nascita. In sé stesso, il DU ha le caratteristiche per agire sia come mutageno radioattivo, carcinogeno chimico e come agente teratogeno. Ha la peculiarità, con altri metalli, di persistere nell’ambiente e di non venire eliminato dagli organismi in cui viene accumulato.

Sfortunatamente, il DU è uno dei molti componenti dei moderni armamenti che causano preoccupazione per la salute. Un’estesa letteratura militare e industriale illustra che molti dei moderni armamenti, dalle munizioni per le armi leggere alle bombe e ai missili, sono arricchiti con vari metalli che includono l’uranio. Questi metalli hanno un lascito tossico; sono cancerogeni e teratogeni, inquinano l’ambiente e si accumulano nel corpo.

Le munizioni “potenziate con i metalli” sono state usate in Afghanistan, in Iraq, a Gaza, in Libano e in Libia, e forse in Somalia. Tra queste figurano le bombe, le munizioni leggere, le armi letali o di menomazione meno che letale.

La presenza dei metalli provocate dalle moderne munizioni è stata rinvenuta nei crateri provocati dalle esplosioni in Afghanistan, Iraq, Libano e Gaza [3] così come in cartucce utilizzate al fosforo bianco rinvenute a Gaza e a Fallujah. Sono stati anche trovati nelle biopsie delle vittime e nei luoghi dove sono stati colpite fornendo così prove effettive della presenza dei metalli nelle munizioni che hanno causato le ferite a Gaza [4].

I capelli dei bambini di Gaza [5] e di Fallujah [6] hanno evidenziato una presenza di sostanze con almeno dieci metalli che sono stati rinvenuti in varie quantità e combinazioni. Questi metalli hanno attività tossica, cancerogena e teratogena come dimostrato da ricerche scientifiche e confermato dalla classificazione dell’IARC (International Agency for Research on Cancer). Comprendono V, Cr, Co, As, Mo, Cd, W, U, Hg, Pb.

Il fatto che questi metalli rimangano nell’ambiente e si accumulino nel corpo umano rende gli effetti potenzialmente ancora più pericolosi sulla popolazione col passare del tempo, soprattutto a causa della loro assunzione continua e dall’assorbimento da parte dell’ambiente e dell’atmosfera, e anche dall’acqua e dal cibo contaminato dai metalli.

Quindi, la prova della presenza di metalli negli armamenti e la loro diffusione nell’ambiente è stata verificata in molti casi.

Per diminuire la rilevanza delle prove che testimoniano la presenza nelle armi di metalli tossici, cancerogeni e teratogeni, viene arguito che i resoconti sull’aumento di frequenza dei difetti alla nascita e dei tumori sono solo basati sull’osservazione o non forniscono raffronti con dati precedenti. Comunque, le informazioni del personale medico locale recentemente sono state supportate dalla ricerca.

La frequenze delle menomazioni alla nascita a Fallujah nel 2010 era circa 4-5 volte superiore a qualsiasi altro paese [7]. È stato possibile stabilire in modo retroattivo la frequenza delle difetti alla nascita dal 1991, e di conseguenza avere un valido punto di riferimento per la situazione precedente all’invasione e quella della guerra susseguente. È stato evidenziato un continuo aumento della frequenza delle menomazioni alla nascita dal 2003, il cui tasso nel 2010 era dieci volte quello del 1991 [6]. C’è stato anche un incremento nel numero dei tumori presenti nella stessa città dopo il 2003 [8].

La popolazione di Fallujah, includendo anche i neonati, aveva una contaminazione di almeno dieci metalli carcinogeni e feto-tossici [6].

L’elevata frequenza dei tumori e dei difetti alla nascita sono anche associati a chi risiede nei pressi dei poligoni di tiro, come nel caso di Quirra in Italia dove gli armamenti utilizzati sul campo nelle guerre recenti sono stati testati, tra gli altri, dalla NATO, dall’UE, dagli USA e da Israele. Questo caso è al momento al vaglio della magistratura e il poligono di tiro e le zone limitrofe sono state interdette per un ulteriore utilizzo.

Le sentenze dei tribunali hanno sancito che i danni ritardati alla salute erano stati rinvenuti nel personale militare che ha partecipato nei conflitti e nelle operazioni militari dove sono state usate queste armi. Alcune norme militari sono state emesse per proteggere la salute degli utilizzatori di armi “potenziate con i metalli”, confermando indirettamente la sua natura pericolosa. Comunque, tutto questo non si applica alla protezione del “consumatore finale”, ossia dei civili.

Comunque le prove di un incremento dei difetti alla nascita e dei tumori associati con la guerra e i luoghi di esercitazione di questi armamenti sono, in vario modo, sempre più numerose e documentate.

Il tentativo più comune da parte dei governi e delle forze armate è quello di minimizzare i dati a disposizione e di pretendere la prova del rapporto causa-effetto chiedendo quali prove ci siano che la riproduzione umana e i tumori siano, in effetti, causati direttamente da questi armamenti moderni.

In termini razionali, è ovvio che la regolarità della presenza di un fenomeno in differenti popolazioni – ad esempio, l’incremento dei tumori infantili o delle menomazioni alla nascita – in presenza di un singolo e comune cambiamento ambientale delle condizioni, principalmente conflitti che vedono protagoniste le stesse entità e dove si usano gli stessi armamenti, dovrebbero porre l’attenzione su quel cambiamento come causa potenziale della cattiva salute così come aumentare gli sforzi nella ricerca.

La strada per stabilire il rapporto causa-effetto sta lentamente diventando accessibile e la sua probabilità è sostenuta da risultati sperimentali basati sul fatto che i metalli in questione possono causare difetti alla nascita e tumori, e sulla conoscenza dei loro meccanismi di azione. La mole dei dati scientifici che va in questa direzione è ora rilevante e consistente (vedi le note 5 e 6).

Per poter meglio combattere la situazione, è importante che, oltre alle questioni poste alla scienza, si impari a fare le domande giuste ai produttori di armi e ai governi.

Messi di fronte al fenomeno, con le testimonianze e con le conseguenze del caso, dovranno provare che i componenti degli armamenti non siano agenti in grado di provocare un aumento dei difetti alla nascita e dei tumori; che non vengono rilasciati in moto incontrollato nell’ambiente; che non hanno effetti cumulativi nel corso del tempo e che colpiscano indiscriminatamente la popolazione civile. Se non potranno provarlo, dovremo chiedere l’applicazione del principio di precauzione tanto spesso invocato in altri contesti.

Nel frattempo, è obbligatorio che una ricerca medica indipendente venga sostenuta e promossa invece che soppressa su un argomento di tale rilevanza per la salute pubblica dell’intera popolazione.

In sintesi, quello che emergono essere come le conseguenze più severe e nuove dell’utilizzo di armi potenziate con i metalli è che i loro effetti sono virtualmente illimitati nel tempo, che sono additivi e che vengono ereditati in modo trans-generazionale, sia perché producono mutazioni genetiche o/e per trasmissione post-genetica ed epigenetica. I metodi che possano avere un qualche effetto per rimediare alla contaminazione dai metalli, sia ambientale che umana, sono al momento ignoti. Comunque, è noto che la persistente esposizione ai metalli tossici può incrementare nel tempo i danni alla salute.

È opportuno che una documentazione corretta e reale che provenga da fonti indipendenti e qualificate rispettose della ragione e alla legge – due aspetti che l’aggressore cercherà di evitare in tutti i modo – dovrebbe essere promossa da tutti e con tutti i mezzi a disposizione.

Dovremmo saperne di più su come ridurre le conseguenze, come sviluppare protezioni e rimedi efficaci e non abbandonarsi solamente al “destino avverso”. E neppure dovremo permettere che tutto questo sia il destino delle generazioni future.

Fonte: come don Chisciotte

Fonte: The biological legacy of warfare

31.07.2011

Note:

[1] Dioxins and their effects on human health, Fact sheet N°225, Maggio 2010.

[2] Durakovic A. Undiagnosed illnessses and radioactive warfare, CMJ 44:520, 2003

[3] Manduca P., Barbieri Mario, Barbieri Maurizio. Gaza Strip, soil has been contaminated due to bombings: population in danger, 2010

[4] Skaik S, Abu-Shaban N, Abu-Shaban N, Barbieri M, Barbieri M, Giani U, Manduca P. Metals detected by ICP/MS in wound tissue of war injuries without fragments in Gaza, BMC Int Health Hum Rights. 25 giugno 2010;10:17.

[5] Manduca P, Barbieri Mario, Barbieri Maurizio, Metals detected in Palestinian children’s hair suggest environmental contamination, 2010.

[6] Manduca P., Increase of birth defects and miscarriages in Fallujah, 2011.

[7] Alaani S, Savabieasfahani M, Tafash M, Manduca P., Four polygamous families with congenital birth defects from Fallujah, Iraq. Int J Environ Res Public Health. 2011, 89-96.

[8] Busby C, Hamdan M, Ariabi E.Cancer, Infant mortality and birth sex-ratio in Fallujah, Iraq 2005-2009. Int J Environ Res Public Health, 2010, 2828-37.

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