Dov'è Gheddafi? Il festival della disinformazione

fonte: democrazia nella comunicazione

di Gianni Cipriani – Globalist.ch. Con nota aggiuntiva di Pino Cabras in fondo all’articolo.

Nel giro di poche ore, stando alle notizie diffuse da fonti incerte o interessate e rilanciate acriticamente dalla stampa internazionale, il (o l’ex) leader libico Gheddafi ha fatto il giro dell’Africa. Una settimana fa, a Tripoli caduta (e caduta non era) si era rifugiato dentro l’ambasciata del Venezuela. Due giorni fa era rintanato dentro un buco a Tripoli mentre uno dei suoi figli aveva ben pensato di rifugiarsi in un hotel della città; ieri era a Sirte, come annunciato in pompa magna dall’Eliseo e oggi sta in Algeria.

Tralascio le varie fughe in Tunisia, nel Ciad, in Egitto e tutte le mete indicate come rifugio dei suoi numerosi familiari, altrimenti non basterebbero i depliant delle agenzie di viaggio.

A qualche lettore può venire in mente che tutte queste notizie insieme non reggono? Che se è bianco non può essere contemporaneamente nero o verde o rosso?

E’ evidente che in questo caos il lavoro della stampa è davvero complicato, oltre ad essere pericolosissimo per coloro che si trovano nel mezzo della battaglia. Ma è altrettanto vero che rilanciare acriticamente notizie provenienti da fonti inquinate e chiaramente false è poco responsabile da parte delle agenzie e tv internazionali, dalle quali poi si abbeverano a loro volta le agenzie, le tv e i media nazionali.

Un sedicente rivoluzionario dice che Gheddafi è in una buca? Tutti i media dicono che è in una buca. A Sirte? A Sirte. In Algeria? In Algeria. Tombola.

Peccato, come già detto in occasione della falsa caduta di Tripoli, che le principali fonti “locali” che dispensano ricostruzioni e certezze siano gestite direttamente da alcuni servizi segreti occidentali e un paio di siti web dai loro colleghi di paesi arabi. Una vera e propria industria del depistaggio, ma pur di sparare un titolo ad effetto tutto fa brodo.

Che dire? Gheddafi è sicuramente alla fine. Ma se da più parti si tratta, come in queste ore a Malta, è evidente che il rais non è ancora finito ed è in grado di fare molto male prima di cedere. Basti pensare che potrebbe usare in qualsiasi momento le armi chimiche che sono in sua mano. E che il potenziale militare di cui dispone (vedi gli articoli di Remondino) è assai consistente.

La guerra di Libia è forse, anzi probabilmente, alle battute finali. Qualcuno la ricorderà come la fine di una tirannide. Qualcun altro anche come una guerra raccontata a suon di menzogne, attraverso la manipolazione sistematica dei media, con tante verità parziali (e perciò innocue) e bugie strategiche. Nel complesso, non esattamente la migliore pagina del giornalismo internazionale e la prova che anche nell’era digitale la disinformazione può trionfare. Anzi, ancora di più. La rete non sempre garantisce più controlli. In questo caso ha moltiplicato le falsità. E comunque l’Iraq non ha insegnato nulla.

Fonte: http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=1799&typeb=0&Dov-%E8-Gheddafi-Il-festival-della-disinformazione

Nota di Pino Cabras:

Condivido l’impianto e gli esempi della critica di Cipriani nei confronti del vergognoso comportamento dei grandi media nel merito della guerra di Libia. Tuttavia il cenno al fatto che Gheddafi “potrebbe usare in qualsiasi momento le armi chimiche che sono in sua mano” fa eco proprio a una delle voci pompate dai media in questi giorni con un’intensificazione sospetta. Siccome non siamo fra quelli cui “l’Iraq non ha insegnato nulla”, prendiamo con molto scetticismo ogni enfasi su ipotetiche armi di distruzione di massa. Lo stato vero della guerra e le brutalità cui ha fatto ricorso la NATO sono state mascherate con una valanga di propaganda, ma ora non possono più nascondere una certa empasse sul terreno. Una vera svolta potrebbe aversi, vista l’inconsistenza dei cosiddetti “ribelli”, solo con un intervento ancora più diretto della NATO, ossia un’invasione massiccia sul terreno e una gestione politica della nuova fase. Solo che un tale intervento avrebbe bisogno di pretesti estremi. Le armi chimiche somigliano molto a un pretesto di tal fatta. Perciò estendiamo la sfiducia anche a questa notizia, proprio in continuità con la sfiducia dimostrabilmente giustificata che abbiamo nei confronti dell’immenso e inattendibile apparato informativo che appoggia la guerra in corso.

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