Sappiamo quel che accade nel Levante solo attraverso [i media nazionali che riportano] la propaganda di guerra del nostro Paese. Ignoriamo gli altri punti di vista e, peggio, come si comportano le nostre forze armate. Per distinguere il vero dal falso, gli storici esaminano i documenti. Ebbene, la documentazione militare contraddice le dichiarazioni dei politici e le narrazioni dei giornali. Soltanto attraverso la consapevolezza della strategia avviata dal Pentagono nel 2001 si potrà comprendere quanto è davvero accaduto e perché siamo arrivati alle odierne contraddizioni.
fonte: https://www.voltairenet.org/article208272.html
Non capiamo quanto sta accadendo nel nord della Siria perché crediamo a priori che si tratti di un combattimento fra gli jihadisti cattivi di Daesh e i kurdi buoni del PKK/YPG. È totalmente falso. La ragione autentica di questa lotta è la definizione dei rispettivi territori o la solidarietà etnica, mai una questione ideologica o religiosa.
E non ci mostrano nemmeno il ruolo di Donald Trump: per analizzare e capire la politica che vuole mettere in atto nel Medio Oriente Allargato non possiamo contare sulla stampa, che non fa che insultarlo, benché sia il presidente democraticamente eletto. Eppure la linea di Trump è chiara: mettere fine all’eredità dell’11 Settembre, ovverosia alla dottrina Rumsfeld/Cebrowski. Trump però si scontra con i suoi generali – tutti addestrati durante i mandati Bush Jr e Obama ¬per comandare il mondo – e con la classe politica europea occidentale.
Per capire quanto accade bisogna esaminare i fatti a monte, non quelli a valle. Ritorniamo al piano elaborato dal Pentagono nel 2001, agli inizi dell’amministrazione Bush, e rivelato due giorni dopo gli attentati dell’11 Settembre dal colonnello Ralph Peters in Parameters [1], la rivista dell’esercito USA: la “riconfigurazione” del mondo, a iniziare dal Medio Oriente Allargato. Il piano fu confermato un mese più tardi dal segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, che nominò il suo principale ideatore, ammiraglio Arthur Cebrowski, direttore dell’Ufficio per la Trasformazione della Forza. Il Piano fu reso esplicito nel 2005 dall’assistente di Cebrowski, Thomas Barnett, in Pentagon’s New Map [2], nonché illustrato dallo stesso Ralph Peters nel 2006, quando pubblicò la mappa della prima puntata sull’Armed Forced Journal: cosa fare del Medio Oriente Allargato [3]. Per le difficoltà incontrate sul campo, la mappa subì una revisione; la nuova carta fu pubblicata dalla ricercatrice del Pentagono Robin Wright nel 2013 sul supplemento domenicale del New Yrok Times [4].
Questi documenti prevedono lo smembramento di cinque Stati – Siria, Iraq, Yemen, Libia e Arabia Saudita – in 14 entità.
- La mappa pubblicata da Robin Wright nel 2013, un anno prima della trasformazione di Daesh e del PKK/YPG.
Siria e Iraq sarebbero stati divisi in quattro parti. La mappa pubblicata nel 2013 disegna i confini del “Sunnistan” e del “Kurdistan”, collocati entrambi a cavallo dei due Stati attuali. L’anno successivo Daesh creò il Sunnistan, lo YPG il Kurdistan. Al momento della pubblicazione della mappa, Daesh non era che una minuscola organizzazione terrorista anti-siriana, tra altre centinaia; lo YPG era invece una milizia filo-governativa, i cui soldati erano retribuiti dalla Repubblica Araba Siriana. Nulla sul campo lasciava immaginare la creazione del Califfato e del Rojava per volontà del Pentagono.
Il quotidiano kurdo turco Özgür Gündem [5] pubblicò l’estratto della riunione in cui la CIA preparò la modalità dell’invasione dell’Iraq da parte di Daesh, partendo da Raqqa. Il documento dimostra che il 1° giugno 2014 alla riunione ad Amman (Giordania) partecipò Masrour “Jomaa” Barzani, all’epoca capo dell’intelligence del governo regionale del Kurdistan iracheno. A luglio scorso Barzani è diventato primo ministro del governo regionale del Kurdistan iracheno.
È importante ricordare che, secondo la mappa pubblicata da Robin Wright, il “Kurdistan” USA avrebbe dovuto comprendere il nord-est della Siria e la regione kurda dell’Iraq. Anche il Kurdistan francese del 1936 comprendeva il territorio siriano, ma non quello iracheno.
Il sostegno del governo regionale del Kurdistan iracheno all’invasione dell’Iraq da parte di Daesh è incontestabile: consentì agli jihadisti di massacrare i kurdi di religione yazida nel Sinjar e di ridurre in schiavitù le donne. Chi si salvò fu grazie ai kurdi turchi e siriani, arrivati apposta a dar manforte, sotto lo sguardo beffardo dei peshmerga, i soldati kurdi iracheni.
Daesh ha commesso innumerevoli atrocità e imposto il proprio dominio con il terrore. Ha praticato la pulizia religiosa contro kurdi yazidi, cristiani assiri, arabi sciiti e altri ancora. Questi “ribelli” sono stati sovvenzionati finanziariamente e militarmente da CIA, Pentagono, nonché da almeno 17 Stati, secondo quanto affermato, documenti alla mano, dal quotidiano bulgaro Trud [6] e da quello croato Jutarnji list [7]. Grazie a personale formato a Fort Benning (USA), Daesh ha prelevato imposte e aperto servizi pubblici, giungendo a costituirsi “Stato”, mai però riconosciuto da alcuno.
Non sappiamo come il PKK si sia trasformato nel 2005 da partito politico marxista-leninista filosovietico in milizia libertaria ed ecologista filoatlantista. E ancor meno sappiamo come lo YPG siriano abbia potuto trasformarsi nel 2014, passando sotto il comando operativo di ufficiali turchi del PKK e della NATO. Il PKK-YPG è internazionalmente definito secondo il lato della frontiera turco-siriana: dalla parte della Turchia è considerato un’organizzazione terrorista, dal lato della Siria invece un “partito politico di opposizione alla dittatura”. Eppure sino al 2014 lo YPG non vedeva dittature in Siria: si batteva in difesa della Repubblica Araba Siriana e per il mantenimento al potere del presidente Bashar al-Assad.
Lo YPG ha rispettato il codice di guerra e non ha commesso atrocità comparabili a quelle di Daesh, ma non ha esitato a ripulire etnicamente il nord-est della Siria per creare il “Rojava”, commettendo in tal modo un crimine contro l’umanità. Ha spogliato dei loro beni centinaia di migliaia di assiri e di arabi e poi li ha espulsi. Convinto di battersi per il proprio popolo, in realtà era strumento del Pentagono, che lo usava per realizzare il proprio progetto. Per questo motivo è stato armato dal Pentagono – come hanno dimostrato il settimanale britannico del mercato militare, Jane’s [8], e il quotidiano italiano Il Manifesto [9] – e dalla Francia, come ha rivelato François Hollande. Il Rojava non ha fatto in tempo a fondersi con la regione kurda dell’Iraq.
Dopo la caduta del Califfato, anche grazie ai colpi inferti dal PKK/YPG, quest’ultimo ha chiesto al governo di Damasco l’autorizzazione ad attraversare le linee dell’esercito arabo siriano per andare in soccorso dei kurdi del nord-ovest, minacciati dall’esercito turco. Il permesso è stato accordato, ma quando il PKK/YPG è arrivato sul luogo ha fatto passare ufficiali di Daesh in fuga, peraltro poi arrestati dalla Repubblica Araba Siriana.
I documenti e i fatti esposti non ci dicono dove sta la ragione e dove il torto, trattasi di altra questione. Sul campo però è impossibile essere al tempo stesso contro Daesh e a favore del PKK/YPF, pena cadere in insanabili contraddizioni.
Donald Trump ha voluto distruggere gli pseudo-Stati voluti dal Pentagono: il Califfato e il Rojava. Questo non significa la fine né di Daesh né dello PKK/YPG.
Traduzione
Rachele Marmetti
Giornale di bordo
[1] “Stability, America’s Ennemy”, Ralph Peters, Parameters, Winter 2001-02, pp. 5-20. Également in Beyond Terror: Strategy in a Changing World, Stackpole Books.
[2] The Pentagon’s New Map, Thomas P. M. Barnett, Putnam Publishing Group, 2004.
[3] “Blood borders – How a better Middle East would look”, Colonel Ralph Peters, Armed Forces Journal, June 2006
[4] “Imagining a Remapped Middle East”, Robin Wright, The New York Times Sunday Review, 28 septembre 2013.
[5] « Yer : Amman, Tarih : 1, Konu : Musul », Akif Serhat, Özgür Gündem, 6 temmuz 2014.
[6] “350 diplomatic flights carry weapons for terrorists”, Dilyana Gaytandzhieva, Trud, July 2, 2017.
[7] “TAJNA LETOVA JORDANSKIH AVIONA S PLESA Sirijski pobunjenici dobivaju oružje preko Zagreba!”, Krešimir Žabec, Jutarnji list, 23 veljača 2013. «TRANSFER HRVATSKOG ORUŽJA POBUNJENICIMA U SIRIJI Sve je dogovoreno prošlog ljeta u Washingtonu!», Krešimir Žabec, Jutarnji list, 26 veljača 2013. “VIDEO: JUTARNJI OTKRIVA U 4 mjeseca za Siriju sa zagrebačkog aerodroma Pleso otišlo 75 aviona sa 3000 tona oružja!”, Krešimir Žabec, Jutarnji list, 7 ožujak 2013. “PUT KROZ ASADOVU SIRIJU Nevjerojatna priča o državi sravnjenoj sa zemljom i njezinim uništenim ljudima: ’Živote su nam ukrali, snove ubili…’”, Antonija Handabaka, Jutarnji list, 9 ožujak 2013.
[8] “US arms shipment to Syrian rebels detailed”, Jeremy Binnie & Neil Gibson, Jane’s, April 7th, 2016.
[9] “Da Camp Darby armi Usa per la guerra in Siria e Yemen”, Manlio Dinucci, Il Manifesto, 18 aprile 2017.