Riporto di seguito le osservazioni di Vittorio Nicola Rangeloni, un italiano che vive nel Donbass.
Quindi notizie di prima mano. In verità queste notizie purtroppo sono documentate costantemente dai media locali con video e foto di supporto. Inoltre, ci sono giornalisti italiani come Giorgio Bianchi che hanno effettuato report e sono stati nelle provincie autonome, ma queste evidenze non hanno trovato eco o interesse qui in Italia.
I nostri media e la politica continuano a scandire la propria narrativa qualunque cosa accada in quei territori. Ciò a cui si mira è rendere impossibile la vita alla gente, fino al punto di fare un’epurazione, ovvero spingere all’esodo in Russia o altrove. Infatti l’esercito ucraino ha riversato forze ingenti sulla linea di fuoco ed è pronto per dare la spallata finale, come se si trattasse di uno stato nemico e non di una propria provincia da recuperare con la politica.
Cosa chiedono le provincie ribelli? Chiedono autonomia pur restando nell’Ucraina. Ma Kiev risponde con le bombe e con gli squadroni della mortee la UE, pur di mantenere la propria retorica anti-russa , fa finta di niente.
@vietatoparlare
Il mondo “democratico” e le responsabilità su quanto accade in Ucraina
Nel report quotidiano dell’#OSCE pubblicato (https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/2021-03-25%20Daily%20Report.pdf) il 25 marzo gli osservatori internazionali si sono interessati al caso di un civile residente ad Alexandrovka, piccolo villaggio sulla linea del fronte (periferia di #Donetsk), ferito alla gamba da un proiettile il 30 gennaio. Di fatto l’esercito ucraino è stato nuovamente riconosciuto responsabile di crimini contro la popolazione civile. Ma quando mai questi report vengono citati dai giornali o dai diplomatici rappresentanti i paesi che si professano veri e unici sostenitori della democrazia?
Nemmeno un mese dopo, il 22 febbraio, lungo la stessa via di Alexandrovka, un colpo di artiglieria sparato dai militari ucraini ha ferito gravemente un ragazzo di ventidue anni.
Infine (https://t.me/vn_rangeloni/357), a pochi metri da questa via martoriata, lo scorso lunedì un proiettile sparato da un cecchino dalle stesse posizioni dell’esercito ucraino ha colpito alla testa un 71enne che si trovava nel giardino della propria abitazione mentre dava da mangiare alle galline.
Situazioni simili si ripetono da anni, disperdendosi nei lunghi report dell’OSCE che vengono letti dai rappresentanti de mondo “democratico” solamente quando fa comodo. Questi ultimi, con il solito accento schifosamente ipocrita, si preoccupano solamente di condannare la Russia per presunte azioni lesive della sovranità dell’Ucraina. Recentemente i Ministri degli Esteri del #G7 hanno rilasciato una nota congiunta (una nota che ha dell’assurdo che potete leggere integralmente cliccando sul link (https://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/g7-foreign-ministers-statement-on-ukraine.html)) affermando:
“ci opponiamo fermamente alla continua destabilizzazione dell’Ucraina da parte della Russia, e in particolare alle azioni che quest’ultima sta intraprendendo in alcune aree delle regioni del Donetsk e Lugansk, a dispetto degli impegni assunti nel quadro degli Accordi di Minsk”.
Ma se la colpa delle nuove tensioni è davvero della Russia, come mai a farne le spese sono coloro che si trovano sotto la presunta “occupazione” russa?
Queste continue condanne a senso unico hanno prodotto un senso di impunità tra i militari ucraini. Senza condanne per i crimini di guerra, molti si sentono legittimati a proseguire in questa direzione.
Per questo continuerò sempre a ribadirlo: la responsabilità di quel che accade in Donbass è colpa tanto di Kiev quanto di Bruxelles. E quindi anche di Roma, che si presta a questo teatrino. E le mani continuano a sporcarsi di sangue ogni volta che una persona viene ferita o uccisa dall’esercito ucraino; ogni volta che anche una sola persona viene costretta a patire la fame, a vivere senza luce o gas; ogni persona che rischia la vita ogni volta che esce di casa; ogni volta che qualcuno rimane senza un tetto sopra la testa a causa delle bombe.