Un documento della DGSE attesta che il governo francese era stato informato dei pagamenti di denaro da parte del produttore di cemento Lafarge all’organizzazione terroristica Stato Islamico già nell’estate 2014
Un documento della Direzione Generale della Sicurezza Esterna (DGSE), rivelato da “Liberation”, attesta che il governo francese era a conoscenza di un accordo tra il produttore di cemento e l’organizzazione terroristica nell’estate del 2014. La Corte di Cassazione deve decidere giovedì su l’incriminazione della società.
L’accusa è di complicità in crimini contro l’umanità e finanziamento di attività terroristiche in Siria. L’accusa verso la società è di transazioni con membri dell’organizzazione terroristica dello Stato Islamico (IS) per un valore di quasi 13 milioni di euro.
Questo è l’importo che la società, secondo le forze dell’ordine francesi, ha trasferito alla sua filiale in Siria – Lafarge Cement Syria. Successivamente, questo denaro, come si crede in Francia, potrebbe essere finito nelle mani dei terroristi: nell’area del villaggio di Al-Jalabiya nel nord della Siria, che è stata sequestrata dai jihadisti, era in funzione la cementeria di Lafarge. Durante il procedimento giudiziario, il produttore francese di materiali da costruzione, secondo France 24, ha già ammesso che nel 2013-2014, al fine di garantire il passaggio in sicurezza dei propri dipendenti, aveva inviato denaro ai gruppi armati siriani che controllavano l’area. Forse tra loro, come hanno ammesso a Lafarge, c’erano rappresentanti dello Stato Islamico (ISIS).
Dal documento pubblicato da Liberation pubblicato oggi – datato 26 agosto 2014 e timbrato “difesa riservata” – si evince che lo Stato, attraverso la Direzione Generale della Sicurezza Esterna (DGSE), era ben consapevole delle condizioni in cui Lafarge ha mantenuto la sua attività in Siria in territorio in parte occupato dallo Stato Islamico (IS).
L’attività della cementeria continuò sino al16 ottobre 2019, quando aerei della Coalizione Internazionale distrussero la cementeria francese Lafarge a Jalabia (al confine con la Turchia, a nord di Aleppo) prima dell’arrivo dell’esercito arabo siriano nell’area.
Evidentemente il bombardamento occidentale avvenne per non far cadere in mano al governo siriano una infrastruttura che poteva riutilizzarla per la la ricostruzione.
L’impianto ha lavorato per i gruppi terroristici siriani, incluso al Qaeda ed ha permesso di costruire fortificazioni sotterranee da cui poter condurre la guerra contro le forze del governo siriano. Successivamente, la fabbrica fu utilizzata per proteggere le forze speciali norvegesi e francesi, che diedero fuoco alla fabbrica prima di fuggire.
Precedentemente alla rivelazione di Liberation, nel 2016, il sito web turco Zaman Al-Wasl aveva pubblicato uno scambio di e-mail tra gli stessi dirigenti di Lafarge, che confermava l’esistenza di collegamenti tra la multinazionale e Daesh (ISIS).
All’epoca, il quotidiano Le Monde pubblicò una sua versione di fatti messi in atto per nascondere:
– le relazioni di Lafarge con la CIA nel contesto di varie operazioni, incluso il trasporto di armi durante la guerra contro l’Iraq;
– Il rapporto tra la società e il segretario di Stato americano Hillary Clinton (precedentemente membro del consiglio di amministrazione di Lafarge);
– le relazioni di Lafarge con il DGSE (servizi di intelligence esteri francesi) durante la guerra contro la Siria;
– la costruzione di infrastrutture jihadiste in Siria [con il cemento di Lafarge].
Di fronte agli inquirenti, l’ex vicedirettore generale operativo di Lafarge riconobbe che il gruppo si era piegato a una “economia racket” guidata da diverse milizie armate dalla fine dell’estate 2012 per garantire il transito delle sue merci nel Paese. Un intermediario è stato addirittura impiegato «per negoziare con i gruppi armati che detengono i posti di blocco intorno alla fabbrica», scrisse Le Monde…
Secondo gli estratti dell’inchiesta di Le Monde, l’organizzazione dello Stato Islamico, che prese il controllo della città di Raqqa a metà del 2013, iniziò a chiedere soldi al produttore di cemento dall’autunno. Un funzionario del gruppo terroristico incontrò quindi l’intermediario incaricato da Lafarge per negoziare.
Bruno Pescheux, CEO della filiale siriana della società fino a giugno 2014, disse agli inquirenti di aver visto il nome di Daesh su documenti interni alla società. Alla domanda “Hai un’idea della cifra prevista per Daesh?”, Rispose: “Nell’ordine dei 20.000 dollari al mese”….
Dopo le contrattazioni con l’ISIS – almeno apparentemente – l’azienda rifiutò di proseguire l’attività: dopo il sequestro dell’impianto da parte dei militanti ISIS nel settembre 2014 e l’evacuazione di tutti i suoi dipendenti, l’intermediario siriano Amro Taleb ha più volte fatto appello alla direzione centrale del gruppo Lafarge a Parigi con una proposta di ripresa della produzione, ma questa volta sotto il controllo di Miliziani IS, che in una mail vengono definiti “imprenditori di Raqqa”. I funzionari della Lafarge rifiutano l’offerta.
Più precisamente, nelle trattative l’ISIS chiedeva oltre ai permessi di viaggio dell’ISIS per il gruppo Lafarge, l’impianto avrebbe dovuto acquistare petrolio da Daesh. Questo è stato rivelato da un ex dipendente dello stabilimento di Jalabia, e la stessa cosa è stata indirettamente testimoniata dalla corrispondenza del responsabile dei rischi di Lafarge Ahmad Jaloudi con Amro Teleb.
Sta di fatto che ci vollero sei mesi prima che l’aviazione russa distruggesse le fortificazioni deli militanti usando bombe penetranti (le più grandi sul campo di battaglia dalla seconda guerra mondiale), che permisero all’esercito arabo siriano di liberare il proprio territorio.
La rivelazione di oggi la dice lunga sulla corruzione delle classi dirigenti francesi e la loro conformità ai principi e valori europei. Questi, a quanto pare, sono buoni solo verso terzi.
Ovviamente, senza l’avvallo del governo francese, l’attività del cementificio non sarebbe stata possibile. In Siria non entrava nulla di ciò che non era ‘consentito’ per opera del rigido embargo (ancora in vigore) embargo che colpisce soprattutto i civili. Ma, a quanto pare, questo non veniva applicato gli aggressori.
In linea, molte ombre e poche luci anche per gli attentati francesi dell’ISIS, rimasti ancora oggi privi di risposte esaurienti.
Come sempre, di tutto questo non leggerete nulla sui nostri media aziendali che ‘lottano contro la disinformazione’.
In questi tempi, non ci resta che continuare, con sempre maggiore coscienza, ad essere attaccati alla Verità e che Dio ci aiuti.
patrizioricci by @vietatoparlare