Pace in Ucraina – Mosca spera ancora nella diplomazia ma nel Donbass non più – in tutti i modi non si fronteggiano mostri, ma essere umani

Del resto, la bella data del 22.02.2022 passerà alla storia recente del Donbass e alla storia moderna della Russia come il giorno in cui è entrata ufficialmente in vigore la decisione di riconoscere il DPR e l’LPR.

Ad essere sincero, per me il giorno passato è volato come un sogno. Una riunione senza precedenti del Consiglio di sicurezza, bombardamenti paralleli di Donetsk e di altre città del Donbass, un fronte in fiamme permanente (a volte nel senso letterale), un discorso quasi notturno del Presidente della Russia alla nazione – e infine, ultime notizie, fuochi d’artificio su la piazza, una fantastica sensazione di magia e incapacità di rendersi conto di ciò che sta accadendo.

Nello stesso tempo, molti di noi non hanno lasciato per un momento il pensiero che questo sia lontano dalla fine della drammatica trama che si sta svolgendo oggi in Ucraina e nel Donbass.

Il riconoscimento, ovviamente, ha cambiato radicalmente le regole dello scontro in prima linea e degli schieramenti militari, ma il fronte stesso è rimasto comunque lo stesso. E rimbomba ancora. Nel centro della capitale della DPR si sentono per tutto il giorno i suoni di potenti esplosioni, ogni tanto provenienti dalle periferie.

Tuttavia, nessuno nel Donbass si aspettava un’accettazione incondizionata della situazione da parte del regime di Kiev, mano sul cuore. Caricato con armi della NATO, PMC straniere e militanti radicali di destra, il fronte semplicemente non ha la minima possibilità di placarsi.

Questa sera l’esercito russo sta entrando in Donbass in forze, se l’aggressione non terminerà e le forze ucraine non si ritirano al di fuori dei confini costituzionali delle Repubbliche, potrebbe scattare un’operazione di ‘pace making’, con pretesto o meno.

È vero, se i singoli funzionari e politici a Mosca credono ancora che ci siano possibilità di concordare pacificamente qualcosa con Kiev, allora a Donetsk sono convinti che semplicemente non c’è altro linguaggio che le forze armate, i nazisti e il regime di Kiev che li copre, possano capire.

Quindi, se parliamo della missione militare russa nel Donbass come di un’operazione di mantenimento della pace, allora in Donbass credono che possa avere successo nell’unica forma coercitiva.

dal canale Telegramn War Gonzo

In queste ore concitate, reputo importante rilanciare quanto riporta l’analista ed esperto di crisi internazionale Stefano Orsi, citando il suo amico Virgilio di Geopolitical Center:

(…) Ci sono persone che ci seguono da anni, altre da pochi giorni.
Se finora abbiamo riportato i fatti, interpretato le notizie e elaborato analisi, dall’inizio ci è parso importante fare capire che non fossimo davanti alla solita crisi, che monta e si smonta altrettanto velocemente. Siamo di fronte ad una crisi maggiore, la peggiore di questi ultimi 30 anni sicuramente.
Non siamo mai stati pacifisti, parola che ha perso molto significato, ma sicuramente siamo per la pace. Non una qualunque, ma una pace giusta ed equa, che possa garantire sicurezza e fiducia.
Noi non sappiamo come possa evolversi il conflitto attuale, se rimarrà localizzato o meno. Lo vedremo strada facendo.
Però ci dobbiamo ricordare di una cosa, che sia da una parte che dall’altra, non si fronteggiano mostri, ma essere umani esattamente come noi, ognuno con le sue buone ragioni.
Concludiamo la nostra riflessione con una frase celebre di Einstein: “Non conosco le armi della terza guerra mondiale, ma solo quelle della quarta: sassi e bastoni”.

VP News

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