fonte: Mario Villani http://www.appunti.ru/articolo.aspx?id=549
Trent’anni e pochi giorni fa, una spaventosa esplosione mandava in frantumi un palazzo nel quartiere cristiano di Ashrafiye a Beirut. Tra le macerie dell’edificio distrutto aveva fine l’avventura terrena di Bachir Gemayel, capo del partito cristiano Kataeb e neo eletto Presidente della Repubblica Libanese.
Bachir era nato a Beirut il 10 novembre del 1947 ed aveva quindi, al momento della morte, solo trentacinque anni, ma erano stati trentacinque anni talmente avventurosi e straordinari da divenire indimenticabili per tutti i Libanesi e per coloro che, anche da lontano, hanno seguito le drammatiche vicende del “Paese dei Cedri”.
Bachir era figlio di Pierre Gemayel che negli anni ’30 aveva fondato un partito politico, composto da Cristiani e chiamato Kataeb, vale a dire “falange” o “unione di forze” (nulla in comune peraltro con il quasi omonimo partito fondato in Spagna da Josè Antonio). Il concetto di partito in Medio Oriente è molto diverso da quello che circola in Europa. Molto spesso si tratta solo di una definizione moderna data a clan famigliari o tribali. Anche il Kataeb non faceva eccezione a questa regola essendo, di fatto, l’espressione politica della potente famiglia cristiana libanese dei Gemayel, esattamente come, solo per fare un esempio, il partito socialista è sempre stato praticamente di proprietà della famiglia Joumblatt.
All’esplodere delle ostilità con le milizie palestinesi ed i loro alleati all’interno del Libano, nell’aprile del 1975, il piccolo servizio d’ordine del partito Kataeb si era trasformato, sotto la guida abile ed energica di Bachir Gemayel, in una vera e propria milizia che aveva difeso con successo i quartieri cristiani di Beirut dagli attacchi dei palestinesi e dei loro alleati del Fronte Progressista. I successivi anni di guerra hanno sempre visto Bachir in prima linea, su tutti i fronti in cui l’interminabile conflitto libanese si era trasformato. Malgrado fosse Cristiano Maronita e capo militare della milizia Kataeb, Bachir era stimato e rispettato anche dai Musulmani che gli riconoscevano comunque doti di onestà ed amore per il proprio Paese. Proprio per questo nel 1982, durante i drammatici mesi della doppia invasione (siriana e musulmana) del Libano egli venne eletto all’unanimità Presidente della Repubblica. Molti, e non solo Cristiani, vedevano in lui l’uomo che avrebbe saputo riunificare il paese, riportandolo alla legalità ed all’ordine e ottenendo il ritiro degli eserciti stranieri. L’attentato del 14 settembre 1982, di cui ancora oggi non si conoscono con certezza gli autori, poneva tragicamente fine a questo sogno spingendo il Paese dei Cedri su una china che avrebbe visto pagine ancora più tragiche e sanguinose di quelle vissute negli anni precedenti. Una di queste pagine venne scritta solo pochi giorni dopo dopo la morte di Bachir, quando uomini dell’Esercito Libero del sud, mercenari prevalentemente cristiani, ma al soldo di Israele, penetrarono nei campi profughi di Sabra e Chatila massacrando centinaia di civili per lo più inermi. Una strage che ancora oggi pesa sulla coscienza della comunità cristiana del Libano. Anche gli ispiratori di questo gesto di inaudita violenza restarono ignoti. Le accuse rivolte a Elie Hobeika non hanno infatti mai trovato conferme sicure.
A trent’anni di distanza da quei tragici giorni, un altro Condottiero, di ben diversa natura, ha calcato il suolo libanese. Sua Santità Benedetto XVI° ha voluto portare, sfidando anche rischi fisici non trascurabili, una parola di Pace in una terra dove nuovamente e con sempre maggiore insistenza rullano tamburi di guerra. Sono particolarmente entusiasta di questa visita, in particolare per una ragione: il Santo Padre ha potuto in questo modo ascoltare direttamente dai Prelati delle Chiese in Libano e Siria quale è la situazione nella regione, con particolare riferimento ai pericoli che corrono le comunità cristiane. Direttamente e senza quei filtri -ivi compresa la Segreteria di Stato- di cui, mi spiace dirlo, non mi fido più. Durante la visita e nel suo documento ufficiale il Santo Padre ha insistito nel mettere in guardia contro ogni estremismo sedicentemente religioso. Non è difficile immaginare che il suo pensiero era rivolto prevalentemente (anche se non esclusivamente) a quelle bande armate che stanno mettendo a ferro e fuoco la vicina Siria e di cui in Occidente si continua a negare la natura islamista. Basteranno le parole di Benedetto XVI° a scongiurare nuove tragedie nella regione? Come Cristiani abbiamo il dovere di sperarlo, non perchè confidiamo in un buon senso degli uomini e delle Istituzioni che negli ultimi mesi ha dimostrato di latitare, ma perchè crediamo che Dio non abbandonerà suoi servitori fedeli, come hanno dimostrato di essere le Chiese in Siria e Libano.