È maggior onore ottenere la pace con la pace che con la guerra

Mantenere la pace con la pace. Sì, ogni altro metodo è un fallimento. Ma non solo: è evidentemente volontà di negazione dell’altro, da cui è derivata l’incapacità di gestire il processo di transizione del dopo Maidan. La rivoluzione arancione stessa ha messo sul tappeto i presupposti per nuove conflittualità, in una terra di confine come l’Ucraina.

Parlando di guerra, naturalmente si pensa a quella ucraino/russa. In questo caso, al di là delle pubbliche dichiarazioni, l’Europa non ha operato e non opera per la pace. Non ha un pensiero filosofico che porta alla pace. Non ha pensieri che ispirano la pace, quindi non può mettere sul tavolo un negoziato di pace.

L’articolo che segue è tratto dal sito Cultura Cattolica, l’articolo è a firma di don Gabriele Mangiarotti:

domenica 26 febbraio 2023

È passato un anno dall’inizio della guerra tra Ucraina e Russia, e non è certo l’unica guerra. Il desiderio della pace si esprime con queste parole di s. Agostino: il nostro «Manifesto della pace»

È passato un anno dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina. E oltre al dolore e ai ricordi, risuonano le parole della Chiesa, dal grido «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare. Trattando con buona volontà e con rispetto dei reciproci diritti si accorgeranno che ai sinceri e fattivi negoziati non è mai precluso un onorevole successo» (Pio XII, 24 agosto 1939) alle recenti e insistenti parole di Papa Francesco: «Da ogni terra si levi un’unica voce: no alla guerra, no alla violenza, sì al dialogo, sì alla pace! Con la guerra sempre si perde. L’unico modo di vincere una guerra è non farla.»

Come non rimanere colpiti da questi testi veramente profetici della Chiesa? Essi danno voce al grido presente nel cuore degli uomini «di buona volontà». E certamente tutto questo chiede un impegno che non solo si rivolga alla politica, ma che sia una strada che ogni uomo può e deve percorrere. In questo senso bisogna che la luce della fede ritorni ad essere fondamento di ogni esperienza umana e proposta anche civile (ogni attentato alla dignità e libertà dell’uomo e della donna è un attentato alla pace. La guerra ha inizio quando gli uomini non sono amati e affermati per il loro valore, Kant ricordava che ogni uomo deve essere considerato come fine e mai come mezzo, neppure per il proprio piacere – e questo la dice lunga sulla mentalità anche oggi diffusa e propagandata come affermazione di libertà, piuttosto che come umiliazione e degrado della persona).

Così, riflettendo su questo impegno in difesa della pace, mi sono imbattuto, su suggerimento di una immagine dei social, in questa lettera di sant’Agostino che sorprende e commuove per la sua verità e umanità, tanto che potrebbe essere considerata il nostro «Manifesto della pace».

Scrive il santo di Ippona, nella Lettera 229:
«A DARIO, SIGNORE MERITAMENTE ILLUSTRE E MAGNIFICENTISSIMO, SUO CARISSIMO FIGLIO IN CRISTO, AGOSTINO INVIA SALUTI NEL SIGNORE

[Dario, inviato di pace]

1. Dai miei santi fratelli e colleghi di episcopato, Urbano e Novato, sono stato informato delle tue ottime qualità morali e del tuo alto rango; l’uno di essi ha avuto la fortuna di vederti nella borgata di Ilari, presso Cartagine, e non molto tempo fa anche a Sicca, l’altro invece a Sitifi. Essi dunque hanno fatto sì che neppure a me tu potessi rimanere ignoto. Poiché non per il fatto che la mia infermità fisica e il duplice freddo, quello dell’inverno e quello dell’età, non mi permette di parlare con te a quattr’occhi, per questo io non ti ho visto. Mi spiego: mi hanno mostrato l’aspetto non tanto del tuo corpo quanto quello del tuo cuore quei due vescovi; il secondo parlandomene di persona quando s’è degnato di venirmi a trovare, il primo invece per lettera, sicché io ti ho conosciuto tanto più caramente quanto più intimamente. Questo tuo aspetto lo possiamo vedere, con l’aiuto di Dio, non solo noi ma pure, con immensa gioia, tu stesso anche nel santo Vangelo ove, da parte di Colui ch’è la Verità che parla, sta scritto: Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio.

[È maggior onore ottenere la pace con la pace che con la guerra]
2.
 Sono certamente grandi, ed hanno una loro gloria, gli uomini di guerra dotati non solo di molto coraggio, ma, ciò che è un titolo legittimo di gloria, animati anche da grande fede. Si deve ai loro disagi e ai rischi ch’essi corrono se, con l’aiuto di Dio che ci protegge e ci soccorre, vengono domati nemici accaniti, si procura la pace allo Stato e alle province, ricondotte all’ordine e alla tranquillità. Ma titolo più grande di gloria è proprio quello di uccidere la guerra con la parola, anziché uccidere gli uomini con la spada, e procurare o mantenere la pace con la pace e non già con la guerra. Certo, anche quelli che combattono, se sono buoni, cercano senza dubbio la pace, ma a costo di spargere il sangue. Tu, al contrario, sei stato inviato proprio per impedire che si cerchi di spargere il sangue di alcuno. Mentre quindi gli altri soggiacciono a un’evenienza inevitabile, tu hai una missione invidiabile. Rallègrati dunque, illustre signore e figlio carissimo in Cristo, di questo tuo bene sì grande e verace, rallegratene in Dio dal quale hai avuto la grazia d’essere tale e di assumere una sì importante missione. Confermi Dio ciò che per tuo mezzo ha fatto per noi. Gradisci dunque questo mio biglietto di saluto e degnati di ricambiarmi con uno tuo.»

Autore: Mangiarotti, Don Gabriele Fonte :CulturaCattolica.it

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