Propongo questa lettera pubblicata su Ora Pro Siria inviata ad un amico comune, da un volontario cristiano rientrato in Siria – è una lunga lettera per facilitarne la lettura qui l’audio [sc_embed_player fileurl=”http://www.vietatoparlare.it/wp-content/uploads/2013/04/viaggio_in_siria.mp3″]
Carissimo Mario,
quasi all’ultimo momento ho deciso il mio viaggio in Siria. Forse mi ha dato sollievo il tuffarmi di persona in quella situazione che da lontano tanto ci angoscia – e certamente la gioia reciproca dell’incontro coi nostri amici è stato un anticipo di Pasqua. E’ tempo, ci siamo detti, di vivere nella speranza contro ogni speranza. Sempre più la speranza si rivela come un dono che viene ad illuminare la bellezza e le risorse della nostra umanità, offuscata e deturpata da tante brutture.
Quello che era impossibile per via di ambasciata, ottenere il visto, diviene relativamente facile, per lo meno in zona di Tartous, per chi si assuma personalmente il rischio di andare, almeno se in compagnia di gente del paese. Alla frontiera è stato più lungo del consueto ma nell’insieme non abbiamo avuto troppe difficoltà. Incredibile la gentilezza e il sorriso della maggior parte di questi poveri soldati.
La prima tappa però è stata in Libano, dove ho avuto la gioia di trascorrere una giornata coi nostri carissimi amici di Aleppo, impediti dalla gravità della situazione di ritornare nelle loro case. Dalla viva voce di Giovanni e di Giorgio, dall’incontro seguente coi nostri cari a Tartous e poi su in città, da ciò che ho potuto osservare personalmente durante il viaggio, ho avuto la netta riconferma di quanto già sapevamo. La cosa più stupefacente è come qui da noi, inclusa la stampa cattolica, possa ancora circolare tanta informazione distorta: ciò che è bianco diventa nero, e l’angoscia di tanti fratelli viene ricoperta da questa vischiosa ideologia primaveril-democratica che vorrebbe ancora legittimare la brutale carneficina in atto per volontà delle grandi potenze. Ma c’è ancora davvero qualcuno che crede alla primavera araba??
[pullquote]La cosa più stupefacente è come qui da noi, inclusa la stampa cattolica, possa ancora circolare tanta informazione distorta: ciò che è bianco diventa nero, e l’angoscia di tanti fratelli viene ricoperta da questa vischiosa ideologia primaveril-democratica che vorrebbe ancora legittimare la brutale carneficina in atto per volontà delle grandi potenze. Ma c’è ancora davvero qualcuno che crede alla primavera araba??[/pullquote]
Anche noi, procedendo a tappe in taxi verso la nostra meta e facendo un percorso molto lungo per vie secondarie, onde evitare i posti più pericolosi, abbiamo incontrato qualcuno di quei lungo barbuti alla Benladen. Mi dicono che si calcola un numero verso i 30.000 di questi musallaìn (combattenti), che fino ad ora hanno varcato le frontiere e sono penetrati in Siria. Sono truppe addestrate alla guerra santa, vengono da diversi paesi, Tunisia, Afganistan, Pakistan, Cecenia, anche dalla Francia e da altri paesi europei, ovunque ci siano colonie di integralismo musulmano che praticano questo perverso addestramento nelle loro moschee. Si parla anche della Giordania, sotto il patrocinio dell’America. La cosa sicura, è che vengono per combattere e per morire. Ho udito testimonianze relative ad alcuni che sono stati catturati. Normalmente sembrano drogati, alcuni di loro si sono detti convinti di essere sul suolo di Israele e di marciare alla conquista di Gerusalemme. Alcuni hanno proclamato di voler morire – ma non domani, oggi! Sono impazienti di uccidere per potere così, grazie al sangue di infedeli versato, cristiani o alauiti che siano, varcare le porte del paradiso ed andare ad incontrare le 40 vergini loro promesse in spose. Sui corpi dei musallaìn abbattuti sono stati a volte trovati – come si trova il pane nelle giacche dei soldati dell’esercito siriano – indumenti intimi femminili: il dono per le spose celesti.
Sembra tutto una favola ma è tutto vero, me lo assicurano le testimonianze di questi Abu sopravvissuti, con la paura negli occhi e il sorriso buono dei semplici lavoratori della terra. Me lo confermano gli amici di Aleppo, di cui conosci la qualità di esperienza e di cultura, e la capacità di vivere coi piedi per terra. Solo che questa terra sta saltando ormai sotto i piedi di tutti. I figli e fratelli della gente dei villaggi stanno morendo tutti: le case e le strade sono tappezzate di grandi manifesti con foto di giovani uomini, ragazzi dai bei volti ancora puliti. Sono i soldati uccisi da questi mostri per la guerra, che a loro volta sono poveri, poverissimi uomini ingannati.
[pullquote]I figli e fratelli della gente dei villaggi stanno morendo tutti: le case e le strade sono tappezzate di grandi manifesti con foto di giovani uomini, ragazzi dai bei volti ancora puliti. Sono i soldati uccisi da questi mostri per la guerra, che a loro volta sono poveri, poverissimi uomini ingannati.[/pullquote]
Ma chi sono i signori della guerra che stanno dietro a tutto questo, i mandatari e gli attizzatori del fanatismo musallaìn, o dei Fratelli Musulmani, dei Salafiti, delle truppe di Al Qaida? I gruppi fanatici sono diversi, i mandatari sono altra cosa, da ricercare nelle grandi potenze. Non venite a parlarmi del feroce Assad che si divertirebbe a bombardare soprattutto i luoghi dove si trastullano bambini innocenti – peraltro sangue del suo sangue e future forze del suo esercito… Basta con l’interessata e astuta demonizzazione di questi capi di stato, si tratti di Irak, Libia o Siria, che trovandosi a gestire quelle dittature nelle quali sono nati ( e certamente le dittature non sono una bella cosa, ed usano mezzi coercitivi e violenti) stanno tuttavia sforzandosi di risollevare le sorti dei loro paesi. Quando rischiano un po’ troppo di riuscirci, quando imboccano una via di graduale riforma e apertura, unita però a una forza militare, come era il caso della Siria, paese vivibile, paese in risalita economica, paese aperto alla convivenza pacifica fra diversità, paese se non democratico però civile per una antichissima vocazione di crocevia fra popoli e culture; quando le sorti di un popolo rischiano un po’ troppo di risalire, ecco allora la strategia della demonizzazione. Per la quale, coloro che si stracciano le vesti additando la dittatura, non hanno alcun timore ad allearsi per questa operazione alla forse peggiore delle dittature, quella dell’Arabia Saudita, che si fonda sulla aristocrazia del petrolio dominando il popolo con la Sharia. E gli ingenui ci cascano e fanno eco, applaudendo alla primavera araba.
Sì, noi possiamo testimoniare di avere conosciuto la Siria come un paese dove le differenti etnie e fedi vivevano in una passabile pace, nel rispetto reciproco e in un benessere crescente, un clima in cui si avvertiva che anche la libertà politica poteva essere in crescita, perché in crescita era il dialogo, l’apertura al resto del mondo.
[pullquote] Sì, noi possiamo testimoniare di avere conosciuto la Siria come un paese dove le differenti etnie e fedi vivevano in una passabile pace, nel rispetto reciproco e in un benessere crescente, un clima in cui si avvertiva che anche la libertà politica poteva essere in crescita, perché in crescita era il dialogo, l’apertura al resto del mondo.[/pullquote]
Noi abbiamo conosciuto Aleppo come una città splendida, ricca, erede di un crogiuolo di culture, religioni, civiltà, una città aperta, che non aveva paura delle sue differenze perché era fiera della sua identità, antichissima e in divenire. Noi abbiamo vissuto la cortesia reciproca, nei negozi e nelle strade e sui mezzi pubblici, fra cristiani e musulmani, il discreto interesse delle loro donne che si avvicinavano alle nostre benedicendo, chiedendo e promettendo preghiera. Vedevamo il traffico crescente, gli impresari italiani che sempre più affollavano gli aerei per la Siria. Tutto questo non piaceva ai signori della guerra.
Oggi Aleppo, città in cui persino i Sunniti hanno resistito alla propaganda estremista per rovesciare il governo, è un cumulo di macerie. Per merito di chi? Forse di Assad, che da anni stava costruendo il suo paese e che è stato costretto a bombardarlo per eliminare i cecchini fanatici che insediati nelle case (espropriate sgozzando gli abitanti) sparano a raffiche di mitraglia su passanti, donne e bambini? Oggi scuole e ospedali sono distrutti , e in quelli che rimangono una sacca di plasma che costava 300 costa 3000. Per merito di chi? Della primavera araba. Le riserve di grano del Paese si calcolavano di 50.000 tonnellate. Oggi si trovano in Turchia, e il popolo soffre la fame. Merito di chi? Della primavera araba. 1500 fabbriche della zona di Aleppo sono state smantellate e i pezzi si trovano in Turchia, assieme a trivelle di pozzi, ad ogni cosa utile che si potesse rubare, ad opere d’arte cristiana smantellate alla rinfusa e svendute nei mercatini. Altro merito della primavera araba.
Come non ricordare i 4 kilometri di Suk, il mercato coperto, dove l’opulenza orientale sciorinava le sue merci a perdita d’occhio e a prezzi accessibili? Tutto distrutto. Il più portato in Turchia, quello che rimaneva, bruciato. Merito della primavera araba. Anche la penultima delle nostre amiche dalle mani benefiche e dal cuore sorridente a tutti, la piccola Rima, è saltata in aria con una bomba. Esplosa, polverizzata, i resti spazzati via dalla ruspa con le macerie. Sua sorella non ha potuto pregare né portare un fiore sulla sua tomba ed è stata costretta a lasciare il Paese piangendo. Con chi ce la prenderemo, col feroce Assad il cui esercito ha lanciato la bomba? Forse ce la prenderemo coi cecchini fanatici che impazzano dalle loro postazioni… o forse no, forse soltanto coi signori della guerra, che li riempiono di sofisticate e potenti armi moderne fino ai denti, in primis oggi Francia e Inghilterra, o anche con quell’America che sotto l’elegante espressione di sostegno logistico li dota di strumenti satellitari di rilevazione e di comunicazione meglio che un esercito.
A casa dei nostri, si sentono tutta la notte, un po’ in lontananza, gli spari delle mitragliatrici e le risposte del cannone e possiamo vedere molto chiaramente la traiettoria del fuoco e i bagliori delle esplosioni. In questi giorni dicevano che altri 3000 stanno premendo sulle zone circostanti. L’esercito ha recentemente scoperto e bloccato i loro passaggi – passavano persino dai condotti di canalizzazione, in tenuta da sub – e stavano cercando di sferrare un attacco decisivo. Che pena questi militari, ragazzi giovani dagli occhi ancora limpidi, accampati in baracchette protette con sacchi di sabbia, nutrendosi di patate bollite e dormendo al freddo, fuori dalle baracche, per sfuggire ai tiri. Riconoscono il nostro autista e il nostro capogruppo, ci salutano il più delle volte con un luminoso sorriso. Tutta notte poi sentiremo gli spari della mitraglia sulle loro postazioni e la risposta del cannone. Alcuni militari di tanto in tanto tradiscono e passano dalla parte dei ribelli. Si raccontano storie diverse sul loro conto. Come per ogni argomento, io ti riferisco quanto sento dire, senza la possibilità di verifiche. Raccontano di uno che recentemente è fuggito, poi, già passato dall’altra parte, ha telefonato piangendo ai suoi compagni: come vorrei essere ancora con voi! Raccontano di un altro – storia già più antica – che si è venduto la moglie favolosamente bella a uno sceicco dell’Arabia favolosamente ricco, e con quel patrimonio iniquo ha armato un esercito di mercenari che tuttora gestisce da un vicino paese straniero. In generale, dicono che chi tradisce lo fa perché non ne può più della situazione e viene allettato da un corruzione più che generosa.
Come sempre, ce n’è di tutti i generi. Certamente questo popolo siriano, che nell’insieme, vivendo qui, ci è sempre apparso nobile e aperto, sta subendo una pressione fortissima nel corpo e nell’anima. Si racconta di cento giovanissimi allievi militari bruciati vivi in una caserma di Aleppo. Si racconta di uomini fatti a pezzi da vivi, freddamente. Di asce messe nelle mani di bambini, poi invitati a decapitare il nemico. Di ragazze scorticate vive, di bambini buttati dal balcone o torturati davanti ai genitori. Quando le truppe invasore si presentano ai villaggi, chiedono: state con noi? Se la risposta è sì, potete vivere, se la risposta è no, il trattamento è questo. Ecco la primavera araba: nuova cultura portata dagli squadroni della morte.
C’è il rischio che questo fuoco infernale si appicchi anche alle coscienze, e allora, chi lo potrà spegnere? Evidentemente già le truppe straniere trovano una base di alleanza e accoglienza nei sunniti poveri, numerosi nel paese: sono questi appunto i ribelli, come sempre la rivolta e la distruzione attecchiscono là dove povertà ed estremismo si alleano, mentre quelli delle classi ricche o medie resistono. Ma se si continua in questo modo, sarà miseria per tutti. Lo sanno bene le grandi potenze che siedono alla tavola della trattative, e indugiano a concludere: distruggano ancora un po’. Si ammazzino a vicenda – così ci sbarazziamo anche dei fanatici che abbiamo scatenato. Intanto ci spartiamo gli appalti della ricostruzione.
Si ammazzino pure sciiti e sunniti, imparino ad odiarsi – stavano diventando troppo pacifici. Noi domineremo la situazione. E intanto i nostri nuovi mistici continuino a delirare sulla loro primavera araba.
I campi della Siria, sì, sono verdissimi e gremiti di fiori – qui non sono ancora arrivati i pesticidi in quantità massicce come in Italia. Questo era il granaio dell’Oriente, prima ancora il granaio dell’Impero romano. Ricrescerà?
Noi abbiamo piantato la Croce, ci prepariamo a celebrare la Pasqua.
T’abbraccio,
tuo A.