Strage all’ospedale battista di Gaza: la controversia sull’autore dell’attentato
L’attentato all’ospedale battista di Gaza ha suscitato molte polemiche e controversie sulla responsabilità dell’attacco. Tuttavia, è necessario considerare diversi punti importanti per capire meglio la situazione.
Diritto internazionale
Secondo il diritto internazionale, se all’interno di un ospedale è presente una significativa installazione militare nemica, questa può costituire un obiettivo legittimo per un’azione militare. Questo principio mira a prevenire lo sfruttamento delle strutture civili per scopi militari, che metterebbe in pericolo sia i civili che i combattenti.
In questo caso, due fonti del diritto internazionale sono rilevanti. La prima è l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.
L’articolo 51 stabilisce il diritto alla legittima difesa, che costituisce un’eccezione al divieto dell’uso della forza sancito nell’articolo 2, paragrafo 4, della Carta delle Nazioni Unite, noto come il divieto dell’uso della forza.
L’articolo 51 riconosce il “diritto naturale” alla legittima difesa individuale o collettiva in caso di attacco armato contro uno Stato membro delle Nazioni Unite. Questo diritto alla legittima difesa può essere esercitato fino a quando il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non adotta le misure necessarie per ripristinare la pace e la sicurezza internazionali. Gli Stati che esercitano la legittima difesa devono informare immediatamente il Consiglio di sicurezza e devono sospendere tali misure una volta che il Consiglio abbia preso le azioni necessarie per ripristinare la pace.
La seconda fonte rilevante è la Convenzione di Ginevra, che stabilisce che se un esercito in guerra posiziona deliberatamente installazioni militari all’interno di strutture civili, come ad esempio un ospedale, la controparte belligerante può legittimamente colpire queste installazioni militari. Tuttavia, è importante notare che il diritto internazionale umanitario richiede il rispetto delle strutture civili e la protezione dei civili non coinvolti nel conflitto.
La Convenzione di Ginevra e i suoi Protocolli aggiuntivi stabiliscono il principio di distinzione tra obiettivi militari e civili. Il diritto internazionale umanitario proibisce l’uso di strutture civili, come ospedali, per scopi militari. Tuttavia, se un’installazione militare viene deliberatamente collocata all’interno di una struttura civile, come un ospedale, l’ospedale potrebbe perdere la sua protezione speciale e diventare un obiettivo legittimo. È fondamentale notare che qualsiasi azione militare in questo contesto deve essere proporzionata e necessaria per scopi militari legittimi, evitando danni indiscriminati ai civili e alle loro risorse. Queste norme sono vincolanti per i paesi che hanno ratificato la Convenzione di Ginevra.
In sintesi, l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e la Convenzione di Ginevra non sono in conflitto ma si completano reciprocamente. La Convenzione di Ginevra stabilisce regole specifiche per la condotta durante i conflitti armati, mentre l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite riconosce il diritto di autodifesa degli Stati, che deve essere esercitato nel rispetto delle norme e dei trattati internazionali, tra cui le Convenzioni di Ginevra.
Ospedali come obiettivi nei conflitti recenti, il caso ospedale oncologico di al Kindi di Aleppo, il più grande del Medioriente
Prendendo ad esempio conflitti recenti, è evidente che gli ospedali sono spesso presi di mira e utilizzati come basi militari. Questa pratica li espone al rischio di danneggiamento o distruzione, con accuse reciproche da entrambe le parti coinvolte, che spesso sembrano ipocrite poiché cercano di sfruttare l’indignazione dell’opinione pubblica.
Un esempio eloquente di questa situazione si è verificato in Siria nel 2013, quando terroristi salafiti, finanziati dall’Occidente, hanno distrutto l’ospedale siriano al-Kindi utilizzando camion carichi di esplosivi. Sorprendentemente, questa devastazione non ha scatenato una reazione significativa dalla comunità internazionale. Tali eventi mettono in luce l’urgente necessità di abbandonare atteggiamenti ambigui e di affrontare con responsabilità il divieto di coinvolgere strutture civili in operazioni militari, al fine di preservare la vita dei non combattenti e mantenere il rispetto per il diritto internazionale umanitario.
Ciò implica anche l’assoluta esigenza di evitare il posizionamento di obiettivi militari in aree densamente popolate. Inoltre, nel contesto del diritto umanitario, dovrebbe essere assolutamente vietato l’attuazione di sanzioni che hanno un impatto principalmente sulla popolazione civile, come è accaduto in Siria, in Iraq e a Gaza in questi giorni. Le conseguenze di tali sanzioni possono spesso superare gli effetti degli attacchi diretti sulla popolazione, causando sofferenza indebita ai civili.
Indagine indipendente
Tornando alla strage dell’ospedale battista di Gaza, per chiarire le circostanze dell’incidente e determinare la responsabilità, è essenziale un’indagine indipendente. Tale indagine dovrebbe essere imparziale, trasparente e credibile per fornire un resoconto accurato di ciò che è accaduto. Altrimenti accadrà che ogni parte accusa l’altra. Questo è avvenuto in tutto il conflitto siriano con soggezione di chi poteva contrapporre meno potere mediatico.
Le azioni di Hamas
Vale la pena notare che Hamas, nelle sue azioni, avrebbe dovuto prevedere una risposta simile a quella precedentemente mostrata dal governo israeliano. La loro scelta tattica evidentemente ha tenuto conto della potenziale perdita di vite civili e considerato questo un risultato plausibile e accettabile.
Discrepanza nel trattamento riservato dall’occidente
Per analogia, in questa vicenda, possiamo notare una notevole discrepanza dal trattamento riservato da parte dell’Occidente nei confronti di questa situazione. Un’altra posizione è stata assunta e continua ad essere mantenuta nei confronti della Russia, dove a Bucha si è direttamente ritenuto di dover accusare la Russia di un eccidio di massa di civili, rifiutando però una commissione di indagine internazionale. Secondo alcune fonti autorevoli, l’eccidio nei confronti dei civili a Bucha sarebbe il frutto di una punizione da parte dell’esercito ucraino. A supporto di questa ipotesi ci sono alcuni elementi oggettivi, come una fascia bianca sui corpi dei civili uccisi e pacchi alimentari distribuiti agli stessi da parte dei russi, oltre a testimonianze di appartenenti alle forze ucraine che hanno chiarito l’intenzione di punire severamente i ‘collaborazionisti’.
Tornando al caso della strage all’ospedale di Gaza, anche in questo caso ci troviamo in un confronto in cui ognuno degli avversari cerca di rivolgere la vicenda a proprio favore suscitando la pubblica riprovazione. Sfugge però il dato che il susseguirsi di atrocità che vediamo ogni giorno è la risposta a un altro eccidio e un approccio sbagliato alle problematiche del popolo palestinese, che ha scelto il terrorismo e l’omicidio di civili come mezzo per rivendicare le proprie giuste istanze. Ovviamente, nessun atto barbaro giustifica una risposta sproporzionata, ma bisognerebbe rendersi conto che le moderne armi da guerra sono forse ‘più intelligenti’, ma notevolmente più distruttive rispetto a quelle usate nelle guerre convenzionali che abbiamo visto in passato.
Il risultato è che la distruzione e la morte di esseri umani è molto maggiore rispetto al passato. Non esiste nessuna umanità nella guerra, se non quella del singolo verso il nemico, e la moralità di chi, a ragione delle proprie convinzioni morali, pone un freno al campo delle possibilità che può mettere in atto per distruggere il nemico.
Per concludere, vorrei sottolineare che la guerra in nessun caso è inevitabile, e spesso le cause che la rendono ‘inevitabile’ sono deliberate: in molti casi chi poi si erge a difensore dei ‘diritti umani’ mette in atto artificiosamente i problemi e le strutture terroristiche ( o le facilita) per creare l’ambiente adatto in cui giustificare un intervento armato o sollecitare l’altrui intervento armato in una situazione di instabilità indotta.