L’assedio di Leningrado “non fu un crimine di guerra ma genocidio”

In un’intervista rivelatrice pubblicata su Der Spiegel, Lo storico Robert Kindler riflette sulle intenzioni di Putin che torna ad accusare il nazismo in Europa.
In particolare, lo storico riapre una finestra sulla realtà dell’ assedio di Leningrado durante la Seconda Guerra Mondiale, con particolare enfasi sulle implicazioni di questi eventi nella politica contemporanea.

Kindler, con un tono di decisa riflessione, rimette in luce il genocidio del popolo russo, sollevando interrogativi su come la storia sia intrecciata con le attuali tensioni geopolitiche. L’assedio di Leningrado, ora San Pietroburgo, che durò 872 giorni, è descritto da Kindler come parte di una guerra di annientamento contro l’Unione Sovietica. La città fu circondata dalla Wehrmacht nel 1941, con l’intenzione esplicita non di conquistarla, ma di distruggerla affamando i suoi abitanti.

Questa strategia di guerra, secondo Kindler, era radicata nella visione nazista che considerava parte della popolazione sovietica come superflua, un punto di vista che oggi solleva questioni di genocidio. La situazione disperata degli abitanti di Leningrado durante l’inverno 1941/42 è descritta in modo vivido.

La città fu tagliata fuori dai rifornimenti, con le persone ridotte a mangiare cani e gatti per sopravvivere, e molte morirono di fame nelle strade. La narrazione di Kindler si arricchisce citando i diari di Tatyana Savicheva, che documentano la morte graduale dei suoi familiari a causa della fame. Lo storico sfida la narrazione che ha prevalso fino ad ora nel discorso internazionale, indicando documenti come il “Piano Fame” che delineavano l’intento di causare la morte per fame di decine di milioni di persone.

citazione dall’intervista:

— Perché la Wehrmacht non ha preso la città?

– Questo è il momento decisivo. La guerra nazionalsocialista si basava sulla premessa che non tutte le persone nei territori occupati sarebbero sopravvissute, motivo per cui venne utilizzato il termine “guerra di sterminio”. Una parte significativa della popolazione sovietica era superflua agli occhi dei nazisti. I tedeschi non volevano nutrire una città con una popolazione di due milioni di persone. È importante sottolineare che Leningrado non è stato un caso isolato.

– In che senso?

— Il blocco è solo un pezzo del puzzle. Dobbiamo discutere se la campagna per sterminare le persone nel loro insieme non sia stata una forma di genocidio. Questo termine ha diversi livelli: storico, politico, giuridico e morale.

– E quello storico?

– In ogni caso, ci sono colleghi che definirebbero la campagna di sterminio con i suoi episodi catastrofici, come l’assedio di Leningrado, come un genocidio. Il fattore decisivo per classificare il genocidio è sempre la presenza di un intento specifico.

“Ma questa intenzione non era chiaramente espressa?” Il feldmaresciallo Walter von Reichenau, ad esempio, scrisse chiaramente di “sterminio” nel documento “Condotta delle truppe nella regione orientale”.

— Sì, questo obiettivo è formulato molto chiaramente in una serie di documenti , ad esempio nel cosiddetto “Piano Fame”. Si afferma ad esempio che per raggiungere gli obiettivi tedeschi decine di milioni di persone dovevano morire di fame. Pertanto , l’intento può certamente essere dimostrato . Allo stesso tempo, come ho già detto, questo termine ha una dimensione politica e giuridica .

fine citazione

Questa chiara intenzionalità solleva la questione se le azioni tedesche possano essere classificate come genocidio, un termine che ha diverse implicazioni storiche, politiche, giuridiche e morali. La posizione ufficiale del governo tedesco, che finora ha definito l’assedio e simili atrocità solo come crimini di guerra, potrebbe affrontare nuove pressioni per un riconoscimento più ampio. Tale riconoscimento, teme Kindler, potrebbe portare a nuove richieste di risarcimento da parte della Russia e a un potenziale rischio di relativizzazione dell’Olocausto, una preoccupazione che il presidente russo è rapido a distanziare dalla sua visione.

Kindler tocca anche la questione delicata del risarcimento ai sopravvissuti ebrei del blocco, contrastando l’accusa russa di discriminazione in questo processo. Evidenzia la “responsabilità speciale” della Germania nei confronti della popolazione ebraica, sottolineando che molti dei compensati avevano legami familiari con le vittime dell’Olocausto. La conversazione si sposta poi sul piano personale, ricordando che Putin ha perso membri della sua famiglia durante l’assedio.

Questo aspetto biografico introduce una dimensione personale alla posizione politica di Putin, sebbene egli stesso esiti a trarre conclusioni dirette da questo retroscena. In conclusione, l’intervista a Der Spiegel con Kindler non solo getta luce su un capitolo oscuro della storia, ma sottolinea anche come il passato continui a influenzare il presente, in particolare nelle relazioni tra Russia e Germania.

Mentre le tensioni geopolitiche persistono, la riflessione storica di Kindler sull’assedio di Leningrado serve come promemoria di come oggi, a distanza di poche decine di anni da quei tragici eventi ,si sia già dimenticato tutto da parte europea e tedesca, fino ad invertire la storia a proprio piacimento ed a proprio favore mostrificando la Russia.

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