Il partito tedesco AFD non vuole più smantellare la UE, ma la nomenklatura lo dipinge come filo Putin e filo XI

Il partito di destra tedesco Alternativa per la Germania (AfD), è bersagliato da accuse di ricevere finanziamenti da fonti estere, soprattutto russe e cinesi, specie in prossimità delle elezioni europee. Basti pensare che qualche mese fa – anche prima di queste accuse – in Parlamento si discuteva se renderlo fuorilegge, in un tentativo di rimuovere un avversario politico che rappresenta una minaccia significativa per la posizione di potere dell’establishment.

Queste accuse stucchevoli “ad orologeria”, ripetitive e prive di fondamento ricordano le campagne diffamatorie precedentemente rivolte ad altri partiti europei, come il Rassemblement National di Marine Le Pen, i Liberalnazionali austriaci e la Lega di Matteo Salvini, che hanno affrontato insinuazioni simili. Questo fenomeno non è dissimile dalla situazione politica vissuta da Trump negli Stati Uniti. Tuttavia, ora in Europa, con il conflitto in Ucraina e una Germania che adotta una postura quasi bellica, sembra che l’uso di qualsiasi mezzo come arma politica sia considerato accettabile, nonostante sia altamente improbabile.

Come riporta Euroactiv, la visione politica dell’AfD è chiara: desidera una trasformazione radicale dell’Unione Europea in una confederazione di stati-nazione con poteri ridotti. Durante il lancio della campagna elettorale, Marc Jongen, uno dei leader del partito, ha ribadito l’intento di limitare il potere dell’UE a favore della sovranità nazionale. Il partito respinge l’idea di un “superstato europeo” e sostiene una ristrutturazione dell’UE che conservi il mercato interno, ma riduca i progetti di coesione.

In sostanza, l’AfD ha abbandonato l’idea di un’uscita della Germania dall’UE, proponendo invece una nuova strategia per “ripensare l’Europa” e trasformarla in una “Confederazione di nazioni europee”.

Sul fronte della politica monetaria, l’AfD continua a opporsi all’euro, proponendo la reintroduzione del marco tedesco. Riguardo alla politica estera, il partito mira a riorientare la Germania verso Russia e Cina, abbandonando le sanzioni contro la Russia e espandendo le relazioni con l’Unione economica eurasiatica. Ma questo lungi dal denotare una dipendenza a questi stati vorrebbe dire una diversificazione strategica della Germania , che avverrebbe senza rinnegare alcuna alleanza.

In questa visione, il sostegno al programma cinese Belt and Road è visto come un mezzo per assicurare una partecipazione attiva della Germania in un contesto internazionale più equilibrato.

Questi sviluppi si sono verificati in un contesto di scandali e controversie, con il principale candidato del partito, Maximilian Krah, che si è distanziato per evitare ulteriori danni alla reputazione del partito.

In parallelo, l’approccio del gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR), promosso da leader come la premier Giorgia Meloni, sottolinea un obiettivo simile: difendere le nazioni dagli eccessi di un superstato federalista e preservare i poteri nazionali contro la centralizzazione europea. Questa visione condivide molti punti in comune con quella dell’AfD, suggerendo un crescente consenso su questi temi tra diversi movimenti conservatori e di destra in Europa. Naturalmente si intende una visione a livello ideale , si deve vedere poi quando nei voti sulle varie questioni questo si concretizzerà.

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