La caduta del governo di Bashar al-Assad in Siria rappresenta un momento cruciale nella geopolitica del Medio Oriente. La fulminea caduta di Assad segna il successo di una strategia di regime change orchestrata dagli Stati Uniti. Questa svolta non è solo il risultato di anni di pressioni politiche, militari e mediatiche, ma anche di una complessa rete di manipolazioni, finanziamenti e alleanze strategiche, che riflettono le ambizioni statunitensi di ridisegnare gli equilibri di potere nella regione.
Una priorità della CIA
Già nel 2017, Julian Assange aveva lanciato un allarme sui conflitti interni all’amministrazione Trump riguardo alla Siria. Secondo Assange, la CIA aveva identificato il rovesciamento di Assad come la sua massima priorità, destinandovi la più grande voce di bilancio. Tuttavia, Trump si era opposto ai piani dell’agenzia, scatenando un’aspra disputa interna. La resistenza di Trump alla linea della CIA ha avuto ripercussioni politiche di vasta portata, tra cui l’accusa, avanzata da alcuni osservatori, che le elezioni del 2020 siano state manipolate a favore di Joe Biden per garantire un ritorno a una politica estera più interventista.
La Dichiarazione di Biden
L’attuale presidente Joe Biden ha ammesso pubblicamente il ruolo degli Stati Uniti nel determinare la svolta in Siria. “Il nostro approccio ha spostato l’equilibrio di potere in Medio Oriente, attraverso una combinazione di sostegno ai nostri partner, sanzioni, diplomazia e uso mirato della forza militare ove necessario”, ha dichiarato Biden, rivelando implicitamente il sostegno continuativo a operazioni come Timber Sycamore, un programma segreto della CIA per armare e finanziare gruppi jihadisti contro il governo di Assad.
Il ritorno della Propaganda
Con la caduta di Assad, è riemersa la narrativa occidentale che dipinge il regime siriano come simbolo di oppressione e barbarie. Immagini e notizie già smentite, come quelle della prigione di Saydnaya e della foto di Omran Daqneesh, il “bambino di Aleppo” del 2016, sono state riproposte per giustificare le azioni dell’opposizione e migliorare l’immagine dei gruppi ribelli, spesso legati a organizzazioni estremiste. Questo copione, già visto in altri contesti di regime change, sembra mirato a legittimare la distruzione e il caos come prezzo necessario per un presunto progresso democratico.
La Nuova Realtà Siriana
Le trattative tra il governo siriano e l’opposizione segnano l’inizio di una transizione politica complessa. Ahmed al-Sharaa, leader di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), un’organizzazione con radici in al-Qaeda, ha avviato incontri con rappresentanti governativi per discutere del trasferimento pacifico del potere e dell’unificazione delle forze armate sotto un comando centralizzato. Questo processo, che prevede anche lo scioglimento delle organizzazioni dell’opposizione, punta alla creazione di un governo di unità nazionale.
Tuttavia, il futuro della Siria appare cupo. Come accaduto in Libia, il regime change rischia di lasciare il paese in uno stato di anarchia, con infrastrutture distrutte, risorse saccheggiate e una popolazione sfollata. La Siria, che sotto Assad aveva garantito un livello di tolleranza religiosa e stabilità superiore a molti altri stati mediorientali, è ora destinata a un lungo periodo di instabilità e sofferenza.
Considerazioni
La caduta di Assad segna l’ennesimo capitolo di un modello occidentale di interventismo che spesso lascia dietro di sé macerie e disillusione. La Siria, un tempo simbolo di resilienza e diversità culturale, rischia di essere ricordata solo come un altro esempio di come il cambio di regime, imposto dall’esterno, possa distruggere un paese e il suo popolo.