Guerra commerciale tra Siria e Turchia: le strategie del regime siriano per affrontare la crisi economica

Recentemente, il governo siriano ha introdotto un drastico aumento dei dazi doganali sulle merci provenienti dalla Turchia, con rincari che vanno dal 300% al 500%. Questa mossa ha paralizzato le esportazioni turche verso la Siria, riducendole da circa 30 milioni di dollari mensili a volumi trascurabili. Al confine, lunghe code di camion carichi di beni si accumulano, incapaci di attraversare la frontiera.

Le tensioni dietro la misura

Sebbene su Internet siano circolate voci riguardo a presunti disaccordi tra le autorità turche e quelle siriane, è importante ricordare che le dinamiche di controllo nella regione sono complesse. Hayat Tahrir al-Sham (HTS), pur ricevendo sostegno turco, non è mai stata interamente subordinata alla Turchia. L’aumento dei dazi, quindi, non è tanto un atto di rottura improvvisa quanto il risultato di una lunga discussione interna al governo siriano. Da tempo, infatti, Damasco valutava l’introduzione di misure protezionistiche per affrontare il difficile contesto economico.

Gli obiettivi della mossa siriana

L’incremento delle tariffe doganali risponde a diverse esigenze strategiche e pratiche:

1. Protezione della produzione locale
Con un’industria in crisi e incapace di competere con le merci turche, il governo siriano cerca di incentivare la produzione interna. In passato, i prezzi erano calmierati da sussidi statali, ma la crisi economica e la svalutazione della lira siriana hanno reso impossibile sostenere questo modello. La concorrenza con i prodotti turchi, spesso più economici e di qualità superiore, rischiava di soffocare definitivamente le imprese siriane.

2. La questione di Idlib e l’espansione del mercato turco
In precedenza, i prodotti turchi erano destinati principalmente alla regione di Idlib, controllata da HTS, dove si utilizzava la lira turca come valuta predominante. Con il tempo, le esportazioni turche si sono diffuse nel resto del Paese, aggravando la crisi dei produttori locali, già colpiti dall’instabilità politica ed economica.

3. Crisi energetica e costi di produzione
L’aggravarsi della crisi elettrica ha ulteriormente aumentato i costi di produzione, mettendo in ginocchio regioni chiave come Latakia. Qui, un tempo cuore pulsante dell’economia siriana, le attività produttive si sono praticamente fermate.

4. Il declino del potere alawita
La regione di Latakia, storicamente controllata dagli alawiti e dalle élite legate al regime, ha subito un drastico cambiamento demografico e politico. L’operazione antiterrorismo nella zona ha portato a una fuga di massa, con molti alawiti costretti a lasciare il Paese o a subire pesanti repressioni.

Conseguenze e prospettive

Questa stretta sulle importazioni turche rappresenta un tentativo del governo siriano di arginare la crisi economica e di evitare che la Siria diventi completamente dipendente dalla Turchia. Tuttavia, le conseguenze di queste misure sono ambivalenti. Da un lato, potrebbero proteggere i produttori locali e limitare l’impatto della concorrenza estera; dall’altro, rischiano di isolare ulteriormente l’economia siriana, già provata da anni di guerra civile e sanzioni internazionali.

L’apertura incontrollata ai prodotti turchi, se lasciata proseguire, avrebbe potuto trasformare la Siria in un vassallo economico di Ankara, con la popolazione costretta a dipendere esclusivamente da beni esteri, aggravando la già estrema povertà. Tuttavia, le misure protezionistiche devono essere accompagnate da politiche concrete per sostenere la ripresa economica e sociale, pena il rischio di un collasso definitivo.

Tentativi di riorganizzare autonomamente l’economia

Le decisioni del regime siriano, pur dettate dalla necessità, riflettono una strategia volta a preservare la sovranità economica del Paese. Tuttavia, l’efficacia di queste misure dipenderà dalla capacità di stabilizzare il mercato interno e di garantire condizioni più favorevoli alla popolazione, già stremata da anni di conflitto e crisi.

Questa analisi si basa su informazioni tratte dal canale Telegram Rybar, specializzato in geopolitica e monitoraggio dei conflitti.

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