New York, 17 dic. (TMNews) – Nessuno si aspetta che l’Arabia Saudita possa essere invasa dai carri armati di un altro Paese. Eppure, il regno dei Saud ha ordinato più di 15.000 missili anticarro dagli Stati Uniti, che saranno forniti dalla Raytheon, una delle più grandi aziende al mondo nel settore della difesa.
L’accordo, notificato dal Pentagono al Congresso statunitense all’inizio di dicembre, prevede – secondo quanto riferisce la rivista Foreign Policy – la consegna dei missili in cambio di oltre un miliardo di dollari. Secondo i dati in possesso dell’International Institute for Strategic Studies, le riserve saudite ammontano a poco più di 4.000 missili anticarro. Nel decennio passato, c’era stato solo un accordo per la vendita, nel 2009, di circa 5.000 missili. Ora, gli analisti politici si chiedono se l’accordo non porti alla luce la volontà di Riad di sostenere i ribelli siriani.
“E’ un numero molto alto di missili, ed è compresa la versione più avanzata del Tow (Tube-launched Optically-tracked Wire-guided, un sistema d’arma controcarro a lunga gittata)” ha dichiarato Jeffrey White, ex analista della Dia (Defense Intelligence Agency) e attualmente al Washington Institute for Near East Policy. “Il problema è: ‘Qual è la minaccia?'”.
Non sembra al momento possibile un confronto militare con Teheran, nonostante le crescenti tensioni e lo scontro nella regione tra i due fronti dell’Islam, l’Arabia Saudita sunnita e l’Iran sciita; se dovesse poi verificarsi, probabilmente lo scontro avverrebbe sui cieli e nelle acque del Golfo Persico. Negli anni passati, Riad ha combattuto contro gruppi ribelli nel nord dello Yemen, che però hanno solo pochi mezzi militari a disposizione. L’Iraq, invece, un tempo seria minaccia per il regno con Saddam Hussein, non costituisce ora un pericolo.
Un alleato saudita, però, avrebbe un disperato bisogno di quelle armi: i ribelli siriani. Già in passato, Riad ha fatto più di una cortesia all’opposizione al presidente Bashar al-Assad, acquistando armi anticarro dalla Croazia per consegnarle ai ribelli, che ora sono addestrati e armati in Giordania.
I sauditi non possono consegnare direttamente i missili anticarro statunitensi ai ribelli, a causa della normativa statunitense molto rigida a tale proposito: chi riceve armi americane non può consegnarle a terzi senza l’esplicita approvazione di Washington. E in questo caso, il via libera americano non è scontato. Anzi, con le crescenti preoccupazioni per il rafforzamento delle forze islamiste nella guerra in corso, che ha portato alla sospensione degli aiuti non letali ai ribelli nel nord del Paese, è quasi certo che l’approvazione non sarà mai data. Anche se le armi statunitensi di ultima generazione, forse, non arriveranno mai in Siria, questo non significa che l’accordo non sia connesso agli sforzi dei sauditi per aiutare i ribelli. Riad, infatti, potrebbe consegnare le proprie riserve – acquistate altrove – all’opposizione siriana, e riempire i depositi con i nuovi missili americani, come ipotizzato da Charles Freeman, ex ambasciatore statunitense in Arabia Saudita.
Tra il 2004 e il 2011, l’Arabia Saudita ha firmato accordi per l’acquisto di armi e mezzi militari pari a 75,7 miliardi di dollari e gli Stati Uniti sono il Paese che ha maggiormente beneficiato delle spese saudite. Cosa vorrà farne, è un mistero: il punto, forse, è che a Riad non interessa usarle. In un momento in cui i rapporti con gli Stati Uniti non sembrano più idilliaci come un tempo, vista anche la recente decisione del presidente Barack Obama di non intervenire in Siria contro Assad, scontentando i sauditi, il denaro può almeno rassicurare Riad che i legami con gli Stati Uniti resteranno forti. “Un lobbista di Washington diceva sempre: ‘Quando compri le armi degli Stati Uniti, non stai solo comprando le armi: stai comprando un rapporto con gli Stati Uniti'” ha raccontato William Hartung, direttore dell’Arms and Security Project al Center for International Policy, think tank di Washington.