Dopo aver subito una sconfitta militare dopo l’altra, l’opposizione radicale siriana, sostenuta dall’occidente e dalle monarchie del Golfo Persico, infligge sempre più crudeli rappresaglie alla popolazione civile. I jihadisti occupano città e siti culturali e religiosi, fino a quel momento rimasti fuori dai combattimenti, proclamandole ad alta voce come sue vittorie.
Ad esempio, in risposta all’avanzata dell’esercito governativo nel Qalamun, fra Damasco e Homs, dove un potente gruppo di ribelli si era riunito per un improvviso assalto alla capitale da nord (questo gruppo è arrivato da 5000 uomini, un anno fa, a 20000 questo novembre), i jihadisti, ancora una volta, aggredivano la vicina città cristiana di Malula.
Dopo atti vandalici e la dissacrazione di antiche chiese, il 2 dicembre sequestrarono 12 suore del convento ortodosso di Santa Tecla, nascondendole nella città di Yabrud, occupata dai ribelli, che dichiararono che avrebbero bruciato il convento e ucciso gli ostaggi, tra cui la badessa Madre Pelagia Sayaf, dopo che l’esercito si era ritirato. La brigata ‘Qalamun libero’, dell’Esercito dell’Islam (Jaysh al-Islam), è responsabile di tali barbarie.
Le agenzie hanno riportato solo l’offerta per scambiare le sorelle sequestrate con un migliaio di prigionieri femminili accusate di favoreggiamento dei terroristi, ma in realtà i ribelli hanno chiesto che le forze governative fermassero il loro attacco a Yabrud e togliesse l’assedio ai ribelli nel Ghuta orientale, in cambio della vita delle sfortunate monache, in altre parole, incoraggiarne la barbarie consegnandogli una vittoria.
Il video trasmesso da al-Jazeera, la rete televisiva del Qatar, allo scopo di dimostrare che le sorelle “sono trattate bene in prigionia” (come se potessero essere considerate prigionieri di guerra!). Tuttavia, è chiaro dalla trasmissione che le monache sono state costrette a togliersi la croce, un insulto alla loro fede. Allo stesso tempo, centinaia di ribelli dei gruppi Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham al-Islami si spostavano da Yabrud a Ranqus, nel tentativo di occupare la vicina città cristiana di Saidnaya. Durante l’attacco alla città hanno usato i lanciagranate contro le chiese e il convento locali.
In Siria orientale, nella città di Raqqah, il gruppo Stato Islamico d’Iraq e Siria (SIIS) ha distrutto tutti i simboli cristiani e in una chiesa della città ha insediato la sua base. In una conversazione con il patriarca di Antiochia Giovanni X, il primo ministro siriano Najib Miqa ha promesso di fare tutto il possibile per liberare le suore rapite, così come i due metropoliti ortodosso e giacobita siriani rapiti dai ribelli. Ha sottolineato la dedizione del governo nel proteggere i luoghi sacri di tutte le religioni nelle zone di combattimento. La diffusa profanazione di chiese cristiane da parte dei ribelli è solo una faccia della medaglia, l’altra è la profanazione dei santuari sciiti, anche quelli per la venerazione dei discendenti diretti del fondatore dell’Islam, così come le moschee vengono trasformate in fortificazioni e depositi dei rifornimenti militari.
Riporta l’inglese Independent che la minaccia terroristica in Europa e negli Stati Uniti dei “jihadisti” in Siria cresce rapidamente. MI5 e Scotland Yard hanno rilevato il primo caso di ribelli inviati dalla Siria a Londra per compiere attacchi terroristici “se necessario”. Nel giugno di quest’anno i jihadisti europei “recatisi” in Siria sarebbero stati 600, e da allora la cifra è quasi triplicata. “Riguardo ai dati europei, si ritiene che siano tra 1500 e 2000”, dice la ministra degli Interni belga Joelle Milquet. “È un fenomeno molto generalizzato”. Gli analisti dell’intelligence occidentali già fanno raccomandazioni per preservare l’Esercito governativo siriano dopo il “rovesciamento del regime di Assad” per combattere gli islamisti, per non ripetere gli errori commessi in Iraq e Libia. Salim Idris, il comandante del filo-occidentale esercito libero siriano (ELS) avrebbe già accettato. Ma l’Esercito siriano sarà d’accordo? Idris si vede più spesso a Parigi e a Londra che sul campo di battaglia, e la sua intenzione di guidare l’esercito dell’”opposizione unita al governo” contro al-Qaida evoca solo sarcasmo.
[pullquote]“Dobbiamo iniziare di nuovo a parlare con il regime di Assad di antiterrorismo e di altre questioni d’interesse comune”, ha dichiarato al New York Times Ryan Crocker, diplomatico attivo in Siria, Iraq e Afghanistan[/pullquote]
Attualmente gli islamisti hanno il controllo totale dell’ELS. Secondo l’Independent, vi sono 22500 combattenti solo del SIIS. Questa organizzazione è particolarmente attiva nel sequestro di persone. Ad esempio, hanno rapito 35 giornalisti stranieri, così come 60 figure politiche e pubbliche. Secondo l’intelligence degli Stati Uniti, più della metà dei 17000 ribelli stranieri che combattono in Siria contro il governo fa parte dello Stato Islamico dell’Iraq e di Siria.
L’ala russofona di questo gruppo, che conta diverse centinaia di combattenti, è guidata da un ceceno della Gola del Pankisi in Georgia, Tarkhan Batirashvili, noto anche come shaiq Umar al-Shishani… Come riporta il Wall Street Journal, Batirashvili fu addestrato dall’esercito georgiano sostenuto dagli statunitensi. Le sue truppe comprendono non solo emigrati dalle repubbliche ex-sovietiche, ma europei noti per la loro “violenza insolita… anche per gli standard raccapriccianti della guerra in Siria”. Anche se le persone vicine a Batirashvili dicono che cerchi colpire un alleato del Cremlino, non nasconde il suo odio per gli USA, scrive il Wall Street Journal. Nel 2008 combatté contro la Russia in un’unità d’intelligence militare georgiana. Vale la pena notare che nel settembre 2010, l’inquieto Batirashvili fu arrestato in Georgia per aver possesso illegale di armi e fu condannato a tre anni di carcere. Tuttavia, nei primi mesi del 2012 fu rilasciato per recarsi subito in Siria. Si potrebbe supporre che questa svolta del suo destino avvenne con l’aiuto dell’ex-presidente della Georgia M. Saakashvili. Le minacce dei jihadisti siriani ai Giochi Olimpici di Sochi vengono collegate a Batirashvili.
Alla fine di novembre, la maggioranza delle organizzazioni su cui l’ELS contava, dichiarò la propria adesione ai “valori islamici e ala sharia”, unendosi per formare il Fronte Islamico (FI) e annunciando la loro vicinanza ai “fratelli di Jabhat al-Nusra”. Il numero totale dei combattenti del fronte appena creato è stimato a 45-60000 uomini. I governi occidentali, che perdono rapidamente il controllo degli eventi in Siria, si sono già affrettati a dichiarare l’FI “una forza con cui è possibile avere una finestra di dialogo”, e hanno anche avviato trattative preliminari con loro. In realtà, l’FI è una copertura e un mezzo per legalizzare politicamente questi “jihadisti” compromessi. Basti dire che chi ha rapito le 12 suore ortodosse di Malula appartiene al Fronte Islamico. Mentre l’antica Malula cristiana veniva vandalizzata, i rappresentanti dei Paesi occidentali, tra cui gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, s’incontravano con i leader dell’FI ad Ankara grazie alla mediazione del Qatar.
Il destino delle suore martiri non è stato discusso in tale incontro. Secondo le informazioni della stampa, nel corso dei negoziati di Ankara gli alleati occidentali hanno cercato di convincere gli islamisti a moderare le loro critiche al Consiglio militare supremo dell’ELS e al suo leader Salim Idris. Da parte loro, coloro che non erano compromessi prima della riunione, chiesero che il Consiglio militare gli mostrasse un sostegno più attivo, con particolare riguardo alle armi. E a quanto pare hanno ricevuto questo supporto. Uno dei partecipanti inglesi ai negoziati ha ammesso al Daily Telegraph che nel Fronte vi sono elementi “sinistri”.
Entrando in contatto con il Fronte islamico, i diplomatici occidentali sperano di evitare che si uniscano ai gruppi ancora più radicali di Jabhat al-Nusra e ISIS, che a differenza dell’FI hanno apertamente dichiarano i loro legami con al-Qaida. Tuttavia, queste speranze non sono giustificate. Solo pochi giorni dopo la riunione ad Ankara, l’FI ha iniziato a scacciare dalla Siria l’Esercito libero siriano. I combattenti del Fronte Islamico hanno sequestro basi e depositi di armi dell’ELS lungo la frontiera turca del governatorato di Idlib. Hanno già occupato i più grandi depositi di armi di Bab al-Hawa.
Alla fine di novembre, all’udienza del Congresso degli Stati Uniti, il massimo esperto del Washington Institute, Andrew J. Tabler, ha riconosciuto che i processi che avvengono in Siria non vi rimarranno, ma inevitabilmente si propagheranno in tutta la regione. E il brusco aumento degli estremisti nell’opposizione siriana rende improbabile aiutare i filo-occidentali bypassando i jihadisti. “Dobbiamo iniziare di nuovo a parlare con il regime di Assad di antiterrorismo e di altre questioni d’interesse comune”, ha dichiarato al New York Times Ryan Crocker, diplomatico attivo in Siria, Iraq e Afghanistan. “Dovrà essere fatto molto, molto tranquillamente. Ma per quanto male sia Assad, non lo è quanto i jihadisti che prevarrebbero in sua assenza”. Anche Z. Brzezinski, noto per la sua antipatia verso la Russia, afferma che la minaccia di un’esplosione del Medio Oriente, e della Siria in particolare, spinge gli Stati Uniti a dover cooperare strettamente con la Russia e la Cina e “in una certa misura, più che con la Gran Bretagna o la Francia”. E il paladino della guerra fredda Brzezinski sa di cosa parla.
La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.