La società civile è stanca della guerra e sta lavorando insieme per la pace. Invece le potenze internazionali vogliono aumentare ulteriormente il conflitto.
di Patrizio Ricci
«Chiedo scusa al popolo siriano. Non siamo riusciti a fare progressi. Ci sarà un terzo round, ma non c’è ancora una data» ha detto il mediatore dell’Onu Brahimi in occasione della fine del secondo round di negoziati del Ginevra2 . Non meraviglia che le due delegazioni non si sono mosse dalle loro rispettive posizioni: gli Stati Uniti hanno boicottato la Conferenza sin dall’inizio suggerendo ai loro alleati di mantenere posizioni assai rigide. Una notizia diffusa da Reuters, permette di dare un giudizio chiaro sulle reali volontà di pace di Washington: mentre le trattative erano in corso, il Congresso USA si è riunito segretamente per votare di armare e supportare i “ribelli in Siria” fino al 30 settembre 2014. Inoltre, ad inasprire ulteriormente un clima già teso Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno messo in atto improvvide iniziative: hanno dapprima accusato il governo siriano di ritardare la consegna delle armi chimiche e successivamente di impedire la realizzazione di corridoi umanitari. Invece ci sono prove che queste situazioni erano dovute a impedimenti oggettivi e non alla cattiva fede degli interessati.
Da parte loro, al fine di esasperare gli animi, i ribelli di Jabhat al-Nusra, tra l’8 e il 9 febbraio hanno messo in atto alcuni sanguinosi attentati che hanno causato decine di morti tra i civili; l’esplosione di un’autobomba alla moschea ad al-Yadouda a Daara ha causato 32 morti e numerosi feriti. Nel piccolo villaggio alawita di Ma’an, nella provincia di Hama si è svolto un vero eccidio. Cinquanta persone (comprese donne e bambini), spesso appartenenti alla stessa famiglia, sono state giustiziate perché appartenenti al ramo islamico alawita del presidente Assad. A fronte di questi episodi di ingiustificata violenza, la delegazione siriana a Ginevra 2 ha sottoposto una mozione a condanna del terrorismo (esclusivamente basata sulle risoluzioni 1267 e 1373 del Consiglio di sicurezza) ma è stata respinta dalla delegazione dell’opposizione armata, senza Washington sollevasse alcuna protesta. Inoltre, la notizia del massacro Ma’an è stata del tutto silenziata dai media nazionali che però non hanno mancato di riproporre la propaganda di guerra anti-regime.
Invece di procedere decisamente per la pace , ancora una volta, la preoccupazione per i paesi sostenitori sembra volgersi verso un attacco ‘umanitario’ a beneficio dei ribelli. Per gli Stati Uniti la legittimazione dell’Onu è preferibile ma non indispensabile. Ci sono chiari segnali che si vada verso azioni militari decise al di fuori delle risoluzioni dell’Onu. Il messaggio lanciato da Barak Obama è inequivocabile. La settimana scorsa, il presidente USA nella conferenza stampa congiunta con il presidente francese Hollande ha fatto capire che l’opzione militare è sempre sul tavolo e le strategie da adottare sono ‘flessibili’: “Mi riservo sempre il diritto di esercitare l’azione militare in nome degli interessi di sicurezza nazionale dell’America ” ha detto. Ed il 15 febbraio lo ha ribadito in una dichiarazione rilasciata in occasione della visita alla Casa Bianca del re Abdullah di Giordania: “Gli Stati Uniti stanno valutando passi intermedi per aumentare la pressione sulla Siria”.
Ed i passi intermedi di Obama in Giordania sono già in atto: gli USA stanno consegnando tonnellate di munizioni per il ‘Fronte del Sud’. E’ su questa formazione che gli Stati Uniti stanno concentrando il loro appoggio: si tratta di 42 diverse di milizie indipendenti riunite in una nuova grande entità di 10.000 uomini. La guerra si svolge sempre su due direttive una sul terreno e una di propaganda. L’immagine dei ribelli quali ‘combattenti per la libertà’ è un po’ sbiadita per il moltiplicarsi delle notizie che indicano come meta della rivoluzione il califfato islamico e non la democrazia. E’ per questo che per effetto di proficui accordi commerciali intercorsi tra importanti agenzie giornalistiche ed i Qatar (ed altri strumenti di pressione), è in corso una fitta campagna mediatica per riaccreditare almeno i ribelli del Fronte del Sud come moderati. Invero, la distinzione tra ‘moderati’ ed ‘estremisti’, sul campo, non si nota poi molto. In molte occasioni ( come in occasione dell’attacco del villaggio cristiano di Maloula) ISIS ed FSA hanno agito congiuntamente. Ed addirittura ad Aleppo la popolazione preferiva i miliziani di al Nusra al posto dei primi.
E’ ovvio che i veri “moderati” ci sono ma sono quelli dell’opposizione pacifica, quella che non combatte affatto. In una parola: i ‘moderati’ sono coloro che non sono stati invitati a Ginevra 2 ed esclusi da ogni processo di pace ( come ad esempio il movimento Mussalaha ed il movimento “Vogliamo, Crediamo, Possiamo”, quest’ultimo con l’obiettivo di salvaguardare lo Stato, ripristinare l’identità nazionale, in un processo di riconciliazione reale, cercando di accorciare le distanze e superare le divisioni nella società siriana). L’intensificazione mediale ha anche un’altra funzione: le campagne massmediatiche si fanno più fitte in prossimità di particolari eventi bellici. Infatti, per alcuni analisti, è del tutto plausibile che Obama sia intenzionato ad ordinare attacchi di droni contro la Siria. Naturalmente, gli attacchi sarebbero indirizzati contro al-Qaeda per la lotta al terrorismo. Però una volta penetrati in territorio siriano , si potrebbero colpire anche le posizioni dell’esercito siriano e facilitare così l’avanzata dei ribelli a sud di Damasco. E’ evidente che per ottenere l’aiuto di Washington occorrono due requisiti: andare contro Assad e rispondere agli ordini del Consiglio Nazionale Siriano presentatosi a Ginevra 2 . Quel che più interessa è avere sotto controllo la situazione.
Non è un mistero che il referente per gli USA è Bashar al- Zoubi (il comandante più di spicco del Fronte del Sud), operi nella stessa centrale operativa di Amman insieme agli uomini delle agenzie di intelligence occidentali e arabe. Quindi le decisioni in merito alle operazioni sul terreno vengono decise congiuntamente ad occidentali ed arabi. E’ certo che gli USA hanno disponibilità finanziare pressoché illimitate ed useranno tutto il loro immenso arsenale militare affinché le cose vadano nella direzione decisa almeno due anni prima che gli eventi bellici avessero inizio (come il ministro Mario Mauro ha testimoniato in un recente dibattito a Roma riportato precedentemente da questo giornale).
Attualmente è in preparazione una controffensiva, ed i rifornimenti di armi si sono intensificati: affluiscono via aerea presso l’aeroporto giordano di Mafraq, situato a 80 chilometri da Amman. Rivela il Wall Street Journal che finora, dall’inizio del conflitto, ne sono affluite ben 600 tonnellate: una quantità sufficiente a sostenere una guerra regionale. L’Arabia saudita, da parte sua, ha già consegnato nei magazzini giordani e turchi una imprecisata quantità di sistemi antiaereo mobili ‘made in China’, detti ‘Manpads’, e missili anticarro teleguidati russi, detti Konkurs. I ribelli del Fronte del sud sono sotto il libro paga statunitense: Washington ha speso 3 milioni dollari per pagare gli stipendi dei combattenti del Fronte meridionale. Le somme sono state consegnate in contanti: l’ultimo pagamento è avvenuto in Giordania il 30 gennaio.
Non esistono per ora opzioni intermedie: il target finale è sempre il rovesciamento del governo attuale con un’altro più favorevole ai propri interessi. Intanto la propaganda si indigna e reclama più attenzione per i diritti umanitari: tutti i paesi che hanno decretato un embargo durissimo che ha concorso alla catastrofe umanitaria, ora si dicono disposti a qualsiasi cosa pur di sostenere il popolo siriano; a patto, naturalmente, che non ci sia la cessazione del conflitto…
( copyright 2014 quotidiano online “La Perfetta Letizia” All rights Reserved. Written For Patrizio Ricci )
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