Crimea: chi è Yelena Mizulina, sanzionata da Obama?

Russia's President Putin chairs a meeting on long range precision weapons at the Bocharov Ruchei state residence in SochiPapaboys

Nessun dietrofront, dopo l’annuncio delle sanzioni dei paesi occidentali, da parte del presidente russo Vladimir Putin che questa mattina ha fatto sapere in un discorso solenne al Parlamento russo, di aver riconosciuto la validità del referendum in Crimea firmando il decreto sull’indipendenza della Repubblica autonoma nel quale la Russia prende atto della “volontà espressa dal popolo del Crimea nel referendum del 16 marzo 2014 e di riconoscere lo “Stato indipendente e sovrano”.

Inoltre, la città portuale di Sebastopoli dove ci sono state delle consultazioni parallele avrà “uno statuto speciale”. Il presidente russo ha informato ufficialmente il parlamento e il governo russo dando disposizione di approvare la bozza di accordo tra la Russia e la Crimea per l’annessione della regione.

La Duma, il ramo basso del parlamento russo, ha adottato una dichiarazione che accoglie favorevolmente l’esito del referendum della Crimea e ha espresso la propria fiducia nei confronti delle autorità locali ritenute in grado di mantenere la pace, la concordia interetnica e interreligiosa e la diversità linguistica.

Il parlamento russo si è inoltre impegnato a contribuire allo sviluppo socio-economico della Crimea e alla sua stabilità durante il periodo di transizione. L’Unione Europea e gli Stati Uniti, anche il Giappone ha disposto un pacchetto di sanzioni contro la Russia proprio per l’avvio delle procedure di annessione della Crimea.

Tra le misure annunciate dal ministro degli esteri giapponese Fumio Kishida anche la sospensione dei colloqui sul rilascio più veloce dei visti, il congelamento del lancio dei negoziati su accordi per investimenti ad ampio raggio e intese bilaterali sull’uso pacifico dello spazio contro attività militari pericolose. Adesso gli osservatori s’interrogano su fino a che punto il presidente russo si spingerà e si evidenziano i timori di nuove annessioni per alcune aree dell’Ucraina Orientale.
[pullquote]Yelena Mizulina è un membro della Duma e c’entra poco o niente con l’Ucraina. Non è un potente politico, non è un alleato chiave di Putin né una mente strategica che ha collaborato con il dispiegamento di forze in Crimea. Ecco perché, mentre tutte le altre persone hanno rilasciato dichiarazioni di questo calibro: «Sono piuttosto felice di ritrovarmi in questa lista di persone», lei ha affermato: «Sono sconcertata, perché mi hanno inclusa? Io non ho conti in banca o asset all’estero e neanche i membri della mia famiglia». Forse però un motivo per colpire Yelena Mizulina nell’ottica dell’amministrazione Obama c’è: lei è la parlamentare che ha sponsorizzato le cosiddette leggi “anti-gay”,[/pullquote]

Gli Stati Uniti, come promesso, hanno reagito approvando sanzioni economiche nei confronti di 10 importanti figure politiche, sette russe e tre ucraine (tra cui l’ex presidente Yanukovich). Se tra i politici colpiti mancano i nomi che contano, come quelli di Putin (presidente), Medvedev (premier), Lavrov (ministero degli Esteri), Miller (ad Gazprom), ne compare uno che sembra non c’entrare niente con lo scopo delle sanzioni: Yelena Mizulina.

L’obiettivo –commenta tempi.it-, è quello di colpire tutti i principali personaggi collegati in qualche modo con il tentativo di annettere la Crimea alla Russia, congelando i loro conti in banca (o altri asset) all’estero e proibendo il rilascio di visti. Tra le persone inserite nella lista nera ci sono Vladislav Surkov, considerato l’eminenza grigia della presidenza e incaricato di favorire un accordo con la Crimea; Sergei Glazyev, consigliere personale di Putin con il compito di sponsorizzare l’Unione Euroasiatica; Leonid Slutsky, membro della Duma con l’incarico di valutare come vengono trattati i russi che vivono all’estero (Ucraina compresa); Andrei Klishas, che aveva proposto in caso di sanzioni da parte dell’Occidente di sequestrare i beni degli stranieri; Valentina Matviyenko, a capo del Consiglio della federazione e importante alleata di Putin; Dmitry Rogozin, viceprimo ministro della federazione, potente politico e fiero nazionalista. E infine, Yelena Mizulina.

Yelena Mizulina è un membro della Duma e c’entra poco o niente con l’Ucraina. Non è un potente politico, non è un alleato chiave di Putin né una mente strategica che ha collaborato con il dispiegamento di forze in Crimea. Ecco perché, mentre tutte le altre persone hanno rilasciato dichiarazioni di questo calibro: «Sono piuttosto felice di ritrovarmi in questa lista di persone», lei ha affermato: «Sono sconcertata, perché mi hanno inclusa? Io non ho conti in banca o asset all’estero e neanche i membri della mia famiglia». Forse però un motivo per colpire Yelena Mizulina nell’ottica dell’amministrazione Obama c’è: lei è la parlamentare che ha sponsorizzato le cosiddette leggi “anti-gay”, proibendo la propaganda Lgbt ai minori e le adozioni agli americani, dopo la legalizzazione da parte di alcuni Stati delle nozze tra persone dello stesso sesso. Secondo la stessa Mizulina, è stata inserita tra i sanzionati come forma di «vendetta per le mie idee. Quello che è appena successo è una violazione dei miei diritti come cittadina e politica». Sicuramente ci saranno ben altre ragioni per cui Mizulina è stata colpita insieme agli altri influenti politici, ma l’ipotesi che Barack Obama voglia continuare ad appoggiare le lobby Lgbt anche attraverso le sanzioni alla Russia non è così remota.

a cura di Giovanni Profeta