Reputo interessante riportare una parte dell’intervento del ministro degli esteri Lavrov alla “Conferenza sui problemi della sicurezza internazionale” di Mosca.
Sarebbe da proporre sopratutto a chi dice che l’Europa ha una vocazione fondamentalmente pacifica…
Non possiamo non rilevare che dopo la caduta del muro di Berlino l’Europa non ha sfruttato l’occasione per mettere in atto uno sviluppo armonico delle relazioni est – ovest ma ha messo davanti alle ex repubbliche sovietiche la scelta dell’antagonismo adottando ancora la vecchia logica della contrapposizione:
“Il continente europeo, dove nel secolo scorso scoppiarono due catastrofi internazionali di portata globale, invece di dare a tutto il mondo un esempio del pacifico sviluppo e della cooperazione su ampia scala, sta nuovamente attirando su di se la maggior parte dell’attenzione della comunità internazionale.
Questa situazione non può non preoccupare, tanto più che non si tratta di una coincidenza, ma piuttosto di una logica conseguenza dell’evoluzione della situazione in Europa negli ultimi 25 anni.
I nostri partner occidentali non hanno saputo approfittare della possibilità, veramente storica, di costruire una Grande Europa senza linee di divisione e hanno preferito l’usuale logica di allargamento verso l’Est dello spazio geopolitico da loro controllato. In sostanza ciò ha significato, anche se in forma attenuata, la continuazione della politica di contenimento della Russia.
Se tutti noi vogliamo sinceramente aiutare il popolo ucraino a superare questa crisi, dobbiamo rinunciare in maniera risoluta ai famigerati giochi con risultato zero, all’incitazione degli umori xenofobi e neonazisti, all’intenzione di lasciarci guidare dal pericoloso complesso di superiorità che, alludendo alla politica UE nei confronti dell’Ucraina, Helmut Schmidt recentemente ha definito “megalomania”.
Purtroppo gli schemi basati sulla propria esclusività, sull’uso dei doppi standard, sulla voglia di trarre dei vantaggi geopolitici unilaterali dalle situazioni di crisi, vengono applicati non solo in Europa, ma anche in altre regioni.
Ciò compromette l’efficacia degli sforzi intrapresi per il superamento delle crisi. Nelle situazioni analoghe si usano approcci totalmente diversi. In sostanza, alle stesse forze in alcuni casi si dà il sostegno (come è stato in Libia, quando i nostri colleghi della NATO hanno attivamene sostenuto gli oppositori del regime) e in altri casi si oppone una resistenza armata, le forze si proclamano terrorististiche (come è successo in Mali, dove le persone che hanno rovesciato Gheddafi contrastavano i contingenti internazionali).
Di conseguenza le parti dei conflitti interni sono tentate a ispirare un’ingerenza armata dall’esterno per raggiungere i propri scopi. Questi scopi spesso non hanno nulla a che vedere con la lotta per la democrazia e i diritti dell’uomo.
Un modello delle relazioni interstatali potrebbe essere l’interazione russo-cinese basata sul reciproco rispetto degli interessi e sull’efficiente lavoro per il bene dei propri paesi e di tutta la comunità internazionale. Proprio su queste basi deve essere creato un nuovo sistema internazionale delle relazioni policentriche in tutti i suoi componenti, compresa la cooperazione internazionale per il rafforzamento della sicurezza regionale.
Un ruolo positivo potrebbe essere svolto dai principi comuni, da concordare, per il regolamento delle crisi, che escludano il doppio standard”.