Siria – il disastro di infiniti progetti di ‘bene’ -(1 parte): è dalle priorità scelte che si capisce qual è la propria moralità.
La Siria è in rovina e conta il maggior numero di profughi al mondo. Su di essa non si è abbattuta una calamità naturale, nè è scoppiata un’epidemia, non è accaduto alcun un’evento imprevisto e imponderabile. Per capire la situazione siriana non servono esperti di geopolitica, nè analisti. Semplicemente, su quel paese ricco di storia e di memoria, si è abbattuta l’imbecillità umana che procede senza più alcuna stella polare.
Gli USA e gli stati europei incapaci di esprimere una politica propria perchè asserviti dalla crisi a Wall Street, hanno pensato di poter governare le forze oscure a proprio vantaggio per poi liberarsene a ‘lavoro fatto’. Hanno pensato di replicare la fine di Gheddafi per avere campo libero ai propri intrighi ed alle proprie lucrose speculazioni economiche, così hanno pensato che questa pratica poteva ‘fungere’ anche in Siria. Ma non è accaduto così.
Questi paesi che prima si sono definiti ‘amici della Siria’ e poi ‘gruppo di Londra’, per la troppa sicurezza del proprio potenziale economico e militare hanno agito come in un video-game: irresponsabilmente hanno accettato di dare un paese in mano a delinquenti comuni e di utilizzarli ancora. Così, quegli stessi individui che mentre Gheddafi veniva ucciso gridavano “Allah Akbar”, sono stati mandati in Siria. Con loro si sono presto aggiunti gli jadisti di 81 paesi, ringalluziti dalle primavere arabe e spinti dal sogno del califfato islamico.
In questo contesto, l’informazione ha fatto da sponda al potere: o meglio, la dis-informazione, del tutto funzionale ai suoi intrighi ed alla disonestà di quel potere, continua a dirci il falso ed a fare i distinguo tra ‘ribelli buoni’ e ‘ribelli cattivi’, nel vano tentativo di non contraddirsi, nonostante le evidenze. Questo tipo di informazione ci tiene aggiornati sul conteggio dei morti, ci mette al corrente delle atrocità degli jadisti, ci fornisce ogni utile indicazione ma a patto che le informazioni date non possano rischiare di provocare in noi, un sussulto, un cambiamento di mentalità, o porci interrogativi. Per questo motivo, la fonte privilegiata dei media continua ad essere l’osservatorio dei ribelli di Londra (referente diretta dei terroristi) mentre il potere tiene occultate le TV satellitari siriane ed ogni voce libera desiderosa di ricostruire.
La ‘mission’ è creare una opinione pubblica distratta che creda che la crisi siriana sia ‘troppo complicata da capire’ perché ‘innumerevoli sono i fattori in gioco’. In questo filone si inserisce l’ultima trovata; è un improbabile anello di congiunzione: è la tesi della rivoluzione ‘sincera’ e poi ‘scippata’ dai jadisti. Serve solo a non smascherare la cattiva fede iniziale e a nascondere e a non dover spiegare la polvere nascosta sotto il tappeto. Purtroppo questa argomentazione non è sostenuta solo dal ‘gruppo di Londra’ e dai principali media nazionali ma è anche supportata dai principali media cattolici che non sono immuni dalla propaganda che viene svolta ad ogni livello. Essa è riproposta continuamente anche da bravi giornalisti come Quirico (l’ultima volta che ha riproposto la versione della rivoluzione ‘scippata’ ai buoni dai cattivi è stato al Meeting di Rimini). La posizione dei ‘ribelli buoni’ e dei ‘ribelli cattivi’ in realtà non chiarisce nulla e nasconde la legittimazione delle rivoluzioni: è una concezione della realtà per niente ‘indolore perché essenzialmente nasconde la concezione di un uomo sottomesso inesorabilmente a determinati fattori sociali e politici.
L’estraneità e l’impotenza che ci pervade quando ascoltiamo questa versione dei fatti dimostrano solo che il gigante (la rivoluzione ed i suoi portavoce) ha i piedi d’argilla sin dall’inizio: infatti, non basta la propria ‘buona fede’ per vedere l’essenziale che la realtà continuamente ci mostra, non basta dire le cose ‘in coscienza’ per cogliere la verità e desiderare il bene. Bisogna piuttosto chiedersi: quali fattori determinano il giudizio che diamo agli avvenimenti? Quali sono le nostre priorità?
E’ dalle priorità scelte che si capisce qual è la propria moralità. E per moralità certo non s’intende il rispetto di regole più o meno giuste ma la moralità è il rapporto che si ha con il Mistero che ha fatto tutte le cose (per i laici le domande fondamentali dell’uomo di giustizia, bellezza, verità). Ed intendo non un rapporto ‘pensato’ ma vissuto. E evidentemente se la moralità è vissuta un giornalista non entra in Siria con i ribelli! La vera moralità segue gli uomini di pace, i patriarcati d’oriente, che sono stati sempre inequivocabili, sin dall’inizio. Il motivo è semplice: quelli che rappresentano il vero cambiamento e la vera speranza , quelli che sanno dell’uomo, stanno nei monasteri.
Ma si decide in altro modo e si racconta una realtà falsata: una concezione dell’io isolata, una visione della vita meccanicistica ed un certo tipo di coscienza di sé e delle cose impediscono un giudizio realmente umano (che è diverso dall’essere ‘compassionevole’..).
Il disastro di infiniti progetti di ‘bene’ -(2 parte): la comprensione della Realtà.
Non è la pretesa ‘realtà oggettiva’ misurata in termini di ‘presenza fisica’ nei luoghi di battaglia , né il conteggio dei morti visti , né le scene drammatiche vissute , forniscono di per sé alcuna comprensione della realtà.
Quando è in ballo la vita dell’uomo, le cose non si possono misurare solamente in termini di massa, peso, nessi di causalità, colpe, scopi da realizzare, statistiche… La vita di un uomo non è un processo deterministico per cui dolore e sofferenza costituiscono sopratutto l’ ingiustizia dalla quale liberarsi e la felicità viene dal soddisfacimento di tutti i propri diritti. Il primo presupposto sbagliato è ritenere che la libertà e la felicità dipendono dal soddisfacimento dei propri diritti: il primo valore è la vita stessa perché è nella vita che può accadere il mostrarsi del Mistero. Ed il Mistero si è mostrato all’uomo (e per i laici è qualcosa che comunque sentono in sé chiaro).
Quindi l’ ingiustizia più grande verso l’uomo che il potere può compiere, è non concedere al popolo di compiere il cammino verso il Tutto; è privare della possibilità di farne esperienza incontrando i testimoni nella tradizione della Chiesa, il mezzo con cui il Mistero ci raggiunge (e per i laici è comunque realizzare e approfondire la propria umanità).
Non c’è nulla di più sbagliato che ritenere che quanto più saranno soddisfatti i diritti l’uomo tanto più egli sarà libero: l’uomo è libero quando ha dei legami che lo fanno essere e che l’aiutano a metterlo in rapporto con il tutto. Ecco perché, secondo una tale visione del mondo la prima libertà dell’uomo è quella di religione. Perchè la pace sociale, la pace esterna (fatta anche dall’assenza di guerre), non è frutto solo delle proprie scelte e dei propri meriti ma anche frutto di Grazia. Non frutto di ‘miracoli’ ma frutto di Grazia che si vede quando un popolo cammina e cresce in pace.
Qualunque progetto di cambiamento deve essere anche accolto e vissuto. Questa evidenza giudica i fatti che hanno contraddistinto ‘il cambiamento rivoluzionario‘. La natura delle prime fasi della rivoluzione non ha nulla di eroico: i ribelli erano animati sin dall’inizio da un progetto violento, confidavano su un appoggio esterno di paesi di conoscevano le finalità non sincere ed era notorio che questo progetto passava per la distruzione indiscriminata della vita civile. E’ la rivoluzione che giustifica tutto, priva della minima cognizione del bene comune. Sappiamo che sin dall’inizio numerosi sono stati i casi di uccisione di siriani: rei di non aver ‘rispettato’ l’obbligo di astenersi dal lavoro andavano a lavorare, perché si voleva prostrare ‘lo stato’. Tutti i metodi erano giustificati da quest’ultima ‘ragione’, anche l’omicidio. Fin nella fase iniziale del conflitto, l’esercito libero siriano (ossia i ‘ribelli moderati’) ha messo in atto attentati non curandosi delle vittime innocenti. E non solo: i mujaheddin hanno svuotato dei macchinari le fabbriche di Aleppo, hanno depredato magazzini, effettuato rapimenti a scopo di estorsione: in definitiva hanno usato gli stessi metodi dei terroristi, anche se scala minore (e meno diffusa su youtube). La considerazione dei ribelli per i civili può essere sintetizzata dalla sottrazione di acqua alla popolazione nella città di Aleppo e dal lancio indiscriminato e non mirato di colpi di mortaio che mietono quotidianamente vittime. Inutile dire che la protesta della comunità internazionale non è sincera: chi ha contribuito in modo determinante allo sfacelo, usa i morti come ‘leva’ per il regime change (che è l’unica preoccupazione). E paradossale che chi punta il dito sono le stesse forze che hanno distrutto l’Iraq e la Libia provocando la morte di milioni di persone: quando c’è di incapacità e quando c’è di colpevole complicità nel vedere l’albero e non la foresta?
La fasi successiva sarà l’esito non accidentale di quel progetto: solo a parole era fondato su quella libertà con cui si sono giustificati gli eventi violenti (almeno sin quando indirizzati verso Assad).
La famosa dichiarazione di Hillary Clinton secondo la quale gli USA si sono serviti dei terroristi poi però questi ‘sono sfuggiti di mano’ documenta che chi è al potere e tiene le redini del mondo non ha una minima cognizione del Mistero e sa meno del mondo di una vecchietta che dice il Rosario in Chiesa (per i laici: è un’idiota).
La menzogna è chiara eppure nessuno sembra accorgersene. Quella siriana non è stata mai una vera rivoluzione perché “un metodo rivoluzionario è essenzialmente positivo: afferma; dichiara; mostra; è fecondo, è tutto una ripresa di forze, tutto pieno della sua forza e poggia la sua forza in se stesso. E’ uno dei più grandi errori del tempo moderno, uno dei più grossolani, e conseguentemente uno dei più diffusi, immaginarsi che una rivoluzione sia essenzialmente corrosiva, che una rivoluzione sia essenzialmente un’operazione che distrugge. Una rivoluzione è essenzialmente una operazione che fonda” (da i supplici paralleli, cahier – Peguy)
Sempre Peguy (nel ‘cahier’ del 17 luglio 1910), ci ricorda senza ipocrisie ciò che solo può cambiare la vita: “Quello che c’è di più di imprevisto è sempre l’avvenimento. Basta avere un po’ vissuto fuori dai libri di storia per sapere, per aver provato che tutto quello che si vuol far emergere è generalmente quello che accade di meno e quello che non si vuol far emergere è generalmente quello che semplicemente accade“.
E’ così innanzitutto l’uomo ha in sé qualcosa di irriducibile che nessuno gli può togliere, ciò produce frutto ed è incidente nella società quando ha coscienza di sé.
La tradizione di un popolo è qualcosa di diverso dal potere che lo organizza il suo vivere.
“La nascita di un popolo è una concezione della vita, è un sentimento del reale, è una onestà di fronte alle circostanze, è una risposta intensa di fronte a una provocazione, secondo una visione e secondo una percezione del proprio destino di verità e di felicità” (don Luigi Giussani – Si può vivere veramente così?).. e quale posto al mondo aveva una ricchezza così grande come la siria?
Sì, certo, lo stato siriano aveva i mali di molti regimi mediorientali, retaggio di avvenimenti storici, la corruzione dilagante, il monopartitismo (poi in parte superato) ma era una situazione in divenire. Non sta a me giudicare … ma chi ancora oggi sostiene ‘ la cura’, ‘questa cura’ o è un pazzo o è un cieco…
Il cambiamento proviene dall’essere. Non basta il solo ‘desiderio’ di cambiamento: “il desiderio diventa sicuro di sé quando (…) domanda, quando il desiderio del cuore diventa domanda. E la domanda si sostiene su una certezza , nella risposta che la grande Presenza dà , perché la grande Presenza lo ha promesso” (don Luigi Giussani – Si può vivere veramente così?).
Il problema è dove si basa la pace e la concordia. La pace e la concordia non vengono dall’insieme di troppe cose. “La pace vera, che supera ciò che noi possiamo pensare , non riguarda solo i rapporti tra gli uomini tra loro, ma, principalmente, i rapporti tra gli uomini ed il proprio creatore. Su questo punto di capitale importanza, la responsabilità degli uomini è venuta meno. E in verità questo non stupisce; non meraviglia che tutto questo sia stato dimenticato da un mondo che ha ripudiato Dio” (Il Padrone del Mondo – Robert Benson).
Mi ha sempre impressionato l’esperienza delle monache trappiste di Azeir (Siria) che conosco personalmente. E’ la dimostrazione che il cambiamento avviene da un seme, da un’umanità nuova. Un cambiamento è possibile solo da ciò che già c’è in se stessi, non da una religione ma da ciò che essa genera in termini di cultura ed umanità nuove.