“Un passo di pace” contro il metodo della guerra (ma fino ad un certo punto)

Il 21 settembre si è svolta a Firenze l’iniziativa per la pace “un passo di pace”. E’ stata organizzata da un network di organizzazioni, che comprende Rete della pace, Sbilanciamoci, Controllarmi . Non si tratta di una un’iniziativa qualsiasi: hanno aderito sigle e associazioni che raggruppano circa 7 milioni di italiani. L’occasione è stata la ricorrenza del 21 settembre, in cui l’Onu celebra la Giornata internazionale della Pace. Il comitato organizzatore chiede tante cose, la stragrande maggioranza buone. Il volantino programmatico ( scaricabile qui: Piattaforma_PassodiPacedefinitiva ) dice che è necessario «riportare al centro la società civile».

Tuttavia, il documento “un passo di pace” mostra alcune gravi imprecisioni. Relativamente alla Siria, si ha l’impressione di una mobilitazione caratterizzata da uno scarso approfondimento di ciò che lì è avvenuto. Nel testo viene utilizzata la teoria della ‘ rivoluzione scippata’. Ma la narrazione che la rivoluzione ‘buona e pacifica’ è fallita per la repressione e per le forze oscure non corrisponde al vero. E’ il tentativo degli USA e degli ‘amici della Siria’ di giustificare il fallimento del ‘regime change’ per la qualità della ‘mano d’opera’ utilizzata: quella jadista. Una fatalità per Hillary Clinton, che in una recente  intervista riconosce che gli jadisti sono stati usati in chiave anti-Assad ma che poi sono ‘sfuggiti di mano’.  E’ chiaro che l’ammissione del carattere proditoriamente sedizioso della rivoluzione non può far coesistere la versione della ‘ rivoluzione scippata’

Qualcuno obietterà se è il caso di prendersela con un documento pacifista.. Non lo faccio a ‘cuor leggero’ ma è necessario denunciare certe distorsioni: uno dei motivi del perdurare della guerra è proprio il travisamento della realtà sulle cause e gli attori del conflitto, le numerose menzogne e le reticenze dei governi. Non è accettabile che i governi invece di servire la pace ed il bene comune procurino consapevolmente indicibili orrori e sofferenze alle popolazioni per soddisfare determinati fini geopolitici e finanziari. In questo contesto non certo esaltante, non mi sembra il caso che anche una iniziativa di pace dia il suo contributo a questa devastazione umana. Ogni iniziativa di pace non può prescindere dal partire da una posizione di verità. Perché la realtà senza verità è di per sé violenta. E sposare le premesse, la narrazione dei ‘rivoluzionari’ siriani (che è la stessa della retorica dei media mainstream), è un modo di agire di per sé violento che ha una responsabilità nel perdurare della guerra.

Proseguendo nelle omissioni e nelle distorsioni del documento, non posso non segnalare che nonostante la ‘rivoluzione siriana’ sia la replica della messa in scena della rivoluzione libica (creata per provocare l’intervento umanitario che ha distrutto il paese e danneggiato gravemente l’Africa) , secondo il comitato organizzatore si tratterebbe di una ‘rivoluzione spontanea di popolo’. Nel documento si sostiene che solo dopo 8 mesi (dalla sua data d’inizio, il 15 marzo) la rivolta sia degenerata mentre prima “i siriani sono scesi in piazza in maniera ‘trasversale e non violenta” .
Non è vero, la rivolta armata è avvenuta praticamente subito, dopo soli 2 mesi e mezzo (e non 8 come sostiene il documento): è infatti il 4 giugno 2011 che avviene, per la prima volta, un’azione di protesta in cui i dimostranti prendono le armi e reagiscono violentemente agli apparati di sicurezza. Accade a Jisr ash-Shugur, nella provincia di Idlib, vicino al confine con la Turchia. I dimostranti aggrediscono le forze di polizia uccidendo 8 persone e prendono il controllo della locale stazione di polizia, saccheggiandola e distribuendo le armi contenute al suo interno. Gli scontri continuano per una settimana, nella quale i gruppi armati assaltano centrali di polizia e uccidono un totale di 120 poliziotti. A luglio due principali città siriane, Damasco e Aleppo, registrano alcune manifestazioni di opposizione, ma il numero di partecipanti è molto basso e non si verificano significativi atti di repressione. Le piazze principali sono invece teatro di oceanici raduni di manifestanti filogovernativi .

Nel documento “un passo di pace” si descrivono come unici responsabili della distruzione del paese ‘le forze lealiste’ : ” In tre anni e mezzo le forze lealiste hanno distrutto buona parte delle infrastrutture del Paese radendo al suolo Homs (terza città della Siria) ed oltre metà di Aleppo, infliggendo gravi danni al patrimonio archeologico e costringendo alla fuga quasi metà della popolazione” . E’ vero che i bombardamenti dell’esercito nei quartieri in mano ai ribelli hanno distrutto quasi completamente raso al suolo Homs ma chi è potuto fuggire, è fuggito. Si tratta di un esercito di leva, addestrato per le battaglie campali e non per la guerriglia. Che l’esercito siriano abbia preso di mira la popolazione è un falso, che questi abbia usato certi metodi dubbi è un’altra cosa. Ma non si può tacere che c’è chi ha usato volutamente il crimine: i ribelli nella Homs vecchia si sono fatti scudo della popolazione. Certi episodi non sono ‘interpretabili’ e non sono riconducibili ad ‘effetti collaterali’: ad Aleppo i ribelli hanno interrotto l’erogazione dell’acqua potabile alla popolazione, bersagliando i quartieri non in mano loro con di tiri indiscriminati di mortaio. E le infrastrutture industriali e le attività commerciali del paese non sono state distrutte dall’esercito ma dai ribelli per far collassare lo stato. Inquadrati in questo contesto, sono noti gli assalti e le stragi dei ribelli condotte senza alcuna finalità strategica, contro la popolazione, solo per seminare il terrore e con finalità settarie (vedi la strage di Latakia). Maloula è il simbolo di questo modo di operare: in moltissimi casi, l’unica motivazione degli attacchi è stata quella di voler punire chi non si è schierato e per inimicizia alla propria fede. Da qui la devastazione delle chiese e dei simboli religiosi. E la lista di eccidi è lunga.

Ogni qualvolta l’esercito siriano ha ripreso il controllo dei villaggi , la gente è tornata e si è sentita protetta. Le atrocità di ISIS fanno solo parte solo di questo ultimo capitolo che vede l’organizzazione jadista progredire nelle conquiste, ma i delitti non sono stati compiute solo da ISIS. Anche se ISIS colpisce sopratutto le minoranze non sunnite, la popolazione è stata sempre alla mercè delle forze ribelli che hanno imposto nei territori conquistati la professione del credo della loro ‘rivoluzione’, pena la morte o la fuga.
Si parla della ‘rigida dittatura di Assad’ senza fornire alcun particolare. E’ il mantra con cui tutti i media mainstream ci hanno bombardato per anni rimanendo sempre nel vago e nelle parzialità. Il risultato è che la maggior parte degli italiani oggi ormai non sente più la necessità di maggiore approfondimento.

Quello di Assad è stato un regime non liberale per i nostri canoni ma che ci piaccia o no, il regime Bath nei suoi 40 anni di potere, a differenza di quello che succede nella stragrande maggioranza dei paesi arabi, ha assicurato la libertà alle minoranze e laicità dello stato. Nessuno dice, nell’enfasi di adottare la neolingua dei media mainstream (del tutto funzionale a sè stessa), che dal 2000 quando è andato al potere Bashar al Assad , ha avviato una politica di riforme, lenta, ma che ha determinato un inizio di novità nel paese. Per questo, l’Italia il 10 marzo 2010 ha premiato Assad con la massima onorificenza, quella di ‘Cavaliere di gran croce decorato di gran cordone dell’Ordine al merito della Repubblica italiana’.
La verità è che le sue aperture hanno suscitato malumori nei ‘duri e puri’ del partito Baath che le hanno considerate eccessive mentre invece diversi strati della società civile si aspettavano di più. Ma sopratutto si è fatto nemica l’ala estremista dei sunniti: sono i ‘salafiti’, coloro che vogliono un ritorno all’Islam ‘puro’. Sono questi ultimi il motore della rivoluzione siriana, coloro che hanno impresso una accelerazione nel senso voluto all’ insurrezione. Si sono impadroniti della ‘rivoluzione’ perché appunto era pianificata da tempo, complici potenze regionali e, per ragioni geopolitiche, Washington.
Chi oggi descrive le prime fasi della rivolta si dimentica sempre che il governo siriano ha risposto positivamente a tutte le richieste di riforma come il multipartitismo e la riforma della Costituzione, ma nessuno sembra essersene accorto. I nemici che perseverato nella guerriglia e negli attentati terroristici non lo hanno continuato a combatterlo per il suo scarso liberalismo all’occidentale…
Era un fermento di sedizione che aspettava solo il momento propizio per esplodere e mimetizzarsi dentro i primi moti di piazza. Come un cavallo di troia . Ai danni degli ignari cittadini mentre i nemici all’esterno del paese s’indignavano ma applaudivano. Il piano ricalcava il ‘promemoria’ libico: è stato il ‘bollettino dei naviganti’ dei combattenti rivoluzionari.

Nel documento programmatico si sostiene che gli USA ‘hanno approfittato’ della rivoluzione per mettere in atto le loro mire sul paese. Gli USA come l’ultimo convenuto? Non è corretto: la ‘rivoluzione’ è stata pianificata ‘a tavolino’ molto tempo prima da Washington e dai nemici di Assad nell’area (tant’è che ci sono prove di riunioni effettuate prima della rivolta tra l’amministrazione americana e i capi dell’opposizione armata).
Non c’è quindi da meravigliarsi se quelle manifestazioni sono state quasi subito diventate violente. Gli obiettivi sono stati da subito caserme e forze di polizia, e contemporaneamente le industrie, le centrali elettriche, i nuclei nevralgici dell’economia del paese. E le stragi, i rapimenti, la depredazione delle fabbriche di Aleppo sono la vera fisionomia della ‘rivoluzione’. Nel frattempo la comunità internazionale chiudeva definitivamente ogni via di pace e soffiava sul fuoco… Si costituiva addirittura un organo internazionale che potesse adempiere meglio il compito della sedizione: ‘gli amici della Siria’, un arbitro schierato, tutt’altro che neutrale. Piuttosto un centro operativo delle operazioni belliche.
Il documento dell’iniziativa pacifista descrive le forze ribelli. Esse sarebbero composte da “un fronte più “moderato” costituito dall’esercito libero siriano ed un fronte salafita costituito principalmente da Jabhat Al Nusra e Ahrar Al Sham”.
E’ sconvolgente che si consideri al Nusra come ”una delle due componenti delle forze moderate” quando invece essa è la sigla di al Qaeda in Siria. Per non parlare dell’altra organizzazione, “Ahrar Al Sham” (anch’essa fa parte dell’Esercito Libero Siriano, cioè i ribelli moderati): ha come obiettivo dichiarato di rimpiazzare il governo siriano ( laico) con uno Stato islamico.

Potremmo andare avanti ma penso sia sufficiente per indurvi ad una riflessione sulla preparazione di chi ha redatto il documento e sulla sua corrispondenza alla realtà.
Positivo, comunque, visto le premesse, che i pacifisti non abbiano chiesto bombardamenti diretti sull’esercito siriano. Lo ha fatto per lungo tempo tutta la stampa italiana ed i governi che si sono succeduti, chiedendo la replica dell’intervento umanitario libico.
Gli estensori del documento programmatico infine sembrano non ricordare che nelle conferenze di pace Ginevra 1 e poi Ginevra 2, sono stati proprio ‘i ribelli moderati’ e gli USA hanno voluto emarginare la società civile.
Purtroppo sono sviste causate dalla la narrazione alla quale i pacifisti si sono ispirati. Sì chiede la condanna delle guerre: bene. Ma i giudizi lasciano l’amaro in bocca.

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