Racconto di una piccola azione non violenta (cartello e discorsetto) davanti al vicesegretario generale della Nato Alexander Vershbow e a militari assortiti, durante la conferenza stampa di presentazione delle manovre TRIDENT JUNCTURE, aeroporto miliatre di Trapani, mattina del 19 ottobre 2015. Successivo resoconto della cerimonia e della mostra di velivoli da guerra e altre bellezze. Poesia finale per un mondo post-NATO.
di Marinella Correggia- fonte: http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=3061#sthash.aOF5pph9.dpuf
Un modello di riferimento inarrivabile, per un’azione diretta durante una conferenza stampa? Munthazar al Zaidi, il giornalista iracheno che a Baghdad lanciò le sue scarpe a George W. Bush urlando «in nome delle vedove, degli orfani e del milione di uccisi in Iraq». Finì in carcere, e torturato, per quasi un anno: vilipendio di capo di Stato estero. Ma qui, all’aeroporto militare di Trapani, sotto il tendone della conferenza stampa che presenta le esercitazioni Trident Juncture dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico detta anche Nato o Alleanza atlantica, quali conseguenze avrebbe avuto il lancio di una scarpa – senza mirare bene, per carità – contro l’ignaro vicesegretario generale della Nato Alexander Vershbow? Chissà.
Dire al vicesegretario generale Vershbow che l’organizzazione è criminale e va dissolta
Alzare un cartello contro la Nato criminale, comunque, non comporta conseguenze. Te lo tolgono e basta. Sarebbe stata efficace e forse ugualmente non sanzionata una pioggia di monetine da 5 cent. Ma come sarebbe stato accolto un cartello con la stella a 4 punte (il simbolo dell’Alleanza) trasformata facilmente in svastica? Troppo tardi per pensarci. Non ci sarà un altro accredito stampa, ormai!
Andiamo per ordine. Alexander Vershbow ripete quel che ha detto poco prima, alla cerimonia di apertura di Trident Juncture. La solfa è «le esercitazioni della Nato sono vitali per la sicurezza, la democrazia nel mondo, l’autodifesa»; infatti, «ogni giorno ci sono nuove sfide; così dimostriamo che possiamo difendere ogni alleato». Grandi minacce contro i valorosi paesi membri si addensano infatti cupe e infingarde. Vengono da Est, «la Russia si è annessa la Crimea», da Sud, «la Russia è entrata in guerra in Siria» (non importa che Mosca sia l’unica a combattere con successo contro il califfato e a farlo autorizzata dal governo locale come richiede l’Onu – lo ha detto forse meglio di tutti famiglia cristiana giorni fa). E l’Alleanza è estremamente impegnata contro il terrorismo, visto che «gli Stati falliti come la Libia e la Siria fanno sì che i gruppi estremisti avanzino».
Dopo alcune domande falso-provocatorie da parte di testate italiane ed estere («Perché non dite che le manovre Trident sono una risposta alla minaccia da parte della Russia?») e le risposte («ma no non è così»), ha inizio l’azione diretta da parte dell’attivista accreditata come giornalista free-lance alza un cartello, per il vicesegretario lì davanti e per telcamere fotografi e giornalisti lì dietro. Il microfono ottenuto per fare la domanda diventa occasione per un sermoncino rivolto al vicesegretario, quindi in inglese – inutile parlare ai responsabili italiani. Ecco più o meno il testo, dagli appunti: «Lei ha detto che la Nato combatte il terrorismo, ha anche nominato la Libia e la Siria come Stati falliti. Ha parlato di autodifesa collettiva dei membri. Ma in realtà fu proprio la guerra della Nato in Libia nel 2011, travalicando il mandato dell’Onu, a trasformar quel paese in Stato fallito, a mettere al potere jihadisti e a contribuire al diffondere di gang terroriste in Medioriente e Africa. E sono i paesi membri della Nato a fare in modo diretto e indiretto guerre che rovinano nazioni e distruggono; altro che autodifesa. Di recente poi, il bombardamento sotto le insegne della Nato, per mezz’ora e più, dell’ospedale a Kunduz in Afghanistan. Allora, nonostante tutto questo tragic record, questa storia tragica, come mai la Nato non viene mai incriminata? Al massimo paga una piccola mancia ai familiari delle vittime… ». Hanno lasciato dire tutto. Devono mostrarsi buoni, non far scoppiare il caso. L’Italia è democratica, la Nato di più.
Prima che Vershbow risponda, l’attivista accreditata come free-lance lì davanti e per le telecamere lì dietro. Sulla carta bianca, la scritta nera, con pastelli a cera oleosi (però sbavano; l’acquerello rende meglio). Su un lato, in inglese, la frase «Nato must dissolve»; sull’altro «Nato never pays for crimes». Ovviamente le mani di un soldato di vedetta si allungano subito e strappano via l’inelegante intrusa: cioè la carta. Invece l’attivista sotto mentite spoglie viene lasciata lì seduta, la Nato è democratica e protegge i civili, anche quelli ottusi e ingrati come questa qui.
Vershbow risponde compito, come a una vera domanda: «La Nato in Libia ha protetto i civili, abbiamo agito per evitare una strage» (ormai si sa che era tutto falso, ma chi protesta?). Per giustificare il caos successivo, spiega: «Quel che è successo dopo, è frutto forse di giudizi approssimativi….» (mis-judgements). Quanto all’Afghanistan, «ci scusiamo tantissimo per il tragico errore» (quasi un’ora di errori?); naturalmente «è in corso un’approfondita inchiesta, e siamo sicuri che non si ripeterà più».
Mentre si avvia all’uscita, l’impassibile vice-segretario generale viene omaggiato, con un altro blitz, della poesia «scritta da un profugo iracheno, la legga» ribattezzata Il mondo dopo la Nato. Invece le copie disponibili per i giornalisti vengono sequestrate.
Impatto mediatico? Contenta la televisione russa in lingua inglese Rt. E poi, qualche foto è stata fatta. Alcuni giornalisti locali non hanno visto bene ma vengono a informarsi. Il reporter di un’agenzia internazionale che in passato ha coperto manifestazioni pacifiste a Roma senza però riuscir poi a farsi trasmettere, osserva: «In altri tempi questo dissenso ti sarebbe costato caro. Adesso, come dicono a Roma, gli rimbalza. Anzi, aiuta a parlare dell’evento Nato!» Ma se gesti così si ripetessero ogni volta, fastidiosi come zanzare? E se fossero dieci alla volta i cartelli, alzati da mediattivisti? «Ah beh, allora fareste effetto». Del resto, non è nel farsi arrestare il senso di un’azione diretta con la quale si irrompe «a casa del diavolo», proprio sotto il naso dei guerrafondai e della supponente stampa mainstream. Il senso è far vedere che sappiamo. Nel racconto di Andersen Gli abiti nuovi dell’imperatore, il bambino dice all’imperatore che è nudo, glielo dice in faccia e tutti i presenti sono obbligati ad ascoltare.
Fine della storia della piccola azione diretta nonviolenta.
Ma forse a qualcuno interessa anche uno sguardo dal di dentro, sulla mattinata all’aeroporto militare di Trapani fra cerimonie ed esibizioni statiche e in volo. Uno sguardo insolito, visto che non erano presenti giornalisti anti-Nato. O almeno non si sono espressi.
Ecco qua, per la serie «ho visto cose…». Al fondo, la poesia.
Antefatto. Tutti hanno sempre detto che un ente dannoso va sciolto
«Nato, rest in peace». «Nato, riposa in pace». L’augurio più geniale rispetto al destino della macchina da guerra atlantica risale al 1967: un libro di Paul Martin per la «Campagna dei giovani per il disarmo nucleare». E se in Italia tutto sommato possiamo puntare a un «Visto che è Nato, morirà», non era male neanche «The Coming Dissolution of Nato» («Il prossimo scioglimento della Nato»), titolo di uno scritto dell’attivista statunitense Albert Weisbord pubblicato da La parola del popolo nel 1977. Weissbord sbagliò in pieno. Negli anni 1950 era stato invece preveggente l’economista gandhiano J.C. Kumarappa. Pochi anni dopo la nascita della Nato nel 1949 – dunque precedente il Patto di Varsavia – egli scrisse: «Con il pretesto dell’autodifesa, viene istituita la Nato: per dividere il mondo in due blocchi. Grazie alla Nato, uno Stato aggressore riesce a far dichiarare ‘aggressore’ la vittima e a usare contro questa le armi unificate del grosso energumeno e dei suoi alleati» (pubblicato in Economia della condivisione, Centro Gandhi).
In effetti l’Alleanza atlantica si proclama organizzazione per l’autodifesa collettiva ma fa tutt’altro: negli ultimi anni ha disfatto la Libia, distrutto la Jugoslavia, continua a far stragi in Afghanistan. Divora risorse e distrugge. Non è semplicemente un ente inutile. E’ un ente disutile. E gli enti disutili vanno cancellati.
La Nato festeggia in questi giorni i quattro anni dall’uccisione del leader libico Gheddafi, coronamento di sette mesi di bombardamenti in appoggio ai «partigiani rivoluzionari». La Libia ridotta a failed state esporta terrorismo. Ma la Nato non paga mai per i danni. Nessuno va in prigione se per conto della stella (uncinata) a 4 punte uccide e rade al suolo. E al massimo le vittime ottengono qualche migliaio di dollari di mancia.
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