DI GARETH PORTER
Quelli che vogliono il cambio di regime in Siria stanno impacchettando nuovamente i loro piani per rivenderli a Trump.
Ma è sempre il solito pacco
Una nuova coalizione di organizzazioni con sede negli USA sta spingendo per un intervento ancora più aggressivo da parte degli Stati Uniti contro il regime di Assad. Purtroppo per loro sia la guerra in Siria sia la situazione politica in patria si sono rivoltate drammaticamente contro l’obiettivo.
Quando era stata formata lo scorso luglio, la coalizione sperava che un’amministrazione Clinton avrebbe raccolto i loro propositi per un supporto maggiore verso i gruppi armati anti-Assad. con Donald Trump alla Casa Bianca però, i supporter di una guerra in Siria hanno pochissime chance che la loro idea attecchisca.
Uno dei modi che stanno preparando per avere appeal sul nuovo governo è di includere la proposta di un impegno più massiccio dell’esercito USA a supporto di gruppi armati in un più complesso piano per contrastare al-Qaeda, che ora si autodefinisce Jabhat Fateh al Sham.
Il fondamento logico dipende da una distorta visione delle difficili relazioni tra i ribelli definiti “moderati” e i reparti siriani di al-Qaeda.
Il piano per la Casa Bianca Clinton…
Il “Gruppo per combattere al-Qaeda in Siria” è stato formato lo scorso luglio dal CNAS, assecondando un documento diffuso ad un evento del Consiglio Atlantico del 12 gennaio.
Il “Gruppo” comprende Charles Lister dell’Istituto per il Medio Oriente e Jennifer Cafarella dell’Istituto per gli Studi di Guerra: entrambi sostengono l’intervento militare diretto degli Stati Uniti contro il regime siriano, a supporto dell’opposizione armata.
Il CNAS ha dato la credibilità politica per unire la coalizione in circostanze che apparivano molto favorevoli. Michele Flournoy, fondatore e CEO del CNAS e ex ufficiale di terzo grado del Pentagono, era considerato la papabile scelta della Clinton come Segretario alla Difesa durante le elezioni presidenziali. Il report del giugno 2016 di un “Gruppo di Studio” del CNAS, supervisionato anche da Flournoy, era perfettamente in linea con la posizione della Clinton, la quale sosteneva apertamente un intervento più aggressivo in Siria da parte degli Stati Uniti.
Il report reclamava una “zona senza bombardamenti” proclamata dagli USA per proteggere l’opposizione armata, sostenuta dalla CIA, dagli attacchi russi e siriani. Flournoy aveva parlato di questa strategia in un’intervista, come per dire al governo russo e a quello siriano “Se voi bombardate i ragazzi che sosteniamo, contraccambieremo usando gli stessi mezzi per distruggere le forze di supporto [russe] o gli asset siriani”.
La nuova coalizione di sostenitori ha iniziato ad incontrarsi la scorsa estate quando la situazione politica negli USA sembrava favorevole ad una campagna politica che spingesse l’intervento militare in Siria.
Il 30 settembre, Lister ha diffuso un lungo saggio in cui si faceva appello agli Stati Uniti per fornire missili antiaerei ai gruppi di opposizione “moderata” e di minacciare attacchi all’esercito siriano, se questo avesse violato il cessate il fuoco. Lister stava ovviamente sperando che la Presidente Clinton avrebbe adottato quella strategia pochi mesi dopo.
…reimpacchettare per il Presidente Trump
Ora il nuovo gruppo strategico sta provando a vendere la stessa idea a Trump, definendola una “strategia olistica e preventiva di contro-terrorismo per dare potere ai Siriani moderati… perchè vincano contro gli estremisti…”. Sostiene che al-Qaeda stia cercando di prendere il controllo di aree attualmente controllate dalle forze “moderate” per stabilire un “ordine sunnita estremista duraturo in Siria”.
Ma l’argomentazione che questi gruppi armati, che il governo USA aveva supportato in passato, sarebbero preparati a resistere al califfato di al-Qaeda con più soldi, più armi e bombardamenti USA contro l’esercito di Assad, è troppo lontana dalla realtà per avere appeal a Washington. Infatti i cosiddetti “moderati” in Siria non sono mai stati realmente indipendenti da al-Qaeda. Dipendevano dalle disciplinate truppe di al-Qaeda, dai suoi stretti alleati e dalle strategie da questa messe in atto per mettere pressione al regime di Assad.
Lo stesso Lister è chiaro a riguardo. All’interno del suo piano che prevede che gli USA sfruttino la minaccia militare, non è previsto che l’opposizione “moderata” armata dalla CIA termini la propria collaborazione militare con Fateh-al-Sham o che si separi fisicamente da essa, come previsto dagli accordi per il cessate il fuoco di febbraio e di settembre.
Lister ha esplicitamente dichiarato che “è improbabile che questa cooperazione diminuisca significativamente” – anche se le sue idee venissero messe in atto.
Piuttosto, l’idea del piano di Lister era di forzare le negoziazioni con il regime di Assad. Quell’obiettivo ovviamente necessitava che il potere militare di Fateh el-Sham e di Ahrar al-Sham prendesse il sopravvento.
Lister e i suoi compari della coalizione non sembrano i grado di poter vendere alla nuova amministrazione l’idea che qualcuno dei gruppi armati siriani che la CIA ha supportato possa prendere in considerazione l’idea di opporsi a fateh al-Sham in alcun modo.
Esercito siriano: l’unica alternativa?
L’editorialista del Washington Post David Ignatius ha di recente detto di aver incontrato alcuni dei leader di Harakat al-Hazm, considerati tra i più promettenti gruppi armati “moderati” in Siria, in una zona sicura in Turchia verso la fine del 2014. Li aveva trovati “sconfortati”, perchè gli USA avevano appena messo in atto un pesante bombardamento contro dei membri di al-Qaeda che sembrava stessero organizzando un attentato terroristico ai danni dell’occidente.
Avevano detto ad Ignatius che, a causa del bombardamento, quello che era chiamato all’epoca Fronte Nusra non avrebbe ulteriormente tollerato le operazioni del gruppo. Poco dopo il meeting, il Fronte Nusra aveva in effetti tagliato fuori Harakat al-Hazm e si era impossessato dei missili TOW e degli altri equipaggiamenti militari che la CIA gli aveva dato in dotazione.
Le parole di Ignatius palesano una realtà fondamentale del nord della Siria, che si protrae dal 2013, semplicemente ignorata dai media: tutti i gruppi dell’opposizione sono stati assorbiti dall’ordine politico-militare controllato da al-Qaeda. L’idea che i gruppi “moderati” possano ergersi contro al-Qaeda, che ora viene additata da Lister, Cafarella e dal CNAS, non ha alcun tipo di credibilità nemmeno nelle zone di Washington che una volta erano propense a crederci.
Un segno rivelatore del cambio di attitudine da parte di Washington nei confronti di quei gruppi è il fatto che Ignatius abbia usato il passato remoto riferendosi al programma della CIA di armare i gruppi “moderati” in Siria, nell’articolo del mese scorso.
La leadership militare negli USA non è mai stata d’accordo con la politica di fare affidamento sull’armare quei gruppi per portare avanti gli interessi degli USA in Siria fin dall’inizio.
Ha riconosciuto che, nonostante le gravi mancanze del regime di Assad, l’esercito siriano era l’unica istituzione del paese che veramente si opponesse ad al-Qaeda e all’IS.
Sembra probabile che l’amministrazione Trump ripartirà da questo punto per provare a ricostruire dei rapporti dalle ceneri dei fallimenti dell’amministrazione Obama.
Gareth Porter, apparso originariamente su Middle East Eye