Quando l’io diventa ‘opera’

Il video di don Gabriele Mangiarotti mi pare tocchi quando io ho proposto oggi ai miei amici di facebook, vi ripropongo la mia provocazione; non vuole essere assertiva o esaurire nulla.  … è anche vero però che  la soluzione non è mai quella di abbassare l’asticella o di considerare quella della formazione dell’io e della testimonianza due momenti differenti.

[su_quote]Siria, caos mediorientale, posizione dell’occidente, del nostro paese, giudizi falsi dell’informazione, immigrati, ius solis…Europa, politica, temi inerenti la difesa della vita, la famiglia etc. Quando affronto certi certi temi, alcuni miei amici si fanno una scrollatina di spalle e dicono “..si d’accordo, ma è qualcosa più grande di me” – ed aggiungono – “che ci posso fare?”. Ebbene questo è un preciso giudizio di valore.

Poi mi dicono che noi cristiani siamo chiamati solo – come compito principale – a testimoniare e dicendo questo intendono nella sfera strettamente ‘privata’.

Ma quali sono le sfide di oggi? E qual’è ‘il prossimo’? Siamo sicuri che il tema principale, come pare, sia innanzitutto intorno a quelli che noi chiamiamo ‘i migranti’ ? Siamo sicuri che tutta la vita – come è la tendenza generale oggi – sia un fatto emotivo? Siamo sicuri che non occorra a volte prendere decisioni al di fuori dell’ambito sentimentale? Altrimenti mi spiegate come si può – ad esempio – seguire la Chiesa quando chiede di non dar retta al nostro cuore? (Come ad esempio a volte nel matrimonio,o in certe situazioni laceranti e difficili?)

E siamo certi invece che la risposta non sia un’altra? Cioè che tante cose accadono perché il cuore non è educato? Siamo sicuri che certe decisioni non accadono per un deficit culturale, informativo e deviante? E siamo sicuri che le innumerevoli influenze non abbiano reso il nostro amore infantile?
Di fronte a tutto questo, anziché recuperare culturalmente le ragioni si dice che la strada sia l’umanizzazione ulteriore della fede.

Ma dire che la fede non occorra ‘umanizzarla’ è un controsenso: è già umanizzata, è addirittura una persona; l’umanizzazione di Dio l’aveva già fatta Cristo.
Educare i propri figli o mettere su famiglia, studiare o qualunque altra cosa non è dissimile dal prendere qualsiasi altra decisione e certo non esonera alla necessità continua di formulare un giudizio morale. Questo accade se si ha un io che ha conosciuto l’incontro con Cristo o comunque se si è pienamente uomini, cioè se si è consapevoli di essere fatti. Vivere in unità vuol dire che tutto ‘ha che fare’, e di questa chiarezza di cuore c’è bisogno non lassù ma quaggiù dove è stato promesso se si ha questa purezza, il centuplo.

Ci verrà chiesto ragione di tutto, non in termini di chiarezza ma di purezza, cioè di giudizio morale e di appartenenza. Questo è il compito della vita, che tutto abbia attinenza e per vedere questa unità che c’è, occorre cercare questa purezza di cuore e fare i passi adeguati tenendo conto di ciò che il Divino ha posto come strada..

Di fronte ai drammi della vita è vero che tutto assume un significato di essenzialità e di domanda semplice , di salvezza e di abbraccio di perdono, e questo basta se le circostanze della vita sono tali. Ma ciò non evita che chi può, quando può – se la propria condizione è per esempio quella di essere insegnante o comunque se la realtà lo richiede – è chiamato a porsi queste domande.[/su_quote]

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