La ragione addotta dalla coalizione internazionale che vuole fermare l’offensiva siriana a Damasco è il motivo umanitario. Ma prima essa stessa ha liberato la città siriana di Raqqa con bombardamenti stile Dresda ed ha riempito la Siria di armi miliziani arruolati da ogni parte del mondo.
[su_heading style=”flat-light” size=”19″]Così Usa e sauditi vogliono insediare al Qaeda alle porte di Damasco.[/su_heading]
Quanto accade alle porte di Damasco, nell’enclave di Ghouta, va sempre collocato nel contesto del Piano Feltman-Bandar di destabilizzazione della Siria.
PATRIZIO RICCI – Sussidiario.net
Esistono 29 risoluzioni in cui l’Onu sostiene fermamente l’unità e l’integrità territoriale della Siria. Ciononostante, l’Onu richiama continuamente il governo siriano affinché interrompa l’operazione militare “Damascus Steel” che ha lo scopo di riprendere interamente il controllo della capitale, Damasco. Ciò avviene mentre le forze turche che hanno circondato Afrin (invadendo il territorio siriano), si vantano di aver “neutralizzato” circa 3mila uomini delle milizie curde. Queste ultime sono le forze di Unità di Protezione Popolare (Ypg), quelle stesse forze che hanno combattuto valorosamente l’Isis a Raqqa e Kobane, ma a favore delle quali ora né gli Stati Uniti, né le Nazioni Unite, reputano di dover muovere un solo dito, eccetto lanciare vaghi richiami alla “moderazione” verso Ankara.
Quindi vige il sistema di ”due pesi, due misure”: gli Stati Uniti e i propri alleati chiedono che il governo siriano tolleri al Qaeda e altre milizie jihadiste a Ghouta, alle porte della capitale Damasco, mentre si consente alla Turchia di massacrare i curdi ad Afrin, peraltro invadendo impunemente il territorio siriano ed utilizzando anche per questo le milizie irregolari del Free Syrian Army.
Ma non è tutto: le critiche e i moniti più severi verso Assad arrivano proprio dagli Stati Uniti che hanno occupato illegalmente il nord della Siria. Washington considera la zona ad est dell’Eufrate ormai come proprio territorio: come abbiamo visto, se i soldati siriani provano a valicare l’Eufrate per riprendersi i pozzi petroliferi, vengono uccisi a centinaia.
Per far interrompere l’avanzata governativa si sta usando ogni stratagemma, come quello di insistere sul numero di persone che popolerebbero l’enclave: circa 400mila, secondo i principali media. Ciò è evidentemente impossibile perché essendo l’enclave occupata dai jihadisti inizialmente pari a circa 185 Km quadrati — se la cifra fosse veritiera — vorrebbe dire che la regione di Ghouta, che è la campagna di Damasco, avrebbe una densità di popolazione di gran lunga superiore alla capitale stessa, sta a dire 2.162,16 abitanti per km quadrato: questa è la misura.
Comunque se non ci mette la coda il diavolo, l’offensiva militare in Ghouta Est si sta evolvendo positivamente e si concluderà presto sulla falsariga di quanto è già accaduto ad Aleppo, dove — come ricorderete — i civili sono stati fatti sgomberare attraverso i corridoi umanitari. Attualmente più del 50 per cento della superficie totale dell’enclave è stata riconquistata ed il restante perimetro ancora in mano ai miliziani è stata diviso in tre sacche. Man mano che l’esercito siriano avanza, la popolazione prende coraggio. In particolare, quella di al-Ghazalaniya (vedi video) ha dato vita a manifestazioni spontanee in cui chiede a gran voce ai terroristi lasciare la città per impedire che i combattimenti causino ulteriori morti e distruzione. Questo tipo di manifestazioni si sono verificate anche in altri centri.
Accanto ai combattimenti è continua l’opera di persuasione — affidata all’intermediazione russa — affinché le milizie jihadiste lascino gli insediamenti in cambio di un lasciapassare, sulla falsariga di quando è già avvenuto ad Aleppo ed in altre località siriane. Degno di nota che la prima iniziativa di questo genere si è conclusa positivamente venerdì, quando è stata possibile l’evacuazione di 13 miliziani con al seguito le proprie famiglie, alla volta di Idlib.
Ricordiamo che le milizie jihadiste non permettono l’evacuazione dei civili all’esterno delle aree di combattimento (lo ha riconosciuto ora persino il New York Times) e che quando la popolazione tenta ugualmente di fuggire, viene fatta segno di tiri di arma da fuoco e mortai. Ciononostante 300 civili venerdì sono ugualmente riusciti a fuoriuscire dalle aree di combattimento.
Ricordiamo che la sottrazione di fette di territorio siriano e l’opera continua di destabilizzazione in atto è parte integrante di un progetto noto come “piano Feltman-Bandar” che è stato preparato dagli americani e dai sauditi nel 2011 per smembrare la Siria. In questo contesto, il tentativo principale che l’occidente sta cercando di mettere in atto è quello di indurre le milizie jihadiste a mettere in atto un attacco chimico “false flag”, utile a porre le basi legali per permettere agli Usa e agli alleati di lanciare un vasto intervento militare in Siria per logorare ulteriormente le forze armate siriane: è questo il principale pericolo che incombe sulle forze di Assad.
E’ emblematico che l’ultima segnalazione dell’utilizzo di gas clorino è stata effettuata il 6 marzo dal dott. Shajul Islam, processato per reati di terrorismo ed accusato di appartenere al gruppo che ha rapito il reporter britannico John Cantle. Shajul è stato assolto solo perché i testimoni sono spariti. Secondo quando riportato da MailOnline, il dott. Shajul non potrebbe neanche più fregiarsi del titolo di medico in quando risulta che sia stato radiato dall’ordine. Ovviamente questi sono particolari utili per esprimere riserve verso notizie date come certe ma che certe non sono affatto. La narrazione dei fatti offerta dai grandi media generalisti è così fuorviante che negli ultimi giorni ha provocato l’intervento di numerosi religiosi, responsabili delle comunità cristiane in Siria. Tra questi interventi, vi segnaliamo quello delle suore trappiste siriane, che hanno indirizzato una lettera aperta ai media italiani.
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