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A USA e UE del Libano e dei cristiani non importa nulla e così si oppongono al ritorno in patria dei rifugiati siriani

Il 25 marzo il presidente libanese Michel Aoun si è recato in visita a Mosca per incontrare il presidente della Federazione Russa Valdmir Putin. I giornali russi riferiscono che Aoun  è stato accolto al Cremlino sia come rappresentante della comunità cristiana sia come presidente libanese, ed hanno notato che il governo russo tiene ottime relazioni sia con i leader libanesi che con rappresentanti di varie forze politiche e fedi .

Ricordo che il 31 gennaio in Libano è stato annunciato il completamento della formazione di un governo di unità nazionale guidato dal primo ministro Saad Hariri. Oltre al presidente Aoun, il nuovo governo comprendeva 30 ministri che rappresentavano tutte le comunità etniche e confessionali del paese e praticamente tutte le forze politiche di spicco.

La visita ufficiale di Aoun in Russia, è un importante segno del riconoscimento del coinvolgimento della Russia nell’equilibrio geopolitico che si è recentemente creato: la Russia è coinvolta direttamente nel conflitto siriano ed il Libano e la Siria si possono considerare come ‘vasi comunicanti’. Inoltre, è da ricordare che sia il Libano che la Siria, così come la Giordania ed Israele , in realtà fanno parte di un unico spazio geopolitico, diviso dopo la prima guerra mondiale in seguito all’accordo Sykes-Picot.

Oggi   – come un articolo di Middle Est Eye spiega molto bene – sul Libano gravano due grossi problemi. Il primo di questi, è che “gli Stati Uniti nel contesto del confronto globale con l’Iran cercano di isolare politicamente e indebolire finanziariamente  Hezbollah, attraverso severe sanzioni che colpiscono il settore bancario, considerato la locomotiva dell’economia”.

Inoltre, “la pressione degli Stati Uniti sta creando tensioni tra gli alleati di Hezbollah e gli amici di Washington, che siedono insieme nel governo libanese, che potrebbe destabilizzare il paese“.

Altro problema che grava sul Libano in questo momento, è l’enorme mole di sfollati siriani. Anche in questo caso, il mantenimento di questa situazione è deliberata perché è uno straordinario strumento di pressione politica e di reindirizzamento del consenso.

Non è strano quindi che il presidente Aoun abbia messo quest’ultimo argomento al centro della sua visita di due giorni a Mosca (Le retour des réfugiés syriens et le sort des chrétiens d’Orient au menu de la visite de Michel Aoun à Moscou – Middle Est Eye):

Michel Aoun incolpa anche gli occidentali, guidati da Washington, di non tener conto degli interessi del Libano nella gestione dei rifugiati siriani. Il capo dello stato non ha trovato riscontri positivi nelle capitali occidentali per il suo piano di incoraggiare il ritorno in Siria di oltre un milione di sfollati (un quarto della popolazione libanese), la cui presenza in Libano è un peso demografico ed economico troppo pesante per il paese dei Cedri.

Washington, Parigi, Berlino e Bruxelles hanno fatto orecchie da mercante alle ripetute richieste del presidente Aoun e del ministro degli Esteri Gebran Bassil sulla necessità di organizzare il ritorno dei rifugiati. Queste capitali credono che un tale processo non possa e non debba aver luogo prima della soluzione politica della crisi siriana.

Il Libano, da parte sua, sostiene che la cessazione dei combattimenti in molte aree e la loro sicurezza consentono a un gran numero di rifugiati di tornare nelle loro città e villaggi. Aoun e Bassil e altri funzionari hanno anche fortemente criticato le conclusioni della conferenza di Bruxelles III, tenutasi giovedi, 14 marzo confermando la politica occidentale di fornire assistenza finanziaria per mantenere i rifugiati nei paesi ospitanti.

Fonti politiche libanesi spiegano che i paesi occidentali non vogliono il ritorno dei 5 milioni di rifugiati esterni prima delle elezioni presidenziali programmate nel 2021 in Siria, nella speranza di pesare sul risultato di queste elezioni che dovrebbero essere organizzate sotto la supervisione di osservatori internazionali. La permanenza di rifugiati nei paesi ospitanti consente di sottrarli dall’influenza del governo siriano (Middle Est Eye).

I paesi occidentali affinché questo problema non sia superato agiscono vari modi: 1) esercitano pressioni sul Libano e sugli altri stati limitrofi  affinché i profughi non tornino in patria; 2) subordinano gli aiuti all’accettazione della predetta condizione; 3) continuano a tenere le truppe di occupazione in Siria sottraendo territorio e risorse; 4) agiscono apertamente e ‘dietro alle quinte’ affinché qualsiasi entità armata anti-siriana eteroguidata ‘ammorbidisca’ il governo siriano; 5) esercitano pressioni con le sanzioni e tramite allo scopo di fiaccare il consenso della popolazione verso Assad.

Naturalmente il tutto è condito da un sapiente uso degli organismi internazionali per trovare legittimità internazionale e consenso alle proprie politiche predatorie. L’attenzione di Washington e di Bruxelles è concentrata sulla realizzazione di piani geopolitici che vanno contro i popoli e le loro legittime aspettative.

@vietatoparlare

 

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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