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Abbattimento dell’aereo sui cieli dell’Ucraina: prevale la fretta di una soluzione di forza.

 

Sullo sfondo, la scelta è se ripensare la strategie adottate per risolvere i conflitti o spingere ancor di più verso l’escalation e la crisi globale.

di  Patrizio Ricci

Il Boeing 777 della Malaysian Airlines con 298 persone a bordo, è stato abbattuto vicino a Donetsk, nella zona dei combattimenti tra le provincie autonomiste filo-russe e l’Ucraina .
Allo stato dei fatti è assolutamente sconosciuto la paternità del crimine, anche  se è quasi certo che l’aereo è stato abbattuto da un missile terra-aria.
I media hanno subito sposato la versione americana ed ucraina della responsabilità dei filorussi.  In realtà  in proposito non c’è chiarezza:  le prove riportate non sono basate su dati certi ma sulle dichiarazioni interessate delle controparti, dove quelle  dei ‘nostri’ prevalgono trascurando le dichiarazioni degli ‘altri’: e i tam-tam rispecchiano paesi in guerra di cui una parte ha più tamburi. Solo un’inchiesta indipendente sulle cause della caduta del velivolo stabilirà le responsabilità: purtroppo questo dato sembra irrilevante.

Se prevalesse la prudenza e la ragionevolezza tutte le parti converrebbero di attendere i risultati di un’indagine indipendente obiettiva. Appurata la responsabilità dell’abbattimento (o peggio l’intenzionalità dell’atto), il giudizio sarebbe netto.  Da quel giudizio dovrebbe partire l’azione.
Ma anche a quel punto, ci si troverebbe davanti ad una decisione difficile, ci si troverebbe davanti ad un bivio:  si dovrebbe scegliere se utilizzare questa strage di innocenti per amplificare ancor più pericolosamente  il clima di guerra a livello internazionale o trovare altre soluzioni possibili. L’azione non necessariamente è quella militare:  le vere ‘azioni sono le decisioni che hanno gli orizzonti più ampi. Sono quelle  prese di responsabilità  che pur non favorendo le ingiustizie salvaguardano  il bene più grande: quello della pace tra i popoli.  Di fronte all’imbarbarimento di un conflitto portare avanti ognuno le proprie ragioni fino alla totale istruzione non è un atteggiamento responsabile.

Per  scongiurare l’escalation militare occorrono altri metodi che di questi tempi sembrano sconosciuti alla Comunità Internazionale. L’abbattimento del volo civile dovrebbe rendere più consapevole la comunità internazionale del deterioramento del clima internazionale. Un atteggiamento serio dovrebbe non solo fare  considerazioni sulla responsabilità di questa deriva ma propendere per un mutamento di strategia al fine di riconciliarsi ed abbassare i toni.

Sono queste, in breve,  le implicazioni che dovrebbero ragionevolmente scaturire dai fatti.  Purtroppo non sta avvenendo questo:  nel  corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca il presidente degli Stati Uniti ha detto che “non sarebbe stato possibile per  separatisti far funzionare simili sistemi d’arma … senza formazione sull’utilizzo di attrezzature così sofisticate e la formazione che è venuta dalla Russia”.
E soprattutto è rilevante che il presidente degli Stati Uniti abbia detto che l’incidente aereo dovrebbe essere “un campanello d’allarme per l’Europa e per il mondo” e che il conflitto in Ucraina non è una minaccia “localizzata”. “La posta in gioco è alta per l’Europa, non solo per il popolo ucraino”.
Questa breve dichiarazione stabilisce a priori che:  a)  le forze armate ucraine non sono responsabili dell’accaduto; b)  la Russia è responsabile dell’abbattimento dell’aereo della Malaysia Airlines.
L’intenzione di Washington, sin dall’inizio, è stato quella di trasformare la crisi ucraina in crisi globale.
Adottando la chiave di lettura americana, l’episodio ha l’effetto di superare la riluttanza europea a inasprire le sanzioni verso la Russia. Lo scopo è chiaramente ripristinare un mondo diviso in blocchi in cui la Russia torni a rappresentare una minaccia globale.

Non è piacevole fare analisi su un fatto così increscioso, si rischia di apparire irrispettosi del dramma umano dei passeggeri del volo MH17. Ciononostante, si sarebbe veramente cinici se si perdesse di vista che da questo evento può derivare un fatto che coinvolgerebbe milioni di vite umane:  l’incancrenirsi di una situazione ambigua a livello mondiale.

Infatti si è su questa strada:  da parte occidentale si è subito stabilito che la responsabilità ricade sulla Russia e si è deciso l’aggravamento delle sanzioni economiche verso la Russia.
Non possiamo fare a ameno di ricordare che il tenore delle dichiarazioni siano le stesse che hanno caratterizzato in Siria l’attacco chimico  nel quartiere di Ghouta  a Damasco. In quell’occasione,  prima di alcuna indagine, si era stabilito che l’esercito siriano era responsabile dell’utilizzo dei gas nervini contro la popolazione inerme. La rappresaglia internazionale guidata dagli USA era stata scongiurata in ‘extremis’ grazie alla mediazione della Russia e all’appello del Papa.  Successivamente numerose prove hanno stabilito l’esatto contrario: erano stati i ribelli appoggiati dall’Arabia Saudita ad aver pretestuosamente organizzato  ‘false flag’ per scatenare la reazione occidentale.
Ma la vicenda si è ‘sfumata’ come punti di sutura autoestinguenti , fino a non parlarne più.
Gli USA, sfruttando la propria autorevolezza internazionale ha  in molte occasioni presentato ‘prove’  che si sono rivelate successivamente false. Quel che è paradossale e che una volta stabilito la verità dei fatti non ne è mai seguita una correzione nel modo di fare politica in campo internazionale.
La falsa strage da parte di Gheddafi  che ‘bombardava i civili’, le false fosse comuni a Tripoli, le armi di distruzione di massa  di Saddam Hussein sono tutti esempi di utilizzo di prove volutamente artefatte per giustificare l’intervento armato contro paesi che hanno avuto la colpa di non essere amici, non corrispondenti con i propri interessi.
Nel caso dell’abbattimento dell’aereo civile sui cieli dell’Ucraina si esclude categoricamente che le forze armate ucraine possano essere responsabili di un errore o che peggio l’atto sia stato compiuto deliberatamente per alzare il livello di tensione internazionale.
Giacché non lo ha fatto ancora nessuno,  vorrei qui ricordare che in un’altra occasione è stato abbattuto con un missile un aereo civile nei cieli dell’Ucraina. Non sono stati i filo-russi che allora non esistevano. E’ accaduto nel 2001: nel corso di una esercitazione una batteria di missili dell’esercito ucraino centrò un Tupolev civile russo provocando la morte di 78 persone.

Le domande inevitabili (ma rimosse) dalla diplomazia internazionale occidentale sono le seguenti: quando le proprie azioni possono avere conseguenze gravi  è più sufficiente agire su basi indiziarie? Ed ancora: perché  il concetto di ‘azione’ viene ridotto sistematicamente sulla soluzione della guerra?

 

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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