Cultura e Società

Aborto in Costituzione: altare di un nuovo credo repubblicano

Con l’inserimento dell’aborto nella Costituzione, la Francia ha varcato una soglia pericolosa. Tale mossa sembra essere dettata da un intento di cristallizzare una “verità” incontrovertibile, precludendo ogni possibilità di revisione futura. Questa decisione, oltre a rendere vietata ogni forma di obiezione, si rivela pericolosa: trattare come indiscutibile ciò che invece appartiene all’ambito del dominio del dibattito razionale minaccia di erodere il diritto al dissenso, in nome di un presunto interesse superiore dello Stato.

Si è aperta una breccia, e sembra che ciò sia solo l’inizio di un conflitto più ampio. L’impressione è che non ci si fermerà qui. Le misure adottate della UE sono in sintonia e l’inserimento in Costituzione dell’aborto e l’agenda 2030 insieme sembrano servire a un’agenda più ampia, la cui urgenza e priorità non sono per nulla evidenti. Coloro che hanno accolto con entusiasmo queste novità non sembrano percepire l’ironia della beffa dietro l’angolo. (Vietato Parlare)

MANIF POUR TOUS” by Philippe Agnifili is licensed under CC BY-ND 2.0

L’aborto in Costituzione è il tabernacolo di una religione repubblicana

di Federica Di Vito (Il Timone)

La Fondazione Jérôme Lejeune, fondazione scientifica e medica specializzata nella ricerca sulla disabilità intellettiva genetica, torna sull’inserimento del diritto all’aborto in Costituzione, partendo dalle basi: «La scienza riporta una totale continuità nello sviluppo dell’essere umano dal momento della fecondazione, prima e dopo la nascita», dichiara, «la genetica mostra che l’embrione è un essere distinto dalla madre, dotato di un DNA completo e unico e di una vita propria».

L’aborto uccide, senza mezzi termini. Le persone con disabilità sono le sue prime vittime, basti pensare che in Francia le persone con la trisomia 21 possono essere eliminate fino alla nascita e il 97% degli screening prenatali positivi ricorre sistematicamente all’aborto. Non si tratta più di screening, ma di eugenetica. E oltre a far fuori delle vite umane, ora in Francia si toglie di mezzo anche la possibilità di proseguire il dibattito bioetico.

La fretta e l’unanimità con cui si è deciso di inserire il diritto all’aborto in Costituzione – prescelto come priorità per la società francese – non lasciano spazio ai dubbi, l’obiettivo è imporsi. Come viene spiegato sul sito della Fondazione, ora il limite per la propria libertà d’espressione è ancora più vago e la clausola di coscienza gravemente minacciata: «Sarà ancora permesso a una madre di esprimere la sua sofferenza a seguito di un aborto? Al padre di supplicare per tenere suo figlio? Sarà ancora permesso parlare delle conseguenze dell’aborto sulla salute mentale, o di promuovere le soluzioni alternative che esistono?».

Non si tratta solo di un testo simbolico, non è solo la vittoria di una certa posizione politica e ideologica, ma è segno di una vera e propria deriva totalitaria. In un’intervista Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondazione Lejeune, afferma che la costituzionalizzazione di questo “diritto” ha come priorità «imbavagliare il dialogo». A forza di gridare “mon corps mon choix” si nega ciò che è palese a tutti i libri di medicina. Il cuore batte dalla 4a settimana e fermare un cuore che batte significa uccidere. Questo primo passo è di fatto la base per altri sviluppi, «come l’attuazione della legge che penalizza il reato di ostacolo», prosegue Le Méné. A quel punto si incorrerà in una pena detentiva anche solo presentando alla donna un’alternativa all’aborto. Non si potrà neanche affermare che l’aborto è un omicidio, «la verità tecnica e pratica di questo atto è totalmente occultata. Quindi, in effetti, costituzionalizziamo la menzogna», prosegue Le Méné.

Ecco che si impone la religione repubblicana di cui l’aborto è «proprio il tabernacolo», afferma ancora Le Méné. E si porta dietro la celebrazione mortifera della morte in tutte le sue forme, non è un caso, affermano ancora dalla Fondazione, che l’adozione di questa legge sia avvenuta pochi mesi prima dell’apertura dei dibattiti parlamentari sul fine vita: «La storia dell’aborto in Francia illustra drammaticamente che le trasgressioni bioetiche sono scatole di pandora. Nel 1975, nessuno immaginava che l’aborto, crimine depenalizzato, eccezione al diritto alla vita, sarebbe diventato un valore costituzionale 50 anni dopo».

La dignità umana muore tra ovazioni in Parlamento e festeggiamenti sotto là Torre Eiffel. Forse saranno le sale degli ospedali, dei consultori, in quel silenzio dove la verità si fa più tangibile di quattro striscioni sbandierati al vento, a sbatterci in faccia la realtà. «Quando abbiamo superato l’autorizzazione all’aborto da 12 a 14 settimane», racconta Le Méné, «sono rimasto colpito nel vedere che i ginecologi erano per lo più contrari» perché diventa «più traumatico anche per gli assistenti che non bisogna dimenticare. Inoltre, sempre meno professionisti vogliono farlo. Quando fai anni di studi di medicina non è per fare atti contro il giuramento di Ippocrate e soprattutto contro la tua coscienza». Da qui una sua previsione per il futuro: «Ecco perché sempre di più, l’aborto sarà affidato a ostetriche e infermieri, fino al giorno in cui sarà rifiutato da loro perché non ne potranno più! Non è per domani ma è un’evoluzione perfettamente immaginabile».

da La brigata dell’Ovvio , pubblicata originariamente da: IL TIMONE

Patrizio Ricci

Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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