Ad Aleppo c’è uno scontro con al Qaeda ma c’è chi sembra non rendersene conto

Il cessate il fuoco di 48 ore è stato rotto dai ribelli. Sono ripresi i lanci di ordigni su alcuni quartieri di Aleppo mentre è stato catturato una sobborgo strategico con parecchie perdite per l’esercito siriano.

di Patrizio Ricci  – Lpl News 24

Il villaggio strategico di Khan Touman a Sud della città di Aleppo, oggi è stato conquistato dal nuovo coordinamento tra ribelli Jaish_al_Fatah Halab. Non è neanche ipotizzabile che gli USA siano disinformati circa la composizione
della nuova alleanza: essi sono perfettamente al corrente che la sua spina dorsale è il gruppo Jabhat al-nuṣra, una milizia armata  affiliata ad al-Qāʿida.

Come è potuto succedere? Molti tendono a minimizzare, giustificano che l’alleanza tra i ribelli ad Aleppo, è avvenuta solo per motivi strategici, ma non è vero: con il passare degli anni è cominciato a prevalere tra le varie fazioni, un progetto politico nazionale islamico su cui si riuniscono oggi la maggioranza dei cosiddetti ‘ribelli’.

Il gruppo al Nusra è stato comunemente accettato come ‘utile allo scopo: la caduta di Assad. La ragione è stata pubblicamente sintetizzata dal ministro degli esteri francese Fabius: al Nusra  “sta facendo un buon lavoro” sul campo di battaglia contro Assad.

Il gruppo qaedista conscio delle simpatie guadagnate sul campo, sta cercando di dare di sè un’immagine ‘più consona’  per candidarsi a presiedere il futuro governo del paese: Oboualemtny Ansari, leader di al Nusra di molte vittorie in Aleppo,  intervistato nell’ottobre 2014 dalla CNN, già da allora dichiarava che i bombardamenti avevano avuto l’effetto di coalizzare le forze ribelli. Addirittura anche le differenze esistenti tra al Nusra e Daash scomparivano di fronte al nemico comune. Con Isis si era già sperimentato un primo coordinamento, limitato a “comprensione locale” contro le forze governative del presidente Bashar al-Assad. In virtù di tale accordo, ISIS ha limitato la sua attività intorno a Raqqa e Deir Ezzor e ha stabilito un contatto operativo con al Nusra intorno a Qalmoun (zona montuosa esistente tra il tra il Libano e la Siria, allora teatro di furiosi combattimenti contro esercito siriano ed Hezbollah).
Successivamente, dato i crescenti successi sul terreno di al Nusra, gli avversari internazionali di Assad hanno cercato, tramite le potenze regionali arabe alleate, di far mutare in modo ‘meno problematica’ la posizione del gruppo qaedista verso l’occidente e di far approntare un progetto che si adeguasse di più alla specifica realtà siriana.

Ad Aleppo, come possiamo vedere, l’esperimento è riuscito:  il punto di incontro  tra le varie sigle supportate dai diversi paesi stranieri è l’adesione comune nella lotta per la vittoria contro il governo siriano in carica (laico ed alawita, quindi infedele) e la vittoria conseguita come un progetto islamico locale.
L’alleanza con i gruppi siriani e gruppi non estremisti salafiti è stata possibile, perché il Fronte al Nusra ha simulato un momentaneo disimpegno delle tesi radicali sostenute da al Qaeda ma senza rinnegarne affatto l’ideologia politica.  Ha ritenuto preferibile non arrivare  traumaticamente agli obiettivi originari dell’organizzazione ma gradatamente. Abbiamo visto in Egitto con i Fratelli Musulmani di cui il presidente Morsi era esponente, come un tale progetto viene messo in opera. I modi per raggiungerlo, sono vari. Ad esempio: al Nusra potrebbe anche dare la leadership locale a capi di altre fazioni più moderate e tenere l’esclusività dei tribunali islamici, il che a sua volta legittimerebbe il controllo sulle comunità locali. Altro passo, potrebbe essere il proporre progetti di natura assistenziale verso la popolazione (la Fratellanza musulmana in Egitto era visto bene per questo dalla popolazione ed i white helmets sono in questo senso). Ci sarà da scommettere, che saranno attivate scuole rette da studiosi jhadisti salafiti che saranno inviati dall’estero. Noi occidentali giudichiamo l’imposizione di pensiero con le armi come una forma di dittatura ma dimentichiamo che ci sono molti altri modi per imporre, senza far rumore, il proprio pensiero…

Purtroppo le reazioni e le campagne che si sono levate nei giorni scorsi da vari settori del mondo civile, benché giustissime in alcuni casi nelle finalità o nelle intenzioni, sono state fuorvianti sull’addebito delle responsabilità su Aleppo e vaghe sulle finalità da conseguire.
Tutto lascia presupporre che la pioggia di missili mai visti prima, caduta sulla città nei giorni scorsi, continuerà. Come le milizie turkmene (mandate dalla Turchia attraverso al suo confine a migliaia), hanno ‘festeggiato’ la commemorazione del genocidio armeno nel quartiere armeno dovrebbe essere per noi più che eloquente sulla sostanza della cosidetta ‘ribellione’. E’ stato un vero eccidio firmato, ma la Comunità Internazionale ha trattato quella strage come una ‘conseguenza delle operazioni belliche tra cobelligeranti’.
Poche voci sono riuscite a superare il filtro mediatico che i governi hanno imposto a livello internazionale. Uno di queste è quella del parroco di Aleppo, il frate francescano padre Ibrhaim. Al settimanale Tempi aveva raccontato due giorni fa che è da 4 anni che i bombardamenti dei ribelli si susseguono senza interruzione. Aveva denunciato che si trattava «sicuramente» di bombardamenti fondamentalisti e terroristi, ”perché non si tratta di bombardamenti contro obiettivi militari, protetti” – aveva detto – ”ma contro obiettivi civili indifesi come scuole, chiese, ospedali. Un modo di terrorizzare la gente e usare questo terrore come carta da giocare nelle trattative”. Anche il vescovo cattolico mons. Abou Khazen e l’arcivescovo cattolico di Aleppo Jean-Clement Jeanbart hanno espresso posizioni coerenti. E’ un giudizio semplice che le grandi potenze occidentali non riescono a dare perchè schierate dalla parte dei ribelli di Aleppo: paradossalmente, il maggior ostacolo alla pace sono proprio gli stessi attori internazionali che ne reclamano l’urgenza a gran voce.

Il proseguimento della battaglia è irrilevante ai fini del processo di riforma dello stato che è già accettato: la battaglia prosegue invece perché i nemici della Siria mirano alla vittoria sul campo. Se questa non sarà ‘alla portata’ essi forzeranno ancora la mano e porranno in gioco una posta ancora più alta. La pressione interna ed esterna aumenterà finchè il governo non si vedrà costretto a non avere altra scelta che parlamentare con l’aggressore e accettare la partizione del paese prevista dal piano ‘B’ di Kerry.

Alla fine, stiamone certi, quella della legittimazione, è la via che si cercherà di aprire per al Nusra e le altre formazioni jihadiste. Già da adesso intere sue unità sono state rinominate sotto altre sigle. I loro leader, dopo una esperta operazione di ‘maquillage’ saranno mandati ai negoziati di pace a Ginevra: è così il popolo siriano avrà scelto i suoi rappresentanti…

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