Ad Homs prima messa di ringraziamento per l’uscita dei ‘ribelli’ dalla città.

Ma contemporaneamente, a Londra, la comunità internazionale decide di raddoppiare l’aiuto ai ribelli…

di Patrizio Ricci  (La Perfetta Letizia News 24 )

Homs, come tutta la Siria, può vantare secoli di tradizione di tolleranza e amicizia tra i diversi popoli e le diverse religioni che ospita: è qui che i cristiani avevano la presenza più cospicua nel Paese. Dallo stesso luogo, all’inizio del 2012 sono stati scacciati. Ma non da Assad ma dai ribelli ‘democratici’.
Sotto le finte spoglie delle ‘istanze’ di  miglioramento sociale e della democrazia si celava  l’estremismo religioso; e prima che la società civile si rendesse conto dei veri obiettivi e reagisse, il focolaio si era già propagato trasformandosi in guerriglia urbana. Qualcuno ha seguito, altri sono rimasti a guardare, neutrali, ma diffidenti.

La distruzione era dietro l’angolo; quando la gente ha capito, era già troppo tardi: Homs è stata uno dei primi campi di battaglia scelti dai terroristi a libro paga delle petrol-monarchie del Golfo e sostenuta dagli ‘amici della Siria’. Quest’ultimo è il gruppo di Stati che si è sovrapposto ad ogni iniziativa di pace dell’Onu trasformando il negoziato in una richiesta incondizionata al governo, quindi irricevibile. E’ così proseguendo per questa china che, i due inviati (Kofi Anan e Brahimi), uno dopo l’altro, hanno rinunciato all’incarico…

Non è la prima vota in questo secolo che governi legittimi vengono rimossi perché ritenuti non corrispondenti o nocivi agli ‘interessi d’area’ delle grandi potenze mondiali. Agli attori di questi disegni globali non interessano i cambiamenti sociali ma realizzare affari e progetti politici proficui.
Ciò su cui ci si dovrebbe interrogare è se esista al mondo qualcosa che possa giustificare il prezzo pagato dalla popolazione siriana. Il dramma più grande è che non c’è niente che valga questo prezzo e non c’è nulla che lo giustifichi. La morte di migliaia di siriani, il degrado miserabile della vita, lo scardinamento delle tradizioni, la negazione della libertà religiosa e democratica: tutto è stato venduto per una collana di perle finte, per un’impostura.
La realtà attende di essere guardata! L’anima siriana, l’idea di stato e il senso di appartenenza nazionale, sentimento fortissimo tra i siriani, (e con esse le aspirazioni di riforme non violente) è tramontato con i primi califfati imposti dall’ISIS (lo Stato Islamico d’Iraq e Siria) e da al- Nusra (al Qaeda) nelle zone da loro occupate del paese.

Oggi, la vita grama dei campi profughi  è conosciuta da 4 milioni di siriani, mentre il terrore della guerra è incombe su tutti. Il popolo fugge dalle roccaforti dell’opposizione: ad Aleppo orientale chi ha potuto si è spostato nella metà occidentale controllata dal governo; quelli nella fascia sud e sud-orientale di Quneitra si sono mossi verso il centro della regione e le zone orientali; quelli di Homs controllata dai ribelli e dell’area rurale di Hama,  si erano trasferisti ad Hama City e a Salamiya in mano all’esercito regolare…

Ma torniamo ad Homs. I combattimenti hanno distrutto la maggior parte della città. I jadisti hanno imposto la sharia ed hanno impedito agli abitanti dei quartieri di scappare, usandoli come scudo umano per rendere problematica la risposta dell’esercito.
Dopo tre anni guerra la settimana scorsa la svolta: le milizie jadiste hanno lasciato la città per via di un accordo con il governo che ha previsto come contropartita, uno scambio di prigionieri e l’incolumità.
Da allora, lentamente la gente torna a casa. Tutto o quasi è distrutto,  ma si torna per i legami.
Una delle foto a corredo di questo articolo mi ha molto impressionato: mostra l’immagine della  prima messa di ringraziamento dopo la liberazione della città dai jadisti.
Cattolici e  siro-ortodossi  si sono ritrovati insieme a ringraziare Dio nella chiesa di Umma al-Zennar tra i detriti degli spari e dei combattimenti uniti nella celebrazione Eucaristica.  Invece che le mille utopie del mondo è quell’unità fraterna che cambia il mondo se il mondo ascolta e vede.
La gente di Homs ricerca il vero, vuole la pace, vuole ricominciare e piangere i propri morti e ricostruire nella sicurezza.

Ma altrove emerge che la pace, per le istituzioni che dovrebbero preservarla, sembra essere il peggior nemico: ogni volta che si avvicina, esse diventano più attive nell’ allontanarla.
Paradossale che quasi nello stesso momento che ad Homs si celebrava la messa di ringraziamento, a Londra ‘gli amici della Siria’ si ritrovavano insieme (animati da un cinismo così pervicace da mutare la sostanza) per riacutizzare il conflitto.
Quella che solo gli amici della Siria chiamano ‘opposizione moderata’ è una realtà numericamente irrilevante (l’80 per cento delle forze anti-Assad è costituito dalle brigate di Al-Qaeda e da varie formazioni facenti capo ai Fratelli Musulmani) ed alla pari delle milizie qaediste si è macchiata di gravi crimini contro la popolazione civile. Inoltre, la sua leadership condivide la stessa ideologia religiosa radicale dei jadisti.

Come se ciò non bastasse, il Summit inglese ha stabilito all’unanimità che le elezioni presidenziali siriane del  3 giugno sono una farsa. Come tutte le precedenti dichiarazioni, a supporto di questo pronunciamento ci sono solo ragioni di ‘squadra’, quelle di  un club che agisce ‘a prescindere’, i cui membri sono legati ambiguamente da interessi reciproci ‘molto materiali’ e non dai nobili scopi tanto declamati.
L’atteggiamento ostile non è stato mai abbandonato: accade che in prossimità di ogni negoziato rispuntano sempre nuovi capi di accusa per Assad; al tempo stesso gli attentati dei ribelli vengono deliberatamente ignorati. Così è accaduto ancora: l’accusa questa volta è che le truppe governative hanno usato il gas clorino.  Il Segretario di stato USA Kerry ha detto che è un nuovo atto d’accusa a carico di Assad e che  anche se “grezzo per la mancanza di tutti i riscontri, tutti gli indizi vanno verso unica direzione”. Non ci vuole molta fantasia d indovinare quale, ma alla luce delle ‘false flag’ dei fatti di Ghouta l’anno scorso, la circostanza dovrebbe indurre ad usare maggiore prudenza.

Dunque, quelle siriane, presidenziali farsa. Per gli USA,  ”l’unico e  legittimo rappresentante del popolo siriano” è  invece Ahmed Jarba (il nuovo leader degli armati dell’esercito libero siriano), un  siriano sconosciuto nel proprio paese con a carico precedenti penali per traffico di droga e l’accusa di tentato omicidio del ministro degli esteri qatariota Khalifa al-Thani ( http://english.al-akhbar.com/node/16463).
Difficilmente l’uomo risulterebbe gradito ai siriani: ma è gradito all’Arabia Saudita e agli Stati Uniti, ed è quanto basta. Le porte della buona società gli si sono spalancate: Jarbe è andato a Washington, ha incontrato Barak Obama, poi è stato presentato al Senato degli Stati Uniti  (dove Kerry ha garantito personalmente per lui).
E’ tornato a casa con un assegno di 287 milioni dollari per aiuti ‘non letali’ per le sue ‘forze di opposizione’ (la cifra ‘donata finora dagli USA ai ribelli è di  $ 1,7 miliardi).

E l’Italia? Il nostro paese, in una situazione di evidente cospirazione internazionale ai danni di un paese sovrano, è ancora tra gli ‘amici della Siria’ e finora ha appoggiato tutte le decisioni palesemente contraddittorie che ivi si sono prese, in netta contrapposizione con il nostro dettato costituzionale.

 

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