Adesso anche Washington si trova nel mirino di una “guerra contro il terrore”: è quella decretata dal presidente turco Erdogan

17.12.2018 – Patrizio Ricci

Adesso anche Washington si trova nel mirino di una “guerra contro il terrore”: è quella decretata dal presidente turco Erdogan contro gli alleati degli Stati Uniti che considera “terroristi”, ovvero le formazioni armate curde — il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) e le Unità di Protezione Popolare (Ypg) — che Washington continua ad armare e a supportare per non restituire il nord della Siria a Damasco.

Perciò la tensione tra Washington e Ankara è alle stelle. Dopo ripetute richieste di far smobilitare le forze curde che presidiano con quelle statunitensi la città di Manbij (prov. di Aleppo), ora Erdogan è passato dalle parole ai fatti: “Se la loro presenza a Manbij non viene cancellata, andremo lì”, ha detto al quotidiano turco Hürriyet.

In effetti, i movimenti delle truppe turche sembrano preconizzare un’imminente offensiva sulla falsariga di quella già realizzata a gennaio nel cantone curdo di Afrin, dove sono caduti più di 3mila curdi.Come allora, anche questa volta nella “lotta al terrorismo” l’esercito turco non è da solo: folle di bande armate pro-turche si sono ammassate lungo il confine siro-turco, pronte a dargli manforte. A rispondere alla chiamata di Erdogan sono accorsi 14mila militanti che rispondono a vari signori della guerra che ormai hanno fatto della loro attività una professione. Questi gruppi armati spaziano tra varie gradazioni di salafismo e nazionalismo turco.Ma l’uso dell’estremismo ideologico o religioso per fini terzi non è solo prerogativa dei gruppi filo-turchi. Anche gli Stati Uniti si avvalgono di propri “bravi” impresentabili che usano contro il governo siriano e contro le forze filo-iraniane.

Nel caso di Washington, stiamo parlando delle bande di mercenari islamisti che operano ad Al Tanf (prov. di Homs), la seconda area sottratta alla sovranità nazionale del governo siriano da parte degli Stati Uniti. In questa zona, giudicata unilateralmente “off limit” alle forze siriane, si addestrano varie formazioni di radicali islamici tra le quali spicca il gruppo Maghaweir Al – Thowra (esercito dei commandos della rivoluzione). In un video di propaganda pubblicato sul proprio organo ufficiale di stampa “Hammurabi’s Justice News”, mostra due bandiere affiancate, quella siriana e quella dell’ISIS e sostiene che “non si può scegliere tra due serpenti che iniettano continuamente veleno nei nostri cuori”, manifestando così il proprio disprezzo sia contro l’esercito siriano che contro l’Isis.

Sono questi gli esiti della guerra multinazionale organizzata dalla Cia e dall’Arabia Saudita in Siria, rivelata per la prima volta dal quotidiano statunitense New York Times il 23 gennaio 2016: si chiama “Timber Sycamore”.
E’ la dimostrazione che l’esperienza capofila negli anni 80 in Afghanistan, quando è stata costituita al Qaeda in funzione anti-sovietica dal direttore della Cia William Casey, è ancora oggi ispirazione per tutti.

Per quanto sconcertante, il “terrorismo appaltato” nelle guerre per procura è il tipo di scelta che continua ad essere sostenuta più facilmente che lo sforamento di uno “zero-virgola” di bilancio. Con buona pace dell’attentato di Strasburgo e delle sue vittime.

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