Al di là dell’indubbio merito di Berlusconi in politica interna, pesano le decisioni sulle guerre di Iraq e di Libia

Silvio Berlusconi sicuramente è stato un grande leader politico, il cui più grande merito è di aver fatto da collante al centro-destra ed aver impedito al Partito Democratico di andare a governare, quindi che questi nuocesse al paese più di quanto ha comunque fatto con la sua penetrazione puntuale negli apparati dello stato e delle più alte istituzioni e i media.

Ciononostante, ci sono alcune decisioni importanti fatte da Berlusconi che sono state critiche, soprattutto nel contesto degli interventi militari in Iraq e in Libia. Mentre l’Italia era impegnata nella guerra in Iraq (con il secondo contingente più grande), Berlusconi annunciò il ritiro dell’Italia dalla coalizione, dopo la morte di un ufficiale dell’intelligence militare italiana. Tuttavia, il giorno dopo, sotto le pressioni del governo americano, ritrattò la sua dichiarazione.

Dal periodo successivo a mani pulite, la politica estera italiana langue

Nel caso della Libia, l’Italia sotto il governo di Berlusconi calpestò il Trattato di amicizia tra i due paesi appena sottoscritto, autorizzando l’uso del territorio italiano per le incursioni della NATO e partecipando attivamente con gli asset militari e gli aerei italiani ai bombardamenti in Libia.

Ricordo in proposito che l’allora ministro Castelli ebbe almeno la dignità di dimettersi per la forte contrarietà a quella guerra ingiusta ed immotivata, dimissioni poi rifiutate da Berlusconi.

Le suddette decisioni hanno sollevato importanti domande sulle priorità di Berlusconi come leader italiano e sulla sua lealtà ai principali principi morali a cui si ispira la nostra Costituzione. Il suo coinvolgimento in questi conflitti ha fatto sì che l’Italia avesse un ruolo principale in queste guerre, mettendone in pericolo la dignità e la sovranità nazionale.

La partecipazione alla guerra irachena e libica sono due eventi non di poca importanza, in cui l’ex premier avrebbe dovuto e potuto fare di più, anche a costo di rovinare il suo prestigio personale e le concessioni al suo paese, qualunque siano state le promesse in contraccambio o i ricatti.  Tuttavia, è probabile che di tutto questo lui se ne sia reso conto e gli attacchi della magistratura e il conseguente indebolimento della sua leadership, abbiano avuto il loro peso.

Il fattore ‘nemico interno’ che affligge le nostre leadership

La totale sudditanza alle decisioni atlantiche in politica estera, solleva la questione della necessità di una politica estera indipendente e consapevole da parte dell’Italia, che possa essere guidata da una forte leadership politica, ancor oggi assente (ed ora senza Berlusconi ancor più carente).

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stampa estera

Se da un lato bisogna riconoscere a Berlusconi il merito che, relativamente al conflitto in Ucraina, in almeno due occasioni, ha fatto dichiarazioni in cui si è espresso con la massima chiarezza – apparendo come un guizzo di libertà in mezzo ad un uniforme grigiore della politica – è anche vero che questi due episodi sono stati subito strumentalizzati e ridicolizzati mediaticamente, senza conseguenze a livello istituzionale e senza conseguenze politiche.

Peraltro, la scusante della causa di forza maggiore è irricevibile. Sia il premier turco Erdogan che Orban ci dimostrano continuamente, in occasioni diverse e per temi diversi, che è possibile prendere posizioni dignitose su temi che richiedono l’esercizio della libertà, proprio per la costruzione di un futuro comune di pace. In particolare Orban con la sua posizione nel conflitto russo-ucraino, ha dimostrato che la ragione di stato va presa qualche volta non solo per rendere omaggio ad utili alleanze, ma anche per difendere il giuramento fatto di fedeltà alla Costituzione e per mantenere la propria azione politica al servizio del proprio paese.

Infatti, il dovere di ogni leader politico dovrebbe essere quello di rappresentare al meglio gli interessi del proprio paese, senza subire pressioni esterne o compromettere la propria integrità personale. In questo senso, le scelte di Berlusconi in merito ai conflitti in Iraq e in Libia sembrano essere state influenzate da fattori esterni, anziché essere state prese in base a una valutazione ponderata degli interessi del proprio paese.

Inoltre, le decisioni di Berlusconi hanno contribuito a minare la credibilità dell’Italia a livello internazionale, riducendo il suo ruolo nella scena politica globale e favorendo l’affermarsi di altre potenze, come la Francia (nel caso libico). Questo dimostra che le scelte di un leader politico possono avere conseguenze rilevanti per il futuro del proprio paese e per le relazioni con gli altri attori internazionali.

In conclusione, è importante riflettere sulle scelte dei nostri leader politici e sulla loro capacità di preservare gli interessi del proprio paese nel rispetto delle regole internazionali. Solo in questo modo potremo costruire un mondo più stabile e giusto per tutti.

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