Alitalia ultimo atto: chi perde e chi guadagna

fonte:  Agoravox Lionello Ruggieri

Come spolpare una grande azienda per vivere felici e rispettati (anche dalla grande stampa)

Ieri i giornali hanno riportato la notizia della chiusura dello stato passivo fallimentare della vecchia Alitalia e dà notizia che i crediti ammessi sono circa 2,4 miliardi contro un attivo di cira 1,2 miliardi, proveniente dalla cessione degli asset alla CAI (Compagnia Aerea Italiana S.p.A.).

Sembrerebbe un buon fallimento, uno dei rari fallimenti da cui i creditori riescono ad incassare una parte considerevole dei propri crediti, nella fattispecie di una somma mediamente pari al 50% di quanto spettante. Sembrerebbe.
Sembrerebbe perché poi, a conti fatti, mancano alla lista crediti altri 2,4 miliardi in contenzioso per cause in corso. Cause che, se vinte dai creditori, faranno scendere la percentuale al 25%. Una percentuale ancora apprezzabile, anzi niente male. Per un fallimento.

Solo che va considerato che, prima di questi crediti, devono essere saldati quelli dei 18.000 ex dipendenti per mensilità arretrate e per TFR non corrisposto. E anche i crediti degli istituti previdenziali, per interessi, sanzioni e simili. E quelli per imposte dirette ed indirette. E per interessi, sanzioni, multe ecc. Il che significa che nessun’altro potrà ottenere nulla. Assolutamente nulla. O quasi.

E fatti due conti appare chiaro che incasseranno solo i privilegiati: spese di procedura, Stato e dipendenti. Il che è doloroso. Per loro e per noi, per tutti noi.

Anche per noi perché quella stessa Alitalia poteva e stava per essere venduta per due miliardi di euro e con “soli” 2.000 licenziamenti contro i 10.000 avvenuti con questa cessione. L’incasso sarebbe stato di 2 miliardi di euro e, a quello che non si sarebbe pagato con quei due miliardi, avrebbe provveduto l’acquirente. Personaggio notoriamente solvente, un tizio che di nome fa KLM e, di cognome, Air France.

Il bello non è tanto che gli assetti sono stati comprati solo per 1,052 miliardi, la metà esatta di quella offerta e rifiutata prima, ma che sono stati versati con modalità stranamente simili a quelle dell’acquisto fatto dalla società “Brescia due” del senatore Riccardo Conti per l’acquisto del noto palazzo di Via della Stamperia a Roma.

Da notare i particolari: il palazzo è stato comprato per 26 milioni e, poche ore dopo, è stato venduto per 44 milioni con un guadagno di 18 milioni, l’Alitalia è stata venduta per 1.052 milioni e, pochi giorni dopo (30 per la precisione), il 25% delle azioni della società acquirente sono state vendute al sig. Klm Air France per 322 milioni.

Va sottolineato che la vendita non è stata effettuata “dalla” società acquirente, con immissione di danaro nelle casse dell’azienda, ma dai soci della stessa, soci che avevano sottoscritto il 12/12/2008 e, credo, versato in pari data il capitale sociale di 668.315.344€ .

Come guadagnare 145 milioni senza far nulla

Quindi i soci in questione hanno venduto in trenta giorni esatti (il 12/1/2009) a 322 milioni quello che avevano pagato 167.078.836, guadagnando perciò così la bella sommetta di circa 145 milioni.
Ma le somiglianze tra le due operazioni non si limitano a questo, ad un utile pari o molto vicina al 100% dell’investimento. E neppure ai tempi brevi del realizzo, poche ore in un caso e pochi giorni nell’altro. C’è altro.
Anche le modalità del pagamento sono simili. Il senatore Conti ha pagato il primo acconto del prezzo (circa il 20% ovvero 5 milioni) dopo aver incassato dal suo acquirente una somma pari al 16% (7 milioni) del suo prezzo di vendita, mentre i soci della nuova Alitalia nel momento in cui hanno rivenduto il 25% della loro partecipazione avevano pagato per l’acquisto il 30% della somma pattuita.

Bisogna però riconoscere che il senatore, l’allievo, ha superato i soci dell’Alitalia, i maestri. Perché, anche se la somma che loro hanno guadagnato è superiore, lui lo ha fatto in tempo molto minore, meno di un trentesimo.
Vero è che i maestri hanno ottenuto alcuni altri vantaggi e certo non trascurabili.

Per esempio Carlo Toto, proprietario della Air One ex candidata a rilevare l’Alitalia, e socio della Compagnia Aerea Italiana o nuova Alitalia, è anche proprietario della società finanziaria che vende al nuovo operatore i nuovi aerei, così come la Air France ha introdotto nella società il suo servizio di catering e il suo sistema contabile.

Vero è però che sinora la società “salvatrice” dell’ Alitalia ha ottenuto come risultato di collezionare perdite per 440 milioni, ma la vecchia società, quella salvata, quella di cui stiamo commentando il fallimento ne perdeva 600 in un solo anno.

Quindi la perdita di 10.000 posti di lavoro, di decine di migliaia di persone in miseria è un prezzo molto piccolo da pagare per quella riduzione di perdite. Se si tratta di riduzione.
La nuova compagnia aerea ha più perdite della vecchia Alitalia

Sarà un caso, ma 10.000 dipendenti in una grande società costano non meno di 3.000 € al mese ciascuno per 14 mesi all’anno ovvero 420 milioni annui. Che è come dire che la nuova Alitalia ha perdite superiori di 65 milioni all’anno a quelle della vecchia.

Inoltre questo risultato avviene nonostante il monopolio esercitato sulla trafficatissima tratta Roma-Milano-Roma in deroga al principio della concorrenza.

Speriamo che la compagine aziendale della C.A.I. sia soddisfatta perché, parafrasando quanto detto dal principe Bernardo d’Olanda dopo la “vittoria” di Montgomery ad Arnhem, si può dire che l’Italia non è in grado di sopportare un altro salvataggio aziendale da parte di quei signori.

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