Ho dato conto delle dimissioni del portavoce della Sala stampa vaticana, l’americano Greg Burke, e della sua vice, la spagnola Paloma Garcia Ovejero in un precedente articolo (vedere qui). Edward Pentin, del National Catholic Register, aggiunge alcuni particolari che aiutano a capire quelle repentine dimissioni, che a molti sono sembrate poco chiare, o comunque dettate da motivazioni che non sembrano essere quelle ufficiali date su Twitter da Burke e dalla sua vice.
Ecco l’articolo nella mia traduzione. (prefazione di Sabino Paciolla)
di Edward Pentin
Il Vaticano ha annunciato venerdì quattro nuove assunzioni alla Sala Stampa della Santa Sede, nomine che vanno ad aggiungersi al puzzle delle improvvise e in gran parte inaspettate dimissioni di Greg Burke e Paloma Garcia Ovejero a Capodanno.
In un comunicato dell’11 gennaio, il Vaticano ha annunciato che dopo che Burke, nativo di St. Louis, e Garcia, spagnola, si erano dimessi da direttore della Sala Stampa della Santa Sede e vice direttore, il prefetto del Dicastero delle Comunicazioni, Paolo Ruffini, aveva “avviato un processo per formare una nuova struttura organizzativa della Sala Stampa della Santa Sede”.
Questo è iniziato con la nomina del 31 dicembre di un sostituto di Burke nella persona del direttore ad interim Alessandro Gisotti, ed è stato seguito ieri dalla nomina di un consigliere senior del direttore, la giornalista francese Romilda Ferrauto, e di due assistenti: la suora americana Bernadette M. Reis, FSP e il giornalista peruviano Raúl Cabrera Pérez. Anche il nativo di South Bend, ex funzionario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Thaddeus Jones, si unirà al team dell’ufficio stampa come responsabile dell’ufficio stampa.
Tutti hanno lavorato in un momento o nell’altro per la Radio Vaticana e, avendo conosciuto la maggior parte di loro per molti anni, sono professionisti molto abili, imparziali e di grande personalità con un amore per la Chiesa.
Ma le loro assunzioni sono arrivate troppo tardi per Burke e Garcia. I due funzionari, nominati nel luglio 2016, si sono dimessi di propria iniziativa, con Burke dicendo che in questo “momento di transizione nelle comunicazioni vaticane, riteniamo che sia meglio che il Santo Padre sia completamente libero di formare una nuova squadra”.
Isolato e sovraccarico di lavoro
Ciò alludeva al fatto che il Papa stava già costituendo un nuovo ufficio di comunicazione, ma Burke e Garcia sempre più spesso non se ne sentivano parte. I due ex corrispondenti di Roma avevano sofferto di un carico di lavoro molto pesante, e per mesi avevano chiesto al Vaticano più personale, ma senza alcun risultato.
Il National Catholic Register ha appreso che per almeno sei mesi Burke aveva chiesto espressamente, quasi una dozzina di volte, di assumere Jones, ma ogni volta le sue richieste erano state rifiutate. Anche quando uno di loro ha chiesto all’inizio di questa settimana se Jones sarebbe entrato nell’ufficio stampa, ha ricevuto una risposta negativa.
“Ora se ne sono andati e, in poco più di una settimana, il nuovo personale è lì”, ha detto una fonte vicina alle comunicazioni vaticane. “O Ruffini non si è reso conto della serietà delle richieste finché Burke e Garcia non se ne sono andati, o stava cercando di spingerli fuori (dalla Sala stampa, ndr), credendo che meno sostegno dava loro, prima se ne sarebbero andati”.
Il National Catholic Register ha chiesto all’Ufficio Stampa se poteva spiegare le ragioni delle nuove assunzioni, e perché non sono state fatte durante il mandato di Burke e Garcia, ma finora non ha ricevuto risposta.
Tuttavia, le nuove nomine aggiungono ulteriore sostegno al fatto che Burke e Garcia non hanno ricevuto sempre più spesso il sostegno di cui avevano bisogno. Fonti dicono che avevano poco o nessun accesso al Papa, e che la gestione del Vaticano era sempre più “caotica”, con tutti coloro che volevano avere voce in capitolo nella strategia.
I problemi interni erano per noi visibili nel corpo della sala stampa sotto forma di un deplorevole silenzio vaticano in un momento di crisi.
Non è stato sempre così disfunzionale. Burke, ex corrispondente di Roma di Fox News e del National Catholic Register, faceva parte della Segreteria di Stato dal 2012 come consulente speciale per le comunicazioni prima che Papa Francesco lo assumesse su raccomandazione del predecessore di Ruffini, mons. Dario Edoardo Viganò.
In Segreteria di Stato, Burke aveva lavorato a stretto contatto con l’arcivescovo Peter Wells, originario dell’Oklahoma e poi assessore degli affari generali in Segreteria di Stato, e con il cardinale Angelo Becciù, sostituto (cioè vice) della Segreteria di Stato.
Ma negli ultimi anni, la Segreteria di Stato ha gradualmente perso il controllo delle comunicazioni vaticane, con il trasferimento costante del potere al Dicastero delle comunicazioni e, cosa più importante, alla cerchia ristretta di consiglieri del Papa.
Una cattiva gestione
Sin da quando ha assunto il suo incarico, Burke è diventato sempre più isolato: l’arcivescovo Wells è partito poco prima della nomina di Burke a direttore dell’ufficio stampa, il cardinale Becciù è stato nominato prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi la scorsa estate, e Mons. Viganò ha lasciato dopo la vicenda del “Lettergate“ nel marzo scorso, anche se continua a esercitare la sua influenza come assessore nel Dicastero della comunicazione.
Allo stesso tempo, i portavoce “non ufficiali” vicini a Francesco, come i vaticanisti Andrea Tornielli, Gianni Valente e il gesuita padre Antonio Spadaro, sono stati visti come un ostacolo al lavoro di Burke, come è stato ampiamente riportato. La nomina di Ruffini e la sua successiva importanza durante i briefing dei media al Sinodo dei giovani di ottobre hanno ulteriormente minato la posizione di Burke, mentre il colpo di grazia è stato la nomina di Tornielli il mese scorso come direttore editoriale dei media vaticani.
Alle difficoltà si aggiunge il rapporto di lavoro di Papa Francesco con il suo portavoce. Lui e Burke sembravano avere un buon rapporto, ma fonti informate dicono che era proprio profondo, ed è stato ostacolato dal ben noto disprezzo del Papa per gli Stati Uniti e la sua mancanza di fiducia in generale. La decisione di dare risalto a Ruffini durante i briefing sinodali (il Sinodo dei giovani, ndr) è stato, secondo le fonti, del Papa, nonostante Francesco avesse detto a Burke che gli sarebbe stata data tutta l’autorità di cui aveva bisogno come direttore dell’ufficio stampa.
Da tutto ciò, sembra che il problema del Vaticano non sia stato tanto quello di una cattiva comunicazione quanto di una cattiva gestione – come spesso è stato il caso nel corso della sua storia. Forse con questa nuova struttura finalmente in atto, che ora inizierà a cambiare, e la direzione che il Papa sta guidando la Chiesa diventerà più trasparente.
Fonte: National Catholic Register
L’articolo Altri pezzi si aggiungono al puzzle delle dimissioni della Sala Stampa della Santa Sede proviene da Il blog di Sabino Paciolla.