Anche Boeing propone un lander per il programma Artemis

Martedì 5 novembre 2019 anche Boeing ha presentato a NASA la propria proposta per il programma Human Landing Services (HLS) puntando sulla semplicità di un unico lancio del razzo Space Launch System (SLS), i cui stadi principali sono costruiti proprio dall’azienda di Chicago.

L’azienda ha battezzato la proposta “Fewest Steps to the Moon” (traducibile più o meno con “verso la Luna con meno passi possibile”), a sottolineare la filosofia di progetto volta a minimizzare il numero di lanci e di “eventi critici per missione” necessari per portare degli astronauti sulla superficie del nostro satellite.

Jim Chilton, vice-presidente della divisione Space and Launch di Boeing Defense, Space and Security ha così commentato la proposta della sua azienda:

Basandoci sulla capacità di trasporto della versione Block 1B di SLS, abbiamo sviluppato l’approccio “Fewest Steps to the Moon” per minimizzare la complessità delle missione, offrendo allo stesso tempo il viaggio maggiormente sicuro e diretto verso la superficie lunare.

Secondo quanto proposto il lander avrà due componenti (presumibilmente uno per la discesa, che rimarrebbe in loco, e uno per l’ascesa) ma, diversamente dalle proposte dei concorrenti, essi vengono trasportati congiuntamente dal vettore SLS in versione Block 1B (quella che utilizzerà lo stadio superiore, Exploration Upper Stage – EUS – più nuovo e più potente). Il profilo di missione prevede un’entrata in orbita lunare con aggancio al Lunar Gateway o direttamente a una navicella Orion per il trasbordo degli astronauti; da qui, la partenza per la superficie della Luna senza necessità di uno stadio di trasferimento verso l’orbita bassa, come invece prospettato nelle proposte dei concorrenti.

[su_photo_panel shadow=”0px 1px 2px #eeeeee” photo=”https://www.vietatoparlare.it/wp-content/uploads/2019/11/boeing_eus-1024×640.png”]Rendering dell’EUS con la capsula Orion. Credit: Boeing[/su_photo_panel]

Questo tipo di soluzione era stata già caldeggiata in un’audizione parlamentare dello scorso settembre da Doug Cooke, un ex amministratore NASA del settore esplorazione ora consulente di diverse aziende, tra cui Boeing.

Più basso è il numero di lanci e operazioni critiche, più è alta la probabilità di successo.

Si tratta della classica filosofia “quello che non c’è non si rompe”, declinata in questo caso in “non può andare male”. Cooke ha contato 17 operazioni critiche per una missione secondo il profilo NASA; Boeing sostiene invece che con il loro lander si può arrivare a soli 5 punti critici, mentre gli scenari ipotizzati dai concorrenti ne prevedono non meno di 11.

Altra raccomandazione a NASA da parte di Cooke, ripresa ben volentieri dall’azienda di cui è consulente, era di utilizzare il più possibile il razzo del programma SLS, possibilmente già nella versione Block 1B, e sfruttarne la capacità di carico per trasportare un lander di dimensioni adeguate alle specifiche del programma di esplorazione.

Credo che un equipaggio e un lander meno limitato [dalle dimensioni della copertura, ndr] possano essere lanciati verso la Luna con 2 lanci di SLS.

Come si può notare Boeing ha ripreso in toto lo scenario caldeggiato da Cooke nella sua audizione parlamentare.

A prima vista potrebbe sembrare che Boeing si sia data la zappa sui piedi proponendo di utilizzare la versione di un vettore che secondo il cronoprogramma non sarà disponibile (anche nell’ipotesi più ottimistica) nel 2024, poiché NASA e Boeing hanno infatti annunciato lo scorso ottobre che la versione Block 1B di SLS non sarà disponibile prima della missione Artemis 4 prevista per il 2025.

[su_photo_panel shadow=”0px 1px 2px #eeeeee” photo=”https://www.vietatoparlare.it/wp-content/uploads/2019/11/bluemoonlander-1024×683.jpg”]Rappresentazione artistica del lander lunare Blue Moon che Blue Origin ha in progetto di costruire in collaborazione con il Gruppo OBH. Credit: Blue Origin[/su_photo_panel]

Il tutto va poi inquadrato nella formula classica dei programmi spaziali: “se va tutto per il meglio e soprattutto se i finanziamenti statali sono quelli previsti”, cosa che non sembra così scontata visto il possibile shutdown dovuto alle battaglie politiche in corso negli Stati Uniti proprio sul bilancio e gli stanziamenti previsti.

In realtà Boeing, da azienda storica del settore, ha giocato strategicamente le sue carte sapendo che l’intenzione di NASA è utilizzare lo stesso schema usato nei precedenti programmi commerciali: assegnare in tempi brevi (si vocifera entro la fine dell’anno) un contratto per lo studio iniziale a diverse compagnie, per ridurne il numero alle 2 a cui assegnare il contratto finale per la costruzione dei mezzi.

Di questi due mezzi però solo uno dovrebbe essere pronto per la missione di allunaggio prevista nel 2024, mentre l’altro deve essere utilizzabile per la missione successiva, prevista per il 2025, proprio quando sarà disponibile la versione del razzo scelta da Boeing.

Con la presentazione della sua proposta Boeing entra quindi nella gara per l’assegnazione del contratto per il Lunar Lander di NASA, unendosi al recente annuncio del “National Team”, capitanato da Blue Origin ma che include Draper, Lockheed Martin e Northrop Grumman. A questo proposito Blue Origin ha confermato che al proprio progetto, annunciato il 22 ottobre scorso, è seguito l’invio della proposta a NASA entro il termine del 5 novembre.

A differenza della compagnia fondata da Bezos, Boeing, per mezzo del suo portavoce Steve Sicelof, ha specificato che non ha formato un gruppo con altre aziende del settore: farà tutto da sola, eventualmente con accordi di semplice fornitura.

Ci si aspetta che anche SpaceX abbia inviato la propria proposta, probabilmente basata sul suo veicolo riusabile Starship attualmente agli inizi del suo lungo sviluppo. Il 5 novembre un portavoce dell’azienda ha detto che la compagnia non rivelerà dettagli di una sua eventuale proposta, ma ha ribadito i commenti fatti dalla presidente Gwynne Shotwell a una tavola rotonda della scorso mese durante l’International Astronautical Congress: la compagnia «intende sicuramente essere parte del [programma, ndr] Artemis».

Fonte: SpaceNews

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