Come sappiamo, l’ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, è stato ucciso il 19 di dicembre da Mevlut Mert Altintas, un agente di polizia di 22 anni . Tuttavia, sebbene i media hanno coperto il ferale delitto con dovizia di particolari, non è stato fatto un solo passo verso la sua comprensione.
di Patrizio Ricci
Ciò che ha generato confusione è l’aver legato l’omicidio con la falsata trattazione pro-ribelli della guerra di Siria, secondo la quale i jihadisti sono elevati alla stregua dei combattenti per la libertà.
Nei video trasmessi immediatamente dai media, l’attentatore prima di sparare grida “Allah akbar” seguito dalla frase ‘questo è per Aleppo’.
E’ bastata questa ‘motivazione’ per spostare, l’attenzione su Aleppo. Ma si badi bene, ciò che ha suscitato questo vile e barbaro gesto, non è l’attenzione sull’immane tragedia di Aleppo ma l’attenzione su quella martoriata città siriana secondo il punto di vista dei cosidetti ‘ribelli’.
In altre parole, i commenti e la copertura della notizia, hanno seguito la linea abituale: l’informazione mainstream non si è spostata sull’allarme terrorismo ma sui bombardamenti siro-russi (finalizzati alla liberazione della città) che la Francia e Gran Bretagna, trattano correntemente come ‘crimini di guerra’. Perciò, essendo questa narrativa condivisa da tutti i paesi occidentali, inevitabilmente i commenti che ne conseguono sono fuorvianti, giacchè il clima politico che i media stessi hanno appoggiato, ha favorito il verificarsi di questo vile atto.
Va da sè che in una situazione normale si dovrebbe parlare della necessità di unirsi contro il terrorismo senza ‘sè’ e senza ‘ma’ ed unirsi inequivocabilmente alla Russia, invece si sono udite solo frasi di solidarietà di prammatica, come se la Russia in Siria avesse interrotto una situazione, per l’occidente, idilliaca.
Comunque la dinamica dell’attentato apre ad ogni sospetto e l’uccisione dell’attentatore non migliora le cose. E’ chiaro che per mettere in atto un omicidio così, è necessario un piano, connivenze, una organizzazione alle spalle. Facendo ricorso alla casistica, ci sono casi in cui un killer professionista viene incaricato di una uccisione sicuro che i mandanti faranno finta di ritirarlo poi fuori in qualche modo. Ma così non è stato e la casistica non esclude l’ipotesi che il poliziotto viene immediatamente ucciso per non farlo parlare.
L’ambiguità delle reazioni internazionali di quei paesi che si servono del terrorismo, rattrista.Tra tutte le dichiarazioni che si sono susseguite dopo la notizie dell’omicidio dell’ambasciatore Karlov, spicca quella del segretario gen. della Nato Stonemberg che se la cava con un con un semplice ‘condoglianze’, come se la Nato con questo clima non c’entrasse nulla.
Altro punto oscuro sono le manifestazioni dei giorni scorsi all’ambasciata russa ad Ankara: le autorità hanno consentito a gente inferocita di giungere proprio sotto le mura dell’ambasciata russa. E’ ovvio che queste manifestazioni andavano ovviamente vietate, ma così non è stato fatto. La domanda è allora: in un paese dove vengono incarcerati gli insegnati, i giornalisti, è possibile che si lasci scorrere per le strade i seguaci di al Nusra ed affini? L’atteggiamento di Ankara è fortemente ambiguo, è significativo molti dei terroristi che hanno evacuato da Aleppo sono stati prelevati da Idlib e portati in Turchia: insomma non si può dire che il governo turco non c’entra nulla. Erdogan dovrà chiarire la sua politica.
E’ evidente che il governo turco sta facendo uno gioco sporco, però non necessariamente Erdogan c’entra qualcosa con tutto questo: lui stesso doveva essere ucciso nel fallito colpo di stato e l’obiettivo dell’uccisione di Karlov è chiaramente quello di far naufragare il riavvicinamento alla Russia.
E’ stata scritta una brutta pagina di storia e non fa bene a nessuno che la situazione precipiti. Non è ancora in vista un ripensamento dell’occidente nella sua politica mediorientale: non cesserà ad alimentare il focolaio siriano (dove tra l’altro, ci rimane ben poco da bruciare). In questo contesto appare improvvida l’accettazione della Russia della proposta occidentale di invio ad Aleppo di 20 ‘osservatori’ dell’Onu con il non meglio precisato compito di monitorare (non si capisce chi e che cosa).
Ovviamente il rischio è che si sfrutti l’autorevolezza dell’Onu per nuovi ‘cavalli di Troia’ che si mascherano ancora con compiti umanitaristici. Ad Aleppo occorrono invece soldi, viveri, e la parola ‘pace’ pronunciata dagli sponsor. Si prospettano invece altre azioni sotto copertura, altri intrighi e a quando pare non è stato escluso l’omicidio, giacche un nuovo traguardo è stato segnato.
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