La guerra in Siria, ormai decennale, continua a essere una delle crisi più complesse e devastanti del nostro tempo. Oggi, vogliamo esaminare alcuni aspetti di questa tragica vicenda, prendendo in considerazione le lezioni apprese nel corso degli anni.
Un tema cruciale che richiede attenzione è la distorsione della concezione del diritto internazionale che ha permeato questa crisi. L’adozione di una linea interventista ha portato la Repubblica siriana alla sua distruzione. Nonostante le prove dei fatti siano chiare, queste sono state notevolmente enfatizzate e distorte, sollevando interrogativi sulla sincerità delle intenzioni di coloro che hanno contribuito a causare tanto dolore (vi prego di ascoltare i primi due contributi video esclusivi di questo articolo).
1- Esiti per i cristiani nella jihad siriana fomentata dall’occidente e dai paesi del golfo per distruggere un alleato dei russi (fin dall’inizio la guerra è caratterizzata da bande salafite):
L’ipocrisia praticata dall’Occidente in questa pagina di storia rimane ancora in ombra, nonostante la verità su tali eventi sia ora conosciuta. Un esempio emblematico è rappresentato dalla ricostruzione di quartieri delle principali città siriane in Qatar a scopo di propaganda televisiva, con l’intento di sostenere l’opposizione.
2 – Nel video che segue, il ministro della Difesa Mario Mauro riconosce che la guerra in Siria era preparata da tempo:
Questo approccio, unito alla mancanza di divulgazione di molte informazioni cruciali, ha gradualmente reso accettabile il sostegno internazionale a un intervento svolto principalmente da formazioni jihadiste volto a rimuovere il governo laico siriano, anche contro la volontà dei cittadini. Tale tendenza si è radicata sempre di più, poiché l’interventismo esterno non ha incontrato opposizione, né ha generato dibattiti all’interno dei paesi del mondo occidentale.
L’opinione pubblica ha dimostrato una notevole mancanza di capacità di valutazione critica, preferendo acriticamente seguire l’approccio suggerito dai media anziché sviluppare un proprio giudizio.
In un periodo di crisi, caratterizzato soprattutto da una crisi antropologica, i giornali cattolici si sono allineati al potere dominante, riproponendo le valutazioni dei media mainstream, spesso impegnati in campagne propagandistiche paganti, sostenute dai governi avversari della Siria.
Prima dell’inizio della rivolta siriana, la maggior parte degli italiani conosceva appena l’esistenza del paese stesso. Sebbene la protesta sia inizialmente nata a causa di un autentico malcontento nella società, coloro che l’hanno guidata, rapidamente armatasi, avevano un obiettivo diverso: rovesciare il regime di Assad anziché promuovere riforme autentiche o una transizione democratica. Sembrava che gli eventi stessero principalmente cercando un violento cambio di governo, in risposta a esigenze prevalentemente esterne alla società siriana.
In questo video, tutta la verità sulla guerra siriana dal vescovo Maronita mons. Tobij:
La crisi siriana è stata spesso interpretata come una naturale estensione della Primavera Araba e ha generato una diffusa disinformazione, paragonabile a quanto accaduto nel caso libico. Le informazioni fornite sono state influenzate dalla mentalità comune, spesso manipolata dal potere. L’osservazione critica è stata raramente incoraggiata, e la domanda fondamentale, “perché?”, è stata spesso trascurata.
La posizione del popolo siriano e i fattori politici in gioco sono stati spesso ignorati. La storia e i desideri delle persone coinvolte nella crisi sono stati poco discussi, e gli esseri umani sono stati spesso relegati in secondo piano, lasciando spazio solo a dati numerici e narrazioni selettive.
Le opportunità di risolvere il conflitto sono state spesso respinte o sabotate quando intraprese. È difficile ignorare il fatto che gli attentati attribuiti agli oppositori e le stragi imputate ad Assad, soprattutto contro donne e bambini, abbiano spesso avuto luogo in concomitanza con riunioni delle Nazioni Unite e colloqui per la pace, suggerendo un coinvolgimento esterno nella manipolazione dell’opinione pubblica.
Le notizie, anche se non completamente veritiere, sono state utilizzate per alimentare l’embargo e allontanare gli ambasciatori siriani dai paesi chiave, al fine di suscitare una condanna internazionale unilaterale. Ciò solleva interrogativi sulla sincerità delle intenzioni di coloro che hanno contribuito a causare tanta sofferenza in Siria e hanno respinto ogni tentativo di mediazione. Inoltre, le denominazioni come “amici della Siria” e “Esercito Libero Siriano,” assegnate dai paesi occidentali e dagli attori coinvolti nella distruzione della Siria, nonostante rappresentino evidenti contraddizioni in termini, sono state largamente trascurate.
I media italiani sapevano già dall’inizio con certezza da che parte stare: subito hanno dato per buono tutto ciò che veniva messo a disposizione dall’opposizione siriana su You-tube e dal famigerato ‘Osservatorio siriano per i diritti umani’ con sede a Londra.
Fin da subito avevano adottato il gergo già varato con la guerra di Libia: “il rais”, il regime, i lealisti, gli “assadiani”, i “pro Assad” e, dall’altra parte, l’esercito libero siriano, i partigiani, i ribelli, gli amici della Siria…, cosicché qualsiasi cosa dicesse l’opposizione è stata sempre considerata vera, mentre, quando i fatti maldestramente lasciati non manipolati hanno scagionato Assad, ugualmente per lui sono stati usati toni sprezzanti e appellativi infamanti.
Quando Assad tentò di fare qualcosa di buono per interrompere la spirale di sangue allora in atto, subito arrivò la replica del Segretario di Stato USA: “non credibile”.
Cosa fosse cambiato da poco prima, quando Assad veniva ricevuto e riverito ovunque, non ci è dato sapere. Assad aveva cominciato a fare le riforme che aspettava la popolazione, ma è come se “tutto” fosse già stato deciso a tavolino.
Ciò che più sgomenta è comunque l’allineamento delle maggiori testate cattoliche con i criteri adottati dai media mainstream. Sulla maggior parte delle testate cattoliche si susseguirono, alternandosi, articoli che riportano il giudizio sugli avvenimenti dato dalle autorità della Chiesa siriana (in conformità con il giudizio espresso dal documento CCEE: il Consiglio della Conferenza Episcopale Europea) e nello stesso tempo articoli che vanno in tutt’altra direzione, che, in sintesi, erano sulla falsariga della seguente: “Quella in corso in Siria è una guerra dolorosa ma necessaria per il cambiamento, la democrazia, l’emancipazione degli oppressi”.
Ma il documento CCEE del 19 luglio 2012 sosteneva tutt’altro: “Questo conflitto non può che portare con sé inevitabilmente lutti, distruzioni e gravi conseguenze per il nobile popolo siriano.
La guerra è una via senza uscita. La felicità non può che essere raggiunta insieme, mai nella
prevaricazione degli uni contro gli altri”. Era un giudizio chiaro, che non dava adito a fraintendimenti.
La tesi predominante era invece quella della “guerra giusta”. Nonostante il divieto delle
Nazioni Unite, la ‘Comunità internazionale’ (Usa e petrolmonarchie del Golfo) forniva ai
ribelli logistica, intelligence, armi, appoggio diplomatico, soldi e uomini ben addestrati (erano presenti combattenti di molti paesi, ad esempio la famigerata brigata “Liwaa al-Umma”, forte di 6.000 uomini, era formata quasi esclusivamente da stranieri.
http://edition.cnn.com/2012/07/28/world/meast/syria-libya-fighters/index.html e anche:
http://www.ilpost.it/2012/07/29/la-brigata-internazionale-in-siria/.)
Di fatto, qualsiasi atto finalizzato al cambio di governo era legittimato, inclusi gli attentati e i
sabotaggi alle infrastrutture civili. In questo contesto l’embargo – che ancora permane – è nient’altro che un blocco economico fatto contro un intero paese e non, come si vorrebbe far intendere, uno strumento di pressione pro diritti umani e pro democrazia.
Dopo la cinica fine di Gheddafi ancor oggi la comunità internazionale non ha tratto alcun insegnamento dagli eventi e mantiene un durissimo embargo, mentre gli USA addirittura occupano ancora parte della Siria, fomentando nuove rivolte e derubando il petrolio siriano.