Anniversari… Jean Ousset , scrittore e filosofo francese (e analogie con i tempi attuali)

Anniversari.
Jean Ousset , scrittore e filosofo francese (la sua opera più nota ed importante è Pour qu’Il régne del 1959).
28 luglio 1914 – 20 aprile 1994
[…] Un gran numero di cristiani è preso da scoramento davanti a certi scontri. Strani questi soldati di una Chiesa che si definisce militante; curiosi questi guerrieri sconvolti dalle prime avvisaglie di battaglia. Ma dove credono di essere?
Perché Dio dovrebbe risparmiarci ciò che non ha risparmiato a nessuna generazione cristiana? «Ma noi ne abbiamo il diritto… ». Ma di cosa si lamenta? […]
Tutto ciò le sembra il segno di un «pasticciaccio brutto», le fa «perdere la fede», la spinge ad «abbandonare».
Ma non ha mai pensato a quante insolenze, rivolte, bassezze l’incessante corteo di eresie e di scismi ha suscitato, a confronto delle quali quelle che subiamo oggi sono quisquilie, bazzecole, pinzellacchere?

Tanto per gradire… gnostici e manichei, all’inizio; montanisti e novaziani , nel secondo secolo, accompagnati da quartodecimani, rebattezzanti,millenari, antitrinitari. Poi i donatisti e i meleziani, precursori dell’arianesimo, che ha conosciuto diversi corsi e ricorsi. Pelagio e Celestino, Nestorio ed Eutiche. E tutti gli altri… fino ai nostri giorni. Con un ritmo di tre o quattro eresie per secolo.
Oggi, da lontano, tutto sembra chiaro, netto, perfettamente distinto: da una parte i fedeli, dall’altra gli eretici o gli scismatici. Ma anche per coloro che vissero tutto questo era un «pasticciaccio brutto». Non si sapeva con chi stare. Il parroco da una parte, il viceparroco dall’altra. I vescovi, collegialmente discordi. Gli Atanasio e gli Ilario una insignificante minoranza. E come sempre, erano gli altri che – modestamente – pretendevano di avere il senso della storia, di essere aggiornati, testimoni del secolo, ecc.
Il distacco nel tempo tende a deformare la prospettiva, mettendo ordine laddove fu «pasticciaccio brutto», eccome.

S’immagini un po’ come sarebbe il nostro morale se avessimo sotto gli occhi gli accessori inevitabili di tanti errori: polemiche, insulti, tumulti, conflitti, torture, assassinii, apostasie, tradimenti, vigliaccate, che la storia non si prende neanche la briga di raccontare dal momento che ce n’è a bizzeffe.
Poi, dal momento che lei se la prende con il clero, pensi allo stato della Chiesa nel X secolo. L’epoca peggiore! Niente scuole, niente insegnamento. L’ignoranza è tale che i concilii (p. es. quello di Trosly ,909) sono costretti ad obbligare i preti stessi a studiare cose di una semplicità disarmante.

Eppure, caro Signore, non dubitiamo affatto che anche in questi periodi spaventosi, il Cielo ebbe la gioia di vedere alcuni fedeli “mantenere la posizione”. Autentici consolatori di Cristo nella sua agonia.
«Pasticcio brutto» del Grande Scisma d’Occidente. Due, anzi tre papi, che si anatematizzano a vicenda. «Pasticcio» del “concilio” di Basilea, che dichiara il papa sospetto di eresia. «Pasticcio» di popoli interi cadere nell’eresia, clero in testa. «Pasticcio» di vescovi gallicani e giansenisti. […]
E Dio permette tutto questo!
Così come ha permesso la Via Crucis e la crudele Passione del Figlio suo. Sempre per lo stesso motivo: la sua maggior Gloria a la maggior Gloria degli eletti.
Mistero della Croce che redime, Mistero della Chiesa. Mistero d’innumerevoli prove subite dai santi. Un’unica e medesima prospettiva.
Dal momento che la nostra concezione di Chiesa si de-soprannaturalizza, si razionalizza, vuole essere sempre più “nel senso della storia”, cioè nel senso di un messianismo umano, per questo motivo perdiamo l’intelligenza e l’amore del mistero adorabile della santa passione di nostra madre, la Chiesa. Che fare, allora? Quello che fecero la Veronica e il Cireneo al passaggio del Maestro coperto di sangue, di polvere, di sputi, di vomito vinoso (è la Sacra Scrittura che lo dice, senza paura delle parole); la corona di spine che cinge i suoi capelli di sangue viscoso; il volto tumefatto; barcollante sotto la croce; spintonato dalla soldataglia; preso a sputi dal popolo; condannato dai dottori, dai preti e dai teologi di allora. […]

Da: Una lettera di risposta ad un fedele scoraggiato della situazione nella Chiesa
(1966)

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