di Costanza Miriano
Quello che ho ascoltato alle conferenze stampa del Sinodo mi fa pensare a quando una volta don Vincent Nagle, trovandosi davanti a una marea di ragazzi e parlando senza riuscire ad attirare la loro attenzione, si interruppe, fece silenzio, poi gridò: “Ragazzi, voi dovete morire”. Il brusio cessò e tutti si misero ad ascoltare (e poi, una volta che cominci ad ascoltare don Vincent, se lo fai entrare nel cuore, sei spacciato).
I ragazzi, che sono solo uomini e donne con qualche giorno di meno, sono alla ricerca del senso. Se la Chiesa non parla loro di morte e di vita eterna, che gliene può importare ai ragazzi dell’opinione dei preti sul mondo? Che autorità hanno i preti, se non quella dell’accesso al sacro? Ci sono sociologi migliori di loro, e psicologi, e animatori, e anche operatori sociali. Perché mai qualcuno dovrebbe ascoltarli? Da dove viene loro l’autorità?
C’è stato un uomo che diceva di essere Dio, che è stato crocifisso sotto l’imperatore Tiberio. Che alcuni suoi amici andati alla tomba non lo hanno trovato. Si è sparsa la voce che era risorto. Come ci mettiamo davanti a questo fatto? Sarà vero oppure quello lì era un bugiardo? La Chiesa sostiene di essere cominciata lì, e questo è l’unico fondamento della sua autorità.
Invece ad ascoltare quello che del Sinodo si racconta nelle conferenze stampa – ma magari quello che succede dentro è diverso – sembra di sentire deboli tentativi di adulti, anziani anche, che cercano goffamente di attirare l’attenzione dei ragazzi, tentando di usare il loro linguaggio, di scendere sul loro terreno. Un po’ come capita a me quando faccio “la predichella” ai miei figli, i quali – se per caso non hanno gli auricolari, evento rarissimo – sono interessati come a una dimostrazione di un nuovo modello di caldaia.
I padri sinodali continuano a dire “vi ascoltiamo”, ma ai ragazzi non importa niente di essere ascoltati, se la domanda non parte prima da loro. Se invece parliamo loro di cose grosse, trattandoli da adulti, di morte, di destino eterno, di soprannaturale, di inferno e paradiso, allora sì, ascolteranno. Magari al paradiso (ancora) non credono, ma che devono morire lo sanno bene, anche se a quell’età la morte pensano di poterla sfidare. Non gliene frega niente del video dei padri sinodali, non sono interessati ai tweet o ai brevi testi promozionali che alcuni padri propongono di scrivere. È inutile inseguire i giovani sul loro terreno, perché noi per loro saremo sempre vecchi. Se la Chiesa non è originale, non attrae nessuno: se proponi a un ragazzo il concerto, il video, la musica, nella speranza di imbroccare il linguaggio giusto, lui non ti stimerà. Non vorrà l’imitazione, ma l’originale: il vero concerto del cantante cool, non personaggi di terza fila. Quel ragazzo capirà che tu stai cercando di acchiapparlo – ma il Papa non dice sempre che l’evangelizzazione deve essere per inseguimento?
Peraltro i ragazzi – ammesso che esista un’entità chiamata giovani, e non invece delle persone che stanno cercando di diventare adulte – non hanno alcun bisogno di essere ascoltati, è la generazione più ascoltata di sempre: sono generalizzazioni, lo so, e ci sono certo moltissime eccezioni, ma credo che mai nella storia i bambini e i ragazzi siano stati così tanto ascoltati, assecondati, privati di punti fermi che contenessero le loro emozioni, con tanta cura nell’evitare loro durezze e asperità che i nostri genitori, e molto più i nonni, non si sono sognati di risparmiare ai figli. Per cui delle analisi sociologiche dei padri sinodali secondo me i giovani non sanno che farsene. Soprattutto se qualche padre non abita sulla terra ma proviene da altri pianeti del sistema solare, tipo quello che ha affermato che “il divieto dei rapporti prematrimoniali “costringe” i ragazzi a sposarsi troppo presto”. Ovviamente questo non avviene in nessun paese del mondo, tutte le statistiche lo dicono: ci si sposa sempre di meno e sempre più tardi, e oltre il 90% dei partecipanti ai corsi prematrimoniali, almeno nelle parrocchie italiane, non solo vive tranquillamente la propria relazione anche sessuale, ma non si pone neppure minimamente il problema, né avverte il contrasto con l’idea di sposarsi in chiesa. Non si può davvero sollevare questo problema in buona fede, se non si vive nel 1950. E questo desiderio di compiacere i ragazzi, di non contrastarli con richieste impegnative – questa lo è senza dubbio – viene dal fatto che non si crede davvero che c’è una convenienza a vivere secondo la proposta della Chiesa, che il tipo di amore che propone Gesù è qualcosa di stratosfericamente più bello e più grande, e chi si permette di toglierlo ai ragazzi, proponendo qualcosa di meno, o non ci crede o ha una gravissima colpa. Col risultato, peraltro, di perderli comunque, perché i ragazzi già fanno come gli pare nell’ambito della sessualità e in tutti gli altri, non sentono alcuna costrizione, e non gliene importa niente se qualcuno apre loro una porta che hanno già sfondato da tempo.
L’unica spiegazione plausibile che mi do è che alcuni di questi padri che fanno discorsi simili abbiano perso la fede. Poi ce ne sono altri che invece sono proprio in mala fede, tipo padre Martin che continua a far suonare il disco rotto dell’accoglienza alle persone omosessuali. Non spiega mai, però, né dove concretamente sarebbero queste mancanze, né a cosa dovrebbe portare questa accoglienza che lui chiede con i soliti toni vittimistici, ma che nella realtà già c’è (nel catechismo, nella lettera di Ratzinger sulla cura pastorale delle persone omosessuali, nella realtà di tanti pastori e consacrate e uomini e donne di fede che si spendono per la cura delle persone con tendenze omosessuali). Il tentativo della lobby di cui Martin è la vedette è di far affermare che l’omosessualità è un variante normale della sessualità umana, quando non è così. Lo dimostrano tra l’altro i tantissimi casi di abusi dentro la Chiesa, e anche i rapporti consenzienti omosessuali: se l’omosessualità è un disordine, la conseguenza evidente è che chi è affetto da questo disordine farà molta più fatica a essere ordinato nella propria sessualità. Il fatto che non si voglia vedere il nesso tra gli abusi e l’opera di normalizzazione dell’omosessualità è davvero uno scandalo che grida vendetta. Dire che si tratta di un disordine non significa far sentire qualcuno poco accolto, anzi. La presa di coscienza è il primo passo, sia che sia possibile intraprendere un cammino verso l’eterosessualità, sia che l’obiettivo sia “solo” quello di gestire l’attrazione disordinata e farla entrare in un piano di vita ordinato.
Tra quelli in mala fede e quelli che la fede l’hanno persa, io sono certa che ci sono invece tantissimi padri che la fede ce l’hanno, eccome, e che danno la vita per noi, popolo di Dio. Ma fateli parlare! Lasciate che annuncino ai ragazzi la vita eterna, la salvezza, la felicità dopo la morte e anche qui. Non abbiate paura di turbare i giovani parlando di inferno e paradiso: la misericordia di Dio sarà più credibile se prima avranno capito qual è la posta in gioco: non una melassa indistinta di buoni sentimenti, ma la nostra anima contesa come in un campo di battaglia tra Dio che ci ama infinitamente e il diavolo che ci odia, e per questo ci vuole sedurre con le sue bugie.
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