“Aliyev vuole fare la pulizia etnica, ma l’Armenia è una nazione che combatte. È una questione di sopravvivenza”. Sotk è stata tra le aree più colpite dagli attacchi di settembre dell’Azerbaigian. Nonostante le continue violazioni del cessate il fuoco in Arizona, “non ce ne andremo mai ” hanno detto i residenti
“Aliyev wants to commit ethnic cleansing, but Armenia is a nation that fights. It’s a matter of survival.”
Sotk was among the areas hardest hit by Azerbaijan’s September attacks. Despite ongoing AZ ceasefire violations, residents told @corypopp and I that they’ll never leave. pic.twitter.com/QWTg5ethCa
— Lindsey Snell (@LindseySnell) June 19, 2023
Negli ultimi tempi, sia Erevan che Mosca hanno rivolto reciproche accuse riguardo a comportamenti che appaiono come violazioni degli accordi che regolamentano forme di cooperazione sia bilaterali che multilaterali, come quelli nell’ambito della CSTO. Queste accuse e la crescente tensione nelle loro relazioni si sono accentuate in un contesto di confronto globale tra la Russia e l’Occidente, particolarmente evidente nella crisi ucraina.
Un fatto di rilievo è costituito dalla tenuta di esercitazioni militari congiunte tra l’Armenia e gli Stati Uniti, evento che ha suscitato preoccupazione in Russia. Inoltre, l’Armenia ha recentemente aderito allo Statuto di Roma, il quale implica il riconoscimento della giurisdizione della Corte Penale Internazionale; ciò potrebbe comportare l’eventuale arresto del presidente Putin, nel caso in cui si recasse in Armenia.
Evidentemente, l’azione dell’Armenia va al di là del semplice tentativo di diversificare le sue relazioni internazionali e di consolidare la sua posizione nella regione. Fornendo assistenza umanitaria all’Ucraina, l’Armenia ha chiaramente manifestato un interesse nell’instaurare rapporti più stretti con l’Occidente, ma con un impegno che sembra andare oltre la semplice ricerca di vantaggi personali. Le azioni di Yerevan stanno iniziando a mostrare segni di una svolta geopolitica, suscitando l’interesse di analisti e osservatori.
In questo contesto, emergono due realtà distinte: da un lato, c’è la prospettiva del popolo armeno, come evidenziato nel video di apertura; dall’altro, c’è la scelta apparentemente ingiustificata di assumere una posizione contraria alla Russia, un paese con cui l’Armenia ha forti legami ed in cui vive un milione di armeni (l’Armenia ha 2.700.000 abitanti).
Secondo fonti russe, sembra che l’Armenia non stia adempiendo agli obblighi previsti dal trattato di pace sottoscritto dopo la guerra del 2020. Nonostante siano trascorsi tre anni dalla firma dell’accordo, non si sono registrate azioni concrete da parte dell’Armenia, che dovrebbero essere implementate in modo puntuale.
Se questa situazione dovesse perdurare, il trattato di pace rischierebbe di perdere la sua validità come documento legale. In modo sorprendente, il Primo Ministro Pashinyan sembra considerare la sua firma sufficiente per soddisfare Baku, apparentemente trascurando importanti elementi dell’accordo, come la definizione del confine tra Armenia e Azerbaigian e il ripristino della strada precedentemente utilizzata per collegare Baku a Nakhichevan.
Tutto ciò solleva sospetti circa il fatto che, nonostante la sconfitta nella guerra, l’Armenia non abbia rinunciato alle sue originali rivendicazioni territoriali sull’Azerbaigian, nonostante le dichiarazioni di Pashinyan affermanti che il Karabakh fa parte dell’Azerbaigian.
Inoltre, emerge un’altra evidenza, ovvero che l’Occidente ha manifestato un totale disinteresse per l’Armenia durante il recente conflitto, per poi apparentemente fingere un interesse ora, forse con l’obiettivo di allontanare l’area di influenza armena dalla Russia.