Il giornale della CEI ‘Avvenire’, nella crisi siriana spesso si è allineato alla propaganda occidentale governativa, fotocopia della guerra della Nato in Libia. Il Papa stesso, durante l’ultimo viaggio apostolico im Messico, ha giudicato le responsabilità, tutte occidentali di quella assurda guerra. [su_spacer]Nel paese nordafricano, come sappiamo, non esiste più il diritto e dominano bande di estremisti islamici. E se in Siria non ci fosse stato l’intervento russo, l’occidente l’avrebbe consegnata allo stesso destino (per riuscirci, la Comunità Internazionale, ha affrontato spese militari ingenti per supportare la guerriglia: sono state queste che hanno causato il dramma umanitario cui oggi si dice di voler far fronte).
[su_spacer]I Patriarchi cristiani siriani, iracheni e libanesi hanno raccontato sempre un’altra verità, quella vissuta in prima persona ma non è stata mai abbracciata come linea editoriale.[su_spacer][su_spacer]
Nella guerra anche mediatica, dichiarata contro la Siria, finchè la verità non è diventata eclatante, la voce di Avvenire si è unita al coro dei manichei: nei momenti decisivi non ha sostenuto con chiarezza la preoccupazione della Chiesa di Siria che implorava di non dare sostegno ai gruppi armati, ma di lavorare per la riconciliazione nazionale. Purtroppo ancor oggi le notizie non vengono riportate chiaramente e sopratutto non ci si prende la responsabilità di uno sguardo cattolico su questa guerra, sostenendo la pace (che non è quella di De Mistura).
Avvenire continua sì, ad intervistare testimoni come padre Ibraim (parroco di Aleppo), o mons. George Abou Kazen (vescovo di Aleppo) ma senza sposarne il giudizio.
Nella circostanza di un paese alle prese con una guerra intestina, il primo giornale cristiano italiano, non può non tener in debito conto il giudizio e le testimonianze dei responsabili religiosi della Chiesa locale: non si possono allo stesso tempo ‘riportare’ interviste chiare (come quelle di religiosi recentemente apparse sulle pagine del quotidiano) e mantenere la stessa contraddittoria linea editoriale.
Invece di guardare con serietà a chi è l’uomo e di cosa ha bisogno, come la maggior parte dei media nazionali il quotidiano della CEI ha scelto la strada più condivisa dal mondo: la protesta per l’inerzia di una comunità internazionale che non si decideva ad intervenire.
Questo è puro travisamento della realtà: la comunità internazionale non è stata affatto inattiva, ha continuamente buttato benzina sul fuoco. La tesi adottata è stata spesso quella di padre Dall’Oglio: una pretesa di cambiare la realtà e sopprimere le ingiustizie tramite le rivoluzioni. E’ la convinzione che caduto ‘il dittatore’ e distruggendo lo stato il male finisca, come se il sangue sparso non avesse esiti ed il ‘potere’ si debba sempre necessariamente identificare con l’assolutismo. [su_spacer]
[su_spacer]Nell’edizione online del 28 febbraio, per non smentirsi ed alimentare ulteriormente confusione, presenta una scheda che non ricostruisce nulla e nulla spiega sulle dinamiche che hanno generato la crisi siriana.
Oggi, una intervista all’inviato speciale delle Nazioni Unite Staffan De Mistura, è stata affidata ad un giornalista che è stato sempre ostile al governo siriano ed a riconoscere ciò che la realtà del paese ha continuamente indicato.
Il servizio si apre l’intervista con una domanda lusinghiera:
“Ambasciatore, prima di parlar della tregua, permetta: come si sente, dove trova la forza per continuare ogni giorno a mediare”?
Tralasciamo la risposta: dignitosamente, essa avrebbe dovuto ricordare le decine di migliaia di soldati di leva morti per il proprio paese ed i loro colleghi che sono sul campo di battaglia da più di quattro anni piuttosto che focalizzare l’attenzione sulle ‘fatiche’ del mediatore.
De Mistura racconta delle numerose lettere del ‘popolo siriano ‘ che gli giungono:
“Quello di cui noi abbiamo bisogno non è una conferenza, ne abbiamo avute tante. Abbiamo bisogno di cibo, medicine e di poter camminare per strada assieme ai nostri figli senza essere terrorizzati dall’arrivo di un bombardamento, di un colpo di mortaio’‘.
Naturalmente non viene detto da De Mistura da che parte provengono i colpi di mortaio ed i bombardamenti, ma lo ha fatto altre volte ”vedi qui ”i missili ed i mortai dei ribelli sono più precisi”. Affermazione fatta in un precedente articolo sempre su Avvenire, sempre a firma dello stesso articolista.
Quello che è raccapricciante è che sembra che nell’intervista De Mistura si compiaccia che “in generale, il livello delle violenze nel Paese è fortemente diminuito” come se la responsabilità tra terroristi e esercito governativo fosse alla pari. Sembra egli ignorare che precedenti tentativi di tregua sono stati tutti sistematicamente respinti al mittente dai ribelli: “Ci rifiutiamo di incontrare Staffan de Mistura se non viene considerata una soluzione completa del dramma siriano che preveda l’uscita di scena di Bashar al Assad e del suo capo di gabinetto e un processo contro i criminali di guerra”. Afp – (fonte: http://www.internazionale.it/notizie/2015/03/01/siria-aleppo-staffan-de-mistura )
Insomma prevale il voler far apparire che lui ‘fa da paciere’ tra due litiganti a ragione della diplomazia, tant’è che ad un certo punto dice: “Il gruppo islamista Jaish al Islam ha affermato che elicotteri governativi hanno sganciato due barili bomba sulle sue postazioni nei pressi di Damasco (naturalmente nonostante i russi diano ogni tipo di munizionamento all’esercito siriano, questi predilige i barili bomba), e così prosegue: “Mentre la tv di Stato ha riferito che miliziani ribelli acquartierati alle porte di Damasco hanno lanciato razzi su “aree residenziali” della capitale”. Nessun accenno alla privazione dell’acqua da parte di quei miliziani a tutta la popolazione di Aleppo. Nessun accenno che la tregua non interessa l’area di Aleppo (perchè allora l’ha citata? Per far credere che Aleppo è assediata dall’esercito siriano e bombardato dai russi naturalmente..).
Ma andiamo avanti. “se i combattimenti non riprenderanno nei prossimi giorni su vasta scala, la priorità sarà la questione umanitaria, con il primo obiettivo di portare soccorso ai 480.000 civili che rimangono intrappolati in 17 aree sotto assedio”.
Quindi il mediatore Onu dice che ora la priorità sono gli aiuti umanitari ed aggiunge “Giorni fa ci sono stati i primi lanci di aiuti del Pam per raggiungere i 200mila assediati dal Daesh a Deir ez Zor“, ebbene che sia casuale o meno questo episodio, quegli aiuti sono stati paracadutati sulla postazioni di ISIS per un errore, in seguito il lancio è stato ripetuto dai russi, questa volta è andato a buon fine.
Proseguendo De Mistura spiega che a sorvegliare la tregua ”ci saranno osservatori di 18 paesi, tra cui l’Italia’‘. Ma chi sono questi paesi? ”Include soprattutto quelle nazioni che hanno voce in capitolo nel fermare la guerra, Paesi che hanno loro alleati nel conflitto, Paesi che hanno influenza sul conflitto in termini militari”. Quindi di parte, perchè gli unici paesi che vogliono fermare la guerra sono la Siria, la Russia e l’Iran. Sissignore: sono gli unici che immaginano che il futuro dei siriani sia deciso da un voto. Mentre tutti gli altri hanno fatto fallito tutti i precedenti negoziati di pace perchè hanno posto pre-condizioni ed hanno preteso di piazzare prima i propri uomini nel futuro governo, prima di una consultazione democratica.
Insomma contraddizioni, sia da parte dell’interlocutore che da parte di chi dovrebbe informarci: ci si sofferma sempre sempre sugli effetti (come se fosse in corso una calamità naturale dove ‘piovono bombe’ anzichè grandine) ma mai si approfondiscono le cause e le responsabilità vere dell’ecatombe siriana. E’ giusto che un giornale cattolico e un negoziatore di pace asseriscano che gli aiuti umanitari sono una priorità (che sembra, tra l’altro, avvengano con il sistema due pesi e due misure) ma è inaccettabile che non si accenni minimamente all’embargo , alla distruzione della fabbriche nella principale città industriale del paese, alla rivendita dei macchinari in Turchia, al blocco delle attività finanziarie delle banche siriane e delle attività commerciali all’estero, al congelamento dei beni, alla guerra settaria dei ribelli, alla depredazione del paese ancora in atto da parte di una comunità internazionale totalmente asservita alla politica deille monarchie del Golfo .
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