Basta avere sensi di colpa per gli immigrati e l’islam

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adelvallePer cambiare la politica, è stato trasformato il passato. Così la civiltà è stata letta come colonizzazione, l’evangelizzazione ha finito per equivalere a cancellazione delle culture autoctone. E chi si è opposto è stato inserito suo malgrado nella categoria dei “medioevali”, rimasta oramai l’unica che è lecito discriminare secondo il nuovo catechismo politicamente corretto.
Tutti gli altri al contrario non possono essere offesi, se no scatta la censura, che agisce come «una camicia di forza lessicale».
Perciò i gay pride sono divenuti eventi meritori del patrocinio istituzionale, durante i quali è ben accetta la partecipazione di eterosessuali, mentre la marcia per la famiglia finisce nel contenitore dei rifiuti ideologici e guai se un divorziato o una madre single osano aderirvi.

Se un fenomeno di tale portata è potuto accadere, la causa è l’imposizione alla società, da parte di alcune minoranze, di un senso di colpa ideologico dal quale ci insegna a liberarci il politologo francese Alexandre Del Valle, con l’opera Il complesso occidentale. Piccolo trattato di decolpevolizzazione, (Paesi edizioni, pp. 432, 15 euro), che esce oggi in traduzione italiana.

Sarà un processo complesso e doloroso, tanto quanto lo è stata l’avanzata della rivoluzione culturale che ha invaso le scuole, i mezzi d’informazione, il cinema e le serie tv, la musica pop, la moda e il design e perfino l’alimentazione. Non si riesce più a sfuggire alla dittatura dell’etnico né in occasione del Festival di Sanremo né al ristorante né dal mobiliere né nelle competizioni sportive, mentre ogni forma d’espressione artistica deve obbligatoriamente passare attraverso l’accettazione acritica del modello Lgbt.

L’obiettivo è condurci al suicidio demografico per scontare i peccati commessi nei secoli in cui nel frattempo abbiamo abolito la schiavitù, inventato gli ospedali e le università, introdotto la distinzione fra lo Stato e la religione. Lo abbiamo dimenticato e «l’Europa è dunque soprattutto vittima della propria demoralizzazione e della propria “volontà d’impotenza” che ne deriva».

LA MANIPOLAZIONE

Qualsiasi resistenza superficiale si rivela inefficace, anzi pure dannosa e controproducente. A scoraggiarci è una manipolazione dei concetti di verità, di libertà e di giustizia per cui «oggi il razzismo viene utilizzato anche per denunciare il sessismo, il maschilismo, il rifiuto dell’immigrazione incontrollata, l’omofobia e persino la critica delle religioni e in particolare l’islamofobia. La denuncia del razzismo è dunque divenuta una temibile arma retorica che serve a “imbavagliare il dissenziente importuno”, l’avversario, ostracizzato per il mero fatto di essere etichettato come razzista. Privato del diritto di esprimersi, l’accusato non può nemmeno difendersi ed essere creduto, ed è letteralmente vittima di una morte sociale».

LA REAZIONE

L’unica via d’uscita è una reazione. Intellettuale, innanzitutto.
Vanno sfatati i miti fondativi della modernità, che Del Valle enumera uno per uno: l’odio per la civiltà cristiana si nutre della demonizzazione delle Crociate e della Chiesa cattolica, del presunto debito nei confronti della scienza arabo-islamica.
Così si smonta il meccanismo che ha convinto perfino il clero di aver fregato il mondo, inducendo preti e vescovi a un atto penitenziale, non tanto rivolto a Dio Onnipotente quanto verso il nuovo idolo buonista: il dialogo come fine e non più come mezzo per la conversione a Cristo.

Se vi fosse una rivolta interiore, spirituale, sarebbe l’inizio di una contro-rivoluzione, un agere contra, secondo le indicazioni degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola.
Da qualche parte, nel mondo, l’autore ne vede qualche premessa, come in Russia. Perciò propone che «gli strateghi americani e i Paesi europei della Nato ridefiniscano la loro teoria strategica e cessino di vedere nelle petromonarchie islamiste del Golfo e nella Turchia i loro migliori alleati. La coerenza geo-culturale passerà al contrario attraverso l’integrazione del mondo slavo ortodosso nello spazio “panoccidentale”, il che richiederà ovviamente seri sforzi da una parte e dall’altra». In effetti la Russia non ha conosciuto «la Riforma, il Rinascimento e la Rivoluzione Francese, “le tre R dell’Occidente”», ma soltanto la loro conseguenza più nefasta, il socialcomunismo. E se n’è sbarazzata.

Andrea Morigi da Libero del 11/04/2019

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