La via Crucis nella sua forma tradizionale antica non è stata mai interrotta a Chieti. Questo gesto è nella tradizione della Chiesa locale da secoli.
Ma questo è il secondo anno che il vescovo Bruno Forte fa la processione da solo.
Sì, certo niente può togliere a questo gesto la ‘memoria’.
Tuttavia, vedere una processione ‘in solitario’ – come credo è stata fatta in varie città d’Italia -, ha per me un retrogusto amaro: come è possibile che la paura prevale quando la Resurrezione ha sradicato la paura dall’esistenza umana?
Ragionevolmente non esiste motivo per cui io non posso seguire fisicamente quella Croce. Non esiste ‘pericolo’ così grande che mi possa impedire di fare un gesto così, che soprattutto è di affidamento. Eppure, questo gesto semplice e popolare è stato precluso alla popolazione di Chieti. Come è stato preclusa la messa a mezzanotte.
Questa mia osservazione potrebbe essere letta come ‘obiezione divisiva’, come spesso si liquidano sbrigativamente i dissensi da un po’ di tempo, collocando ogni evidenza nella sfera della sensibilità o impressione individuale. Ma non è affatto così, cerco solo di restare vigile su ciò che accade (vedi Marco 25).
E’ sotto gli occhi di tutti che con la pandemia si è completato ancor di più un ‘altro tassello’ di un nuovo cambiamento antropologico che vuole la precarietà come condizione umana.
Purtroppo questo dato è molto sottovalutato.
Ciò che la pandemia ha accelerato, fa parte di un processo che è nato negli anni 70′, portato avanti al fine di portare in porto la ‘globalizzazione’. Pian Piano la globalizzazione, da nuovo paradigma economico, si è palesata apertamente in quella che effettivamente è: un progetto economico ma anche un progetto ideologico sull’uomo.
Per questo si è pensato ‘opportunamente’ di rimuovere tutti i possibili ostacoli che ingombravano questa nuova costruzione. Perciò la nuova cultura occidentale ‘globale’ ha colpito aspetti della vita sociale ed individuale, trasformando la coscienza di ciascuno in una ‘identità liquida’. Vietato identificarsi con un gruppo umano, in una identità culturale, nazionale, in una identità sessuale, in una identità religiosa.
L’identità religiosa è l’unica che non ti permette di essere integrato in un ‘sistema nuovo’, quindi è iniziato un processo di adattamento.
Questo lo si è visto plasticamente nell’ enfasi sui migranti, laddove l’apertura alle migrazioni non è da intendersi semplicemente accoglienza di uomini che cercano migliori opportunità, ma uomini da portare come modello, laddove questo modello è la precarietà come condizione nuova di vita per tutti.
Quindi il modello per domani per noi tutti è la precarietà. E’ un adattamento alla precarietà per noi la proposta e non un futuro migliore per loro come la maggior parte di noi percepisce.
La precarietà vuol dire perdere gran parte della propria identità per ‘ricostruire meglio’. All’orizzonte, il traguardo è un modello centralizzato dove ogni aspetto della vita umana è fa riferimento ad un governo unico del mondo , ove esiste sempre il pericolo latente di GAIA, una natura che non perdona.
Ne consegue che il cambiamento in atto che dovrebbe portare il mondo ad un NEW DEAL, significherà essere disposti a perdere la propria identità, nazionale, sessuale, religiosa per adattarsi ad altri paradigmi e alla ‘flessibilità’ lavorativa.
Quindi la precarietà come modello della vita, una situazione in cui i legami sono ostacolo, in cui l’esigenza personale è subordinata a quella collettiva le cui linee guida afferiscono ad un centro ipertecnologico e pianificatore, a cui tutti saranno connessi.
Ovviamente anche la chiesa non è immune dai fendenti che le nuove tendenze hanno imposto più o meno subdolamente.
Per realizzare questo nuovo uomo occorre sminuire l’identità, la famiglia, la comunità, il senso critico, il popolo; ogni punto di riferimento che ci fa uomini, tutto ciò che è rilevante nella nostra fede cristiana si trasformerà.
Un segno di questo – il segno è qualcosa che riassume efficacemente nella nostra vita in maniera più chiara un cambiamento in atto e che mette alla luce più potentemente qualcosa – è la statua dei ‘nuovi Angeli’ messa a San Pietro sotto il colonnato del Bernini . Gli angeli sono coloro che annunciano qualcosa.
Cosa annunciano questi nuovi Angeli? Annunciano la precarietà come modello per il futuro, cioè qualcosa che dovrebbe essere la nostra immagine di riferimento di cristiani. Non l’uomo viator in pellegrinaggio unito al tutto, ma il migrante, sradicato dalla sua terra che va in terra straniera.
In altri termini, nella nuova globalizzazione o ‘Great Reset’ le religioni – secondo il piano che va avanti da decenni e che ora si sta completando con la pandemia – devono perdere qualcosa di sé per riuscire a non creare problemi con le altre.
Questo è visto come un passo necessario affinché tutte possano vivere insieme in ‘armonia’.
Quindi l’uomo amebe, l’uomo mattoncino, è stato il progetto che da anni si va costruendo. Fanno parte di questo progetto anche le nuove ideologie LGBT. Nella precarietà, l’indefinibilità anche del sesso.
Altro fardello di cui ci siamo lentamente liberati è il peccato. Il peccato è diventato sempre meno importante laddove questo è diventato un concetto ormai sorpassato ed è sostituito dalla responsabilità di non nuocere alla collettività ed alla natura.
Secondo tale tendenza è più detestabile una nostra mancanza nei confronti della bontà fine a sé stessa anziché non avere coscienza del peccato come velo al Mistero della Creazione e quindi alla Grazia di Dio.
Altro punto in cui si parla pochissimo è il peccato originale: i sacerdoti ci richiamano sempre più spesso a quello che non dobbiamo fare ‘per amore e per carità’, ma sempre più raramente essi ci dicono che è necessario la strada che Egli ha tracciato come metodo perché si è caduchi costitutivamente , cosicché solo la famigliarità e l’amicizia con Cristo ci salva da questa condizione. Perciò quello evidenziato è un amore soprattutto orizzontale e non verticale che poi si riverbera in tutto il nostro essere.
Quindi riassumendo, ciò che ci viene quotidianamente ordinato, è funzionale ad un uomo che non ha riferimento neanche più nella sessualità, un uomo precario, un uomo senza una famiglia, senza una identità, collocabile dappertutto, un uomo con un nesso con l’ecologia (la natura questa sì che non perdona e non il Dio biblico).
In questo senso, anche un pastore che porta la croce da solo senza il suo popolo mi da il senso dell’oblio del tempo, anche se il segno della Croce è la certezza e prevale.
Sì, mi ha addolorato vedere il nostro Vescovo accettare questa situazione, una situazione che non esprime una preoccupazione sanitaria ma che – appunto – è il completamento di un progetto vecchio di decenni.
Detto tutto questo, Buona Pasqua a tutti in famiglia!
La sua Resurrezione ha già cambiato la storia, né la pandemia , né il grande Reset cambierà questo.
Ci aspettano – fin che Dio vorrà tempi duri – ma appassionanti, in cui sarà più chiaro tutto.
Buona Pasqua a tutti!
patrizioricci by @vietatoparlare