Camisasca: della Chiesa decide la Chiesa non lo stato

L’inimicizia europea verso le tradizioni è ormai una tendenza consolidata che ha come traguardo un unicum slegato dal passato. L’Unione Europea non si considera una istituzione per la promozione delle singole nazioni, che sarebbero da rispettare e favorire secondo le proprie peculiarità e tradizioni.

La politica europea spinge continuamente verso l’annullamento degli stati nazionali in nome di un progressismo e di una modernità a cui dovrebbero convergere tutti le nazioni.

Con questi presupposti non c’è da meravigliarsi che  l’Unione Europa non considera il Natale come la memoria di un Avvenimento presente, l’unico che può dare speranza all’uomo quando lo accoglie. La vita concepita così è lontana dai think thank europei che decidono della vita di tutti ed emanano le proprie direttive.

La vita è un’altra cosa: uno ama quando riconosce di essere amato, perciò per la vita di ogni uomo il Natale è centrale, è il Mistero della vita, la chiave dell’esistenza. Per questo non è possibile  che la nomenklatura europea si accosti a tale concezione, sono cose così diverse ed antitetiche.

È triste che, in genere, anche la Chiesa non rimarca e chiarisce più certe cose, essendosi spostata verso un mondialismo ove prevale la carità verso gli altri rispetto all’attenzione per il rapporto con Cristo da cui nasce ogni responsabilità terrena.

Per questo non mi fa scalpore più di tanto che l’Unione Europea ha dato le sue direttive per il Natale , ove  raccomanda anticipare la messa di mezzanotte (anche meglio se seguite dalla TV o dalla radio) e possibilmente non di cantare per non provocare l’infezione.

Alla luce di queste nubi che sempre provengono sopra Bruxelles a cui il nostro governo è sempre più accondiscendente e portavoce, interessante è rileggere l’intervento che il Vescovo Camisasca ha fatto durante la trasmissione di Nicola Porro, Quarta Repubblica (qui video):

GIÙ LE MANI DALLA RELIGIONE

[su_quote cite=”monsignor Massimo Camisasca , vescovo di Reggio Emilia” url=”https://www.mediasetplay.mediaset.it/video/quartarepubblica/il-governo-sposta-anche-la-messa_F310595701014C05″]Il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla ha dichiarato ieri su Rete 4 intervenendo nella trasmissione

«Vorrei dire due cose. La prima: è chiaro che non sappiamo a che ora Gesù sia nato e non sappiamo esattamente neanche in che giorno Gesù sia nato. Quindi non ha senso dire: facciamo nascere Gesù due ore prima, tre ore prima, quattro ore prima. Questo è chiaramente un discorso con altri significati. Seconda cosa: molte persone sono legate, giustamente secondo me, alla Messa di natale.

Nella tradizione cristiana fin da lungo tempo si è creduto che nel momento di maggior buio, che poi è il solstizio d’inverno, intorno al 21/25 dicembre, spunta la luce. E quale luce spunta? Quella di Cristo, che nasce. L’uomo vive anche di significati e di tradizioni, nel legame con delle memorie che hanno costituito la sua vita. Io non trovo scandaloso che la Messa possa essere spostata alle 20 invece che alle 24, a parte che non capisco bene perché il virus circoli di più alle 20 invece che alle 24. Comunque, a parte queste considerazioni, mi va bene.

Però io dico: stiamo attenti, perché nel momento in cui noi vogliamo continuamente toccare tutti i significati simbolici, affettivi e di fede delle persone, non facciamo un guadagno né per le persone né per la socialità. La socialità si nutre di rapporti, di simboli, di tradizioni e questo deve essere guardato con attenzione, soprattutto dalla Chiesa. Io come cittadino sono attentissimo a ciò che lo Stato mi chiede e voglio assolutamente salvaguardare la salute mia e dei miei fratelli.

Nello stesso tempo, però, non voglio uno Stato che entri a regolamentare quello che la Chiesa deve decidere. Quindi ci deve essere su questo punto una forte attenzione sui significati simbolici, culturali e di fede di ciò che la Chiesa vive».[/su_quote]

 

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